2023-04-17
La «liberazione» della donna è un inganno
Un conto è l’emancipazione, che ha portato al giusto riconoscimento dei diritti civili. Un altro conto sono le battaglie femministe che negano le differenze tra lui e lei e rendono l’Occidente assai meno virile. Preparando di fatto la strada all’invasione islamica.Il Movimento di Liberazione della Donna non deve essere confuso con il movimento di emancipazione, che è stato un onesto movimento trasversale e non politicizzato, che ha chiesto, e ottenuto, i diritti civili, voto e accesso a facoltà e professioni, nel momento in cui sono diventati tecnicamente possibili. Prima delle grandi invenzioni del XX secolo, non era tecnicamente possibile che una donna potesse fare altro se non guardare la sua casa e i suoi figli, sorvolando sul particolare che guardarsi i propri bambini, vedere la loro intelligenza sbocciare, è infinitamente più divertente che fare l’amministratore delegato. Perché i bambini, il marito e la donna stessa restassero vivi, erano necessarie infinite ore di lavoro per preparare il cibo, per preparare le conserve così che in inverno ci fosse un po’ della ricchezza dell’estate, per tessere, cucire e soprattutto lavare i vestiti e la biancheria dei letti, così da evitare di essere poi mangiati vivi dai pidocchi, che sono sgradevoli e trasmettono il tifo petecchiale. C’era una divisione dei compiti totale: le donne si occupavano di tutto all’interno della casa, i maschi si occupavano di tutto all’esterno. Questo ha creato una società antropologicamente vincente che ha superato catastrofi antropologiche come il crollo dell’Impero romano, l’arrivo dei saraceni, la peste del 1300. Il movimento di liberazione femminile è un’invenzione di odio, basato su una struttura di paranoia selettiva. L’odio non è globale, riguarda solo i maschi bianchi cristiani. Il Movimento di Liberazione della Donna è stato il maggiore componente della cultura woke nata nel ’68, quello che più di tutti ha destabilizzato la civiltà occidentale cristiana. Peccato che la civiltà occidentale cristiana fosse l’unica che, grazie anche alla presenza della Madonna, ha dato alla donna tutta la sua dignità. Una volta abbattuta la civiltà cristiana, la sua influenza a favore delle donne ha perso mordente. Nell’India che tanto piaceva ai Beatles e a tutta la masnada di snob spirituali con il guru come status symbol, si è ricominciato a bruciare le vedove. In teoria è vietato, ma qualche volta scappa, non in maniera ufficiale, certo. Bruciano anche le nuore se non è stata pagata la dote: le donne hanno sari di nailon, che bruciano bene, e tutti in casa hanno i fornellini. Sono circa 5.000 le donne indiane che tutti gli anni bruciano vive perché i loro sari prendono accidentalmente fuoco dopo essere stati casualmente intrisi di kerosene. Molte donne vendono il proprio ventre in gravidanze per altri per mettersi al sicuro, se il loro padre non ha pagato la dote. Da quando il ‘68 e il movimento femminista hanno ridicolizzato l’occidente cristiano, la lapidazione dell’adultera e la poligamia, negli anni ’50 limitate quasi essenzialmente all’Arabia Saudita, si sono diffuse. Sono 54 le nazioni islamiche che nel 1990 hanno firmato al Cairo il trattato sulla Libertà dell’uomo islamico di seguire la Umma, il che vuol dire che in 54 Paesi è stata affermata la Sharia come legge dello Stato, nel silenzio assenso dell’Onu, e nell’indifferenza delle femministe locali. La distruzione della donna e La donna a una dimensione sono due saggi, rispettivamente di Fiorella Nash e di Alessandra Nucci, che preconizzano quello che sta succedendo. Il Movimento di Liberazione della Donna ha distrutto le donne, con la madre ridotta a concetto antropologico, e gli ovuli scelti su catalogo. Ha devirilizzato i maschi occidentali. La civiltà cristiana occidentale è rimasta senza virilità, risponde ai massacri accendendo candeline, scrivendo con i gessetti colorati e ascoltando l’orrida canzonetta Imagine, accetta un’invasione programmata chiamando vezzosamente gli invasori naufraghi e profughi. Le donne hanno guadagnato il diritto al vittimismo e alla deresponsabilizzazione assoluta, il diritto di vita e di morte sul bimbo che portano. Guai a chi si oppone. Jane Fonda latra che gli antiabortisti devono essere uccisi, le giulive fanciulle di «Non una di meno» vogliono che gli obiettori di coscienza siano cacciati a calci dagli ospedali: sono molto carine con vestitino rosso lungo e cuffietta bianca, in omaggio a un delirante racconto distopico con annessa serie tv (Il racconto dell’ancella di Margaret Atwood), ma anche in omaggio alla passione squisitamente femminile di vestirsi tutte uguali, come le ballerine di fila. Le donne sono state distrutte. Hanno il diritto di abortire, ma non quello di avere un figlio, se non sono in grado di mantenersi e di mantenerlo e di affrontare la solitudine che ora circonda la maternità. Hanno perso lo sport, battute e picchiate da uomini che si sono svegliati al mattino e, con il loro corpo da uomo, con il loro scheletro da uomo, con i loro muscoli da uomo, si sono sentiti donna. Hanno perso il diritto a poter stare in uno spogliatoio, in una cella, sotto una doccia, senza che un uomo che dichiara di sentirsi donna posi lo sguardo e forse anche altro sul loro corpo. Persino il loro nome, la parola donne, da domine, signore, regine, è vietata. Sul bizzarro quotidiano la Stampa, con sprezzo del ridicolo le donne sono chiamate individui assegnati al femminile alla nascita. Sia le donne che gli uomini hanno perso il diritto di fare quello che hanno voglia di fare.Gli uomini vengono rimproverati se aiutano le donne nel lavoro di casa, cioè se si limitano ad aiutare, facendo il minimo indispensabile, e senza entusiasmo. Chi fa questi rimproveri non calcola mai la dopamina. I nostri cervelli sono diversi. Il nostro prova piacere, basato sulla emissione di sostanze quali dopamina e ossitocina, con qualsiasi cosa che abbia a che fare con la casa, il posto che accoglie i nostri figli. L’amore per la casa e per gli oggetti che contiene è un’estensione dell’istinto materno. Quando apparecchio provo un enorme piacere a toccare i miei piatti e i miei bicchieri. Tutte le mattine, un amico di mio marito viene a prendere il caffè con lui. Provo un piacere estremo a preparare le due tazzine in maniera carina e simmetrica sul vassoio. Se non ci sono io, le prepara mio marito. È evidente che è in grado di farlo, ma è altrettanto evidente che non gliene importa niente, non fabbrica dopamina, a volte usa tazzine e piattini spaiati tra di loro (un orrore, come fa a non accorgersene?). In compenso questi due uomini fabbricano entrambi dopamina quando si tratta delle loro auto: le auto sono un’estensione dell’istinto paterno, dato che il padre deve portare il bambino fuori casa, staccandolo dalla tana. Oppure quando si tratta di aggiustare qualcosa. Anche io so usare un cacciavite, ma non mi ci diverto. Quando sul tavolo su cui stanno prendendo il caffè poso qualcosa da riparare, giuro, si illuminano i loro occhi. Fino a dieci anni fa ero in grado di cambiare la gomma della macchina. Lo odiavo con tutta l’anima. Avessi potuto scegliere se cambiare la gomma o fare due ore di lavoro in più in ospedale, avrei scelto l’ospedale. Spesso si fermava un uomo e mi aiutava. Lo faceva per generosità, certo, per cavalleria, ma anche perché scaricava dopamina. Da dieci anni non sono più in grado di cambiare le gomme, non ho più abbastanza forza per svitare i bulloni. Tutta la mia gratitudine a tutti gli uomini che mi hanno cambiato la gomma. Non mi è mai successo che si fermasse una donna. Non potremmo continuare tutti a fare quello per cui siamo più predisposti? Io preparo il caffè e qualcuno mi cambia la gomma? Il femminismo odia il cristianesimo, e ama follemente l’islam. Le giulive fanciulle di «Non una di meno» chiedono in vezzosi cartelli che i migranti vengano a salvarle. Chiedete e vi sarà dato. Lo stupro di Colonia è stato solo l’inizio di quello che sarà la nuova norma in Europa. Nei licei si riserva una stanza agli studenti islamici perché possano pregare durante il Ramadan. Tra poche decine di anni la comunità europea sarà una repubblica islamica. Risale al 1974, ne parla la scrittrice Bat Ye’Or nel libro Eurabia, l’impegno ufficiale della comunità europea di realizzare l’islamizzazione dell’Europa mediante immigrazione massiva e modificazione delle linee culturali. Il movimento di liberazione femminile otterrà l’obbligo del velo entro pochi decenni. Già se lo mettono ora se devono parlare con l’imam.
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