
Il giorno dopo lo scontro nel Consiglio dei ministri, Nicola Zingaretti tende una mano ai grillini: «Sono vittime del Carroccio». La maggioranza scricchiola ma resiste: fino alle europee non ci sono alternative.Dopo la notte di fuoco, prove di pace tra i duellanti Matteo Salvini e Luigi Di Maio. Per ora a uscire vincitore, ma ai punti e non per aver steso al tappeto l'alleato, è il vicepremier leghista che ha ottenuto lo stralcio dei commi più importanti del provvedimento Salva Roma. E continua a punzecchiare Virginia Raggi: «La Capitale ha bisogno di una amministrazione migliore». La risposta arriva dalla sindaca stessa: «Salvini aveva un'occasione per fare qualcosa di buono per gli italiani con il Salva Italia. Avrebbe cancellato 2 miliardi e mezzo di debiti a carico di tutti gli italiani. Sono certa che il Parlamento riuscirà a correggere tutto questo». Comunque al Consiglio dei ministri, dei sette commi previsti sono stati tolti il 2, 3, 4, 5 e 6 che, secondo i leghisti, costituivano la polpa dell'intervento per alleggerire i debiti del Comune capitolino.Resta però ancora da combattere un altro round, quello sul caso del sottosegretario leghista Armando Siri, indagato in un'inchiesta per corruzione. Sarà il premier Giuseppe Conte a decidere se chiederne o meno le dimissioni. Detto questo per il momento è pace armata tra Carroccio e 5 stelle, anche perché a nessuno dei due conviene una crisi alla vigilia del voto europeo. Infatti, secondo gli ultimi sondaggi Swg, gli elettori confermano fiducia al governo gialloblù con il 55,6% dei consensi, nonostante l'aria pesante che si respira tra i due schieramenti. La Lega e il M5s sono staccati di 10 punti: il Carroccio si attesta al 32,3%, mentre il Movimento cala al 22,3%. Percentuali simili per il Pd, che si riconferma stabile al 22%. In altre parole i grillini sanno che se cadesse questo esecutivo non avrebbero speranza di rimanere a Palazzo Chigi con un'altra maggioranza, per cui non hanno interesse a forzare le cose. Da parte loro i leghisti continuano a guadagnare terreno e a godere dell'attuale situazione.A tendere per primo il ramoscello d'ulivo è stato proprio Salvini, forte del seguito elettorale non scalfito: «Se il governo andrà avanti? Chiedete agli amici 5 stelle», ha detto il ministro dell'Interno, «mi sono impegnato a non rispondere più alle provocazioni, anche oggi ho letto tra le cinque e le dieci dichiarazioni contro di me. I ministri e i deputati della Lega hanno avuto indicazione di non replicare. Per quello che mi riguarda lavorerò per l'Italia nei prossimi anni e spero che anche gli altri vogliano lavorare». Un'offerta di pace subito raccolta da Di Maio: «Stop polemiche, il governo va avanti altri quattro anni. Ogni ministro deve pensare a fare il suo e il M5s vuole andare avanti per altri quattro anni. È un esecutivo che può cambiare davvero le cose e noi ci crediamo. Quindi abbandoniamo anche i vittimismi. Non mi è mai piaciuto chi tira il sasso e poi nasconde la mano. Io sono sempre stato abituato a metterci la faccia davanti ai problemi. Mettiamocela insieme e cambiamo il Paese». Quindi tutto risolto? Sembrerebbe che la tregua regga, anche se c'è chi si augura il contrario. Soprattutto il segretario democratico Nicola Zingaretti che cerca disperatamente di ricostruire il partito dalle ceneri lasciate da Matteo Renzi. A godere del calo pentastellato è infatti il Pd, che nei sondaggi insidia il secondo posto dei grillini. Qual sarà la strategia dei democratici? Sembra che si stiano muovendo per corteggiare Di Maio e compagni, forse nella speranza di prendere insieme a loro il timone del Paese. In questo senso vanno le dichiarazioni sul salario minimo di Giuliano Pisapia, ex sindaco di Milano ora in campo per la campagna da capolista della circoscrizione Nord Ovest: «Serve un salario minimo europeo pari al 60% dello stipendio medio di ogni Stato. Un'aliquota minima del 18% di tassazione per le multinazionali, anche del digitale. E poi una direttiva che azzeri le differenze di salario tra uomini e donne». E, sempre nella stessa intervista alla Stampa, strizza l'occhio ai grillini, anche se con riserva: «Il nostro compito è riconquistare i voti persi in questi anni e confrontarci con l'elettorato dei 5 stelle. Non credo sia possibile farlo ora con la dirigenza che ha garantito, tra l'altro, con il voto al Senato l'impunità di Salvini». Anche Zingaretti, in un'intervista a Repubblica, pare corteggiare i pentastellati definendoli vittime della Lega: «Il Movimento ha l'ossessione del potere senza mai assumersi la responsabilità. Questo li sta logorando. Sono il principale azionista del governo, i complici di Salvini e le vittime di questo cortocircuito».
Robert Redford (Getty Images)
Incastrato nel ruolo del «bellone», Robert Redford si è progressivamente distaccato da Hollywood e dai suoi conformismi. Grazie al suo festival indipendente abbiamo Tarantino.
Leone XIV (Ansa)
Nella sua prima intervista, il Papa si conferma non etichettabile: parla di disuguaglianze e cita l’esempio di Musk, ma per rimarcare come la perdita del senso della vita porti all’idolatria del denaro. E chiarisce: il sinodo non deve diventare il parlamento del clero.