2021-06-16
La gita di Letta e Gualtieri a Torbella a metà tra Indiana Jones e Fantozzi
Enrico Letta e Roberto Gualtieri (Ansa)
L'esplorazione delle periferie si rivela un flop per il leader della sinistra e il suo candidato per la Capitale Il popolo snobba i dirigenti democratici, accolti solo da qualche militante. Tra i due mondi c'è un abissoIn vista delle comunali di Roma, gli sfidanti delle Primarie hanno scelto per il dibattito lo Spin Time. Il centro sociale abusivo a cui il cardinal Bolletta tolse i sigilli al contatoreLo speciale contiene due articoli La mascherina gli copre le labbra, ma lo sguardo, quello non lascia dubbi. Enrico Letta, nelle foto, fa brillare «gli occhi allegri da italiano in gita». Il problema, però, sta proprio lì: nella gita. Il segretario del Pd ci si è fatto trascinare lunedì da Roberto Gualtieri, traballante candidato sindaco di Roma: una bella scampagnata a Tor Bella Monaca, a vedere da vicino l'effetto che fa l'ormai mitologica «periferia», l'ircocervo che popola le notti di ogni leader progressista d'Occidente.Ogni volta che inizia una campagna elettorale, la sinistra si pone il medesimo problema: che fare con il popolo? Bisognerà pur incontrarlo, parlargli, capire che faccia abbia, ravanare nei suoi umori. Così il dolce Enrico ha fatto ciò che ogni liberal che si rispetti fa quando deve empatizzare con le masse piccolo borghesi: si è tolto la cravatta. Poi, in compagnia del frizzante Gualtieri, si è paracadutato nel quartiere periferico par excellence, quello di cui nelle cene dell'aristocrazia dem si finisce sempre a discutere dopo il terzo giro di Ferrari. Torbella è il miraggio, il sogno proibito. Rappresenta in qualche modo lo stato edenico del socialismo, i tempi in cui «la gente era con noi». Un'era lontana anni luce, dato che i cittadini della zona prima hanno votato Virginia Raggi, poi si sono orientati sulla Lega per le Europee.Letta, però, è forte del suo slogan: «Dobbiamo smettere di essere il partito che va bene nelle Ztl, mentre andiamo in sofferenza negli altri quartieri». Così ha infilato il casco da esploratore e si è lanciato nella giungla oscura in cerca di indigeni a cui stringere la mano («Il popolo, I presume»).L'impresa, va detto, non era semplice. Ci avevano già provato in tanti, prima di lui. Nicola Zingaretti, ovviamente, che però aveva ripiegato su Casal Bruciato. Persino Maurizio Martina, che scelse Tor Bella Monaca come «prestigiosa location» per la prima riunione della sua segreteria Pd. Come sia andata a finire è noto, e a Letta non è andata molto meglio.Il Corriere della Sera, per la penna di Maria Teresa Meli, ieri ha celebrato l'evento con un paginone bellicoso nell'edizione nazionale: «Letta parte da Tor Bella Monaca. “Roma madre di tutte le battaglie"». Scorrendo il pezzo, tuttavia, si capisce fin da subito che non si fosse trattato esattamente di un trionfo. Ad accogliere Letta e Gualtieri, si legge, «non ci sono le masse ma una cinquantina di persone». Fortuna che la Meli, grande cronista, se l'è cavata con eleganza, facendo dichiarare a una fonte anonima del Nazareno: «Era un incontro privato, non un comizio». Ah, allora tutto si spiega. Fosse stato un comizio, sai la calca.Attenti, però, che Letta mica si fa intimidire facilmente. Anzi, rivendica con orgoglio la scelta: «Facile andare a fare bagni di folla o cercare gli applausi. L'unica vera strada è accettare le sfide difficili», spiega. Già, del resto se la folla gli applausi non te li fa (anche perché non viene), è inutile che tu li vada a cercare.Oddio, che sia stato il Corriere a eccedere con la cattiveria, dipingendo un quadro più grigio del dovuto? Il sospetto lo fuga Repubblica con un ampio articolo nell'edizione romana. Il titolo è glaciale: «Primarie, Letta e Gualtieri non scaldano Torbella». Il pezzo è anche peggio: «A salutarli c'era soltanto una cinquantina di sostenitori. I presidenti delle associazioni di quartiere, gli iscritti al circolo di via dell'Archeologia». La signora Nella, tra i presenti, precisa: «C'è qualche cittadino, ma siamo quasi tutti militanti». In pratica, il giro in periferia senza la periferia.Sono cose che capitano, specie quando il tuo partito sceglie di occuparsi di tutto (razzismo, misoginia, omofobia, transfobia, sinofobia) tranne che delle banali e noiosissime minuzie riguardanti le «persone comuni». L'ha detta bene, parlando della sinistra liberal contemporanea, il filosofo francese Jean Claude Michéa: «Non esiste alcuna contraddizione tra la simpatia che essa impone di ostentare in qualunque circostanza per le “minoranze" o gli “emarginati" - un obbligo per avere la coscienza a posto - e il profondo disprezzo che invece rivolge alla stragrande maggioranza delle classi popolari».A furia di vagare nell'Olimpo delle minoranze si perde il contatto con la realtà; a furia di disprezzare il popolo si perdono i voti. Il punto è che, attorno al disprezzo, i progressisti hanno costruito un'intera linea politica. Non deve sfuggire che Tor Bella Monaca è anche il luogo in cui ha sede la libreria di Alessandra Laterza, la signora che si rifiuta di vendere il libro di Giorgia Meloni (il quale infatti continua a svettare in cima alle classifiche). Resta quello l'unico sussulto identitario gauchiste: l'odio per il nemico ideologico. Sotto, però, non c'è praticamente più nulla se non generiche tirate sui diritti. La visitina alla periferia, quindi, finisce per sembrare una spedizione archeologica: Letta Jones e i predatori della dignità perduta. O, peggio, pare la triste avventura di un uomo della Ztl che, per errore, si trova precipitato in una terra sconosciuta e ostile: Enrico a Torbella come Tom Hanks sull'isola di Cast Away. E Gualtieri, ovviamente, nei panni di Wilson.
Emmanuel Macron (Getty Images). Nel riquadro Virginie Joron
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L'evento organizzato dal quotidiano La Verità per fare il punto sulle prospettive della transizione energetica. Sul palco con il direttore Maurizio Belpietro e il vicedirettore Giuliano Zulin, il ministro dell'Ambiente Gilberto Pichetto Fratin, il presidente di Regione Lombardia Attilio Fontana, il presidente di Ascopiave Nicola Cecconato, il direttore Ingegneria e realizzazione di Progetto Terna Maria Rosaria Guarniere, l'Head of Esg Stakeholders & Just Transition Enel Maria Cristina Papetti, il Group Head of Soutainability Business Integration Generali Leonardo Meoli, il Project Engineering Director Barilla Nicola Perizzolo, il Group Quality & Soutainability Director BF Spa Marzia Ravanelli, il direttore generale di Renexia Riccardo Toto e il presidente di Generalfinance, Boconi University Professor of Corporate Finance Maurizio Dallocchio.
Kim Jong-un (Getty Images)