2020-06-14
La fuga dalla realtà di Giuseppi, illuso di poter fare il mago
Il premier presenta il Paese come morto. E trova ogni diversivo invece di affrontare il bisogno dei cittadini di rientrare nella vita.Infelice idea quella di Giuseppi di convocare gli Stati generali per la rinascita. E non soltanto perché il primo a farsela venire (come è stato subito osservato), fu Luigi XVI di Francia, che tre anni dopo venne decapitato dalla Rivoluzione messa in moto proprio da quell'idea esagerata. Ma perché quel «per la rinascita», aggiunto creativamente da Conte alla comunque più sobria prosa del re Luigi, sottintende che prima ci sia stata una morte: quella dell'Italia. Il fatto è però che l'Italia non è morta. Tanto è vero che quando lancia i suoi Bot vanno esauriti in poche ore: nessuno presterebbe soldi a un cadavere.Qui si cerca di vendere la pelliccia di un animale che forse sta meglio del cacciatore. Ciò svela anche l'aspetto più interessante della questione: per quale bislacca idea lo sbrigliato ingegno del presidente del Consiglio vuole presentare il suo Paese come un cadavere? È vero che un leggero retrogusto dark caratterizza fin dall'inizio il personaggio, simile a quei prestigiatori che comparivano d'estate negli alberghi per famiglie delle località di vacanze, con fazzoletti simili ai suoi, nei quali facevano scomparire gli anelli delle mamme e gli orologi del papà, con sorpresa e preoccupazione dello stesso prestigiatore e naturalmente degli astanti-proprietari. A quei tempi però, tutto veniva fortunosamente ritrovato all'ultimo momento nel fazzoletto giuseppino, quando molti cominciavano già ad essere preoccupati. Sarebbe comunque sbagliato, oggi, prendere sul ridere il lato Frankenstein di Giuseppi, perché è proprio qui che compare una delle più inquietanti intuizioni del personaggio. Un copione che del resto lui interpreta con apparente e assoluta convinzione e versatilità, anche capovolgendo nella scena successiva tutto quanto aveva detto in quella precedente (come appunto facevano anche i prestigiatori della Pensione Belvedere). La questione, però, è grossa, e c'è poco da ridere. Giuseppi presenta l'ltalia come morta perché, con il suo abituale senso della misura, vuole essere non solo il Salvatore del Paese, l'archetipo di solito inseguito dai politici cui non basta essere un bravo presidente del Consiglio (che sarebbe già grasso che cola), ma colui che resuscita il Paese stesso. Praticamente un mago, come appunto si presentava il prestigiatore estivo. A inquietare di più è però il fatto che la capacità di fare resuscitare i morti è da sempre una tipica prerogativa rivendicata dai capi politici autoritari. Trattare i sudditi come ex morti sembra assicuri la loro riconoscenza. «Con il Terzo Reich voi siete risorti« dichiarò Adolf Hitler ai tedeschi, a Monaco, nel 1935. A ispirare questo immaginario funereo non è (come pensa a proposito del nazismo lo storico George Mosse) la religione cristiana, bensì le fantasie di grandiosità e onnipotenza con contorno horror, caratteristiche del narcisismo più spinto, il più diffuso tra gli scompensi del mondo postmoderno. Comunque il passaggio dal piano della realtà quotidiana (con i suoi disoccupati in ascesa e le imprese a rischio chiusura) al pensiero magico è suggestivo ma difficile e rischioso, per l'illusionista aspirante mago della Pensione Belvedere ma soprattutto per il Paese in quel momento coinvolto. Lasciare la realtà infatti, il dato nudo e crudo, per dedicarsi agli Stati generali nella reggia di Versailles come fece Luigi XVI, o al Casino del bel respiro della villa Doria Pamphilj come fa ora Giuseppi, rivela l'uscita dalla quotidianità concreta, che sfugge dalle dita dell'illusionista, per entrare nel mondo «meraviglioso» della fiaba. In esso l'immagine grandiosa prevale sulla razionalità, gli Stati generali sui tavoli di lavoro, le task force profumatamente pagate sulle commissioni parlamentari e ministeriali, e i messaggi notturni a reti unificate sulla comunicazione in Parlamento. Un quadro oggi frequente, che rimanda a quel tipo di personalità di cui si occupa (al paragrafo F60.4) anche il Dsm IV, il manuale diagnostico americano di uso internazionale dei disturbi psichici, che nota come queste persone abbiano uno «stile dell'eloquio eccessivamente impressionistico e privo di dettagli». Quello che nel linguaggio corrente viene sinteticamente definito, da sempre: «molto fumo e poco arrosto«. Chi compie questa fuga dai fatti della realtà ai fumi dello spettacolo attribuisce un ruolo molto importante al potere della scena nell'influenzare il pubblico. Ma lo fa anche per via della cultura piuttosto kitsch che di solito caratterizza sia le personalità-mago stesse che le loro squadre di aiutanti, che in genere preferiscono appunto gli effetti speciali dei giochi di prestigio, da setta più o meno politica, interessata soprattutto al potere, alle maggiori profondità delle grandi tradizioni religiose cui si riferisce Mosse parlando di Hitler. Lo stile scenografico con i suoi vari esoterismi di accompagnamento viene scelto da queste persone per il potere di controllare la realtà che lo stile kitsch gli attribuisce. È la scorciatoia spettacolare al potere. Dal punto di vista psicologico, ciò rimanda al passaggio dal piano delle semplici nevrosi, così frequenti nella vita contemporanea, alle interessanti ma pericolose psicosi, fonti di guai individuali e collettivi molto più consistenti. Dal punto di vista politico è sempre questo quadro che accompagna il transito dalle forme democratiche (per quanto acciaccate siano), ai regimi autoritari e autocratici. Nella storia del Novecento è in questo modo che avvenne la liquidazione della repubblica di Weimar con tutti i suoi limiti e vizi, e l'avvento delle dittature. Il sogno da esse prediletto, il confinamento dei cittadini nelle rispettive abitazioni, si è realizzato nell'esperienza pratica di questo governo con il drammatico arrivo dell'ultima forma di coronavirus. Il virus che fin dall'inizio del millennio si era manifestato con forme particolarmente contagiose, attaccando gli organi vitali più indeboliti dal nostro tipo di sviluppo industriale: polmoni, cuore, reni. Di fronte alla nuova comparsa del virus, riconosciuto comunque in ritardo rispetto alla sua effettiva presenza già alla fine dello scorso anno, l'atteggiamento del governo è stato ostinatamente attendista. Per poi diventare favorevole alla chiusura ad oltranza, e rimanerlo quando governi che avevano chiuso dopo di noi avevano già riaperto le linee produttive e i trasporti. Il risultato è ormai una crisi economica che rimane ancora tutta da affrontare, da parte di un governo molto impegnato a organizzare diversivi spettacolari invece di affrontare i bisogni dei cittadini e accogliere la loro volontà di rientrare pienamente nella vita e nelle relazioni. Finché si continuano a fare discorsi e iniziative astruse e costose rimarremo sempre rinchiusi nello scenario cimiteriale del governo di Giuseppe Conte. Senza «liquidità, un piano di investimenti gigantesco, e semplificazioni» (per dirla con le parole non dell'opposizione, ma di Stefano Bonaccini), il lock-in continuerà per forza. Fateci uscire da questo incubo.
(Ansa)
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Carlo Nordio, Matteo Piantedosi, Alfredo Mantovano (Ansa)