2023-07-28
La Forleo scrive a Nordio e al Csm: riaprite il caso della «banca dei Ds»
Il giudice che definì Massimo D’Alema e Nicola Latorre «complici di un disegno criminoso», dopo una vittoria in Cassazione, vuol chiarezza sulla propria rimozione dal fascicolo Bnl. Anche grazie alle nuove dichiarazioni di Luca Palamara.L’inchiesta sulla scalata alla Banca nazionale del lavoro tentata dal finanziere «rosso» Giovanni Consorte e dall’Unipol con la benedizione degli allora vertici dei Ds («Ma abbiamo una banca?», chiese fremente Piero Fassino) torna a fare parlare. Il 18 luglio il giudice della Corte d’appello di Roma Clementina Forleo, alla quale quel fascicolo era stato sottratto tra il maggio e il luglio del 2008, ha inviato al Consiglio superiore della magistratura, alla Procura generale della Cassazione e al ministero della Giustizia le dichiarazioni rilasciate dall’ex presidente dell’Anm Luca Palamara nelle indagini difensive svolte dai legali della stessa Forleo. La donna, infatti, è stata citata in giudizio a Brescia per diffamazione dall’ex senatore ds Nicola Latorre. Nel dischetto sono stati inseriti anche gli atti più importanti del procedimento lombardo e una pronuncia favorevole alla Forleo della Cassazione. Il medesimo materiale, in primavera, è stato depositato anche presso il giudice civile di Brescia che dovrà rifare il processo. La mossa della toga punta a far aprire procedimenti disciplinari su una vicenda molto spinosa e finita nel dimenticatoio. Nel suo libro, Il Sistema, è lo stesso Palamara a riassumere i fatti intorno a cui ruota la storia: «Nei documenti depositati dai pm che avevano istruito l’indagine si fa cenno, ma solo cenno, a telefonate intercettate tra quei signori (gli scalatori, ndr) e D’Alema, Fassino e Latorre. In pratica i vertici dei Ds. Forleo, contraddicendo i suoi colleghi pm non solo chiede che quelle telefonate vengano messe agli atti, ma si spinge a dire e a chiedere che D’Alema, Fassino e Latorre siano indagati, perché le loro parole dimostrano che sono “complici consapevoli di un disegno criminoso”». Il Parlamento europeo, di cui l’ex premier diessino faceva parte, decise di non autorizzare l’uso delle intercettazioni e di non revocare l’immunità del leader socialista, che restò così fuori dall’inchiesta. La Forleo, invece, venne trasferita dal Csm per incompatibilità ambientale a causa di alcune sue dichiarazioni televisive. Nell’ottobre 2010 il giudice rilascia un’intervista a Panorama, intitolata «No, la legge non è stata uguale per tutti», in cui racconta anche come Latorre sarebbe uscito indenne dall’inchiesta milanese: «Le carte concernenti la posizione del senatore, che in seguito alla mia richiesta tornavano dal Senato, stranamente non arrivarono mai sulla mia scrivania, finché approfittando di una mia assenza di sette giorni, dopo oltre due mesi il pm le “dissotterrò” per inoltrarle “con urgenza” al gip di turno. Questi le rispedì al Senato senza informarmi, mentre ero stata tenuta al corrente di ogni dettaglio anche durante le ferie. Questo salvò Latorre. Se invece le carte fossero arrivate a me, che ero il giudice naturale. Le avrei inoltrate al pm affinché decidesse se avviare o meno un procedimento come avevo fatto per D’Alema. Ritengo che questa sia una delle pagine più nere della giustizia e della storia del nostro Paese». Dopo aver letto queste parole, il senatore Latorre intenta causa civile e vince in primo grado.Nel 2021, dopo la scadenza dei termini per il deposito di memorie e allegati nel processo d’appello, esce il libro Il Sistema, scritto da Palamara e dal giornalista Alessandro Sallusti. Nel volume veniva riscritta la vicenda della Forleo definita «un’eretica» dentro al fu tempio progressista della Procura di Milano, un «fortino» all’epoca considerato «inespugnabile». A proposito dell’iniziativa della Forleo nei confronti di esponenti del partito che in quel momento guidava il Paese si legge: «La Procura di Milano non la prende bene, i Ds neppure. Io capisco che non abbiamo scelta, al di là del merito tecnico giuridico delle sue decisioni, Clementina Forleo va rimossa, è un pericolo, e mi esprimo anche pubblicamente in tal senso, sia come Anm sia come capocorrente, dando indicazioni in tal senso ai miei uomini dentro il Csm. Che infatti la trasferisce di peso al tribunale di Cremona». Con il tomo in mano, la Forleo chiede al giudice di ritornare alla fase istruttoria per raccogliere ulteriori prove, essendo emersi fatti nuovi. Ma non viene ascoltata. Per questo, di fronte alla Cassazione, «si duole che la Corte di appello abbia omesso qualsiasi pronuncia sulla sua istanza» che, a parere della ricorrente, aveva margini di successo. A novembre gli ermellini hanno stabilito che «il ricorso va accolto» e che «la sentenza impugnata va cassata con rinvio alla Corte di appello di Brescia in diversa composizione».Nell’ambito delle indagini difensive realizzate dall’avvocato della Forleo, Riccardo Bolognesi, è stato sentito Palamara e il suo verbale adesso è stato inviato sia in via Arenula, che al Palazzo dei marescialli che al Palazzaccio. Il legale chiede all’ex presidente dell’Anm di approfondire le risposte date nel libro e l’ex toga spiega: «Nel 2007 assunsi la guida dell’Anm e il primo caso significativo fu proprio quella della dottoressa Forleo, rispetto alla quale emerse subito che per le correnti di maggioranza non vi fosse alternativa ad adottare un’iniziativa politica contro la stessa». L’ex ras delle nomine fa riferimento a una «cinghia di trasmissione» che trasferiva i desiderata dei magistrati di Milano all’Anm, un «asse […] che ha fortemente voluto un’iniziativa politica a differenza che in altri casi». Per il testimone «c’era un forte disappunto tra la maggior parte dei magistrati di Milano e nelle componenti delle correnti di sinistra dell’Anm (Md e Movimenti) che condusse alla decisione contro la dottoressa Forleo». Una «saldatura forte» tra Magistratura democratica e Movimenti a cui avrebbe aderito anche Unicost. Palamara elenca i nomi di coloro che si sarebbero impegnati per neutralizzare la Forleo, considerata una scheggia impazzita: «Non fu Edmondo Bruti Liberati a chiamarmi (allora procuratore di Milano, ndr). Nella normalità delle dinamiche politiche associative avveniva che fossero i colleghi Cascini e Canepa, allora componenti del Consiglio direttivo centrale dell’Anm a chiamare i loro referenti milanesi, in particolare Bruti Liberati e Castelli per Magistratura democratica. Situazione che avvenne anche nel caso di specie determinando poi la decisione della giunta monocolore di cui facevo parte». Palamara ha anche spiegato che quando nel libro parlava dei «miei uomini» dentro al Csm faceva riferimento ai consiglieri di Unicost e in particolare al segretario generale Marcello Matera e a Fabio Roja, che si occupava «dei fatti milanesi». Tra chi si era interessato al caso Forleo, Palamara ha citato anche l’ex consigliera del Csm in quota Md, Ezia Maccora. Tutti nomi di rilievo: Giuseppe Cascini, ex membro di Area nel parlamentino dei giudici, è attualmente procuratore aggiunto a Roma, Anna Canepa, già segretaria di Md, è sostituto procuratore alla Direzione nazionale Antimafia, Roja è presidente facente funzioni del tribunale di Milano, la Maccora è presidente aggiunto della sezione gip di Milano e Claudio Castelli, il più alto in grado, è presidente della Corte di Appello di Brescia, che ha giudicato e condannato la Forleo e che adesso si appresta a rigiudicarla. Il 20 settembre il tribunale ha convocato le parti per un tentativo di conciliazione, in caso di fallimento ripartirà l’appello.Palamara ha affermato che «la linea politica decisa nella giunta dell’Anm ovviamente teneva conto degli input milanesi delle correnti di sinistra» e che alla fine «si decise di supportare politicamente il trasferimento della dottoressa Forleo perché la stessa aveva messo in discussione l’operato della Procura di Milano». L’ex pm ha anche ricordato le molteplici occasioni in cui venne trattato il caso, «durante le quali si discuteva […] soprattutto della rilevanza politica della questione e della necessità di evitare che l’operato della Procura di Milano potesse essere screditato, con riferimento alla conduzione del procedimento Unipol». E ha aggiunto: «C’erano spesso occasioni di contatto informale per parlare di questo caso: un convegno, un’occasione pubblica, ma anche delle cene private». Iniziative di «natura politica».La conclusione di Palamara è desolante: «Ciò che ho voluto evidenziare nel libro è la difformità di trattamento riservato alla dottoressa Forleo rispetto ad altre vicende. Penso ad esempio a quella di Stefano Pesci, che si realizzò nella Procura di Roma per una fuga di notizie, rispetto alla quale nessuno disse una parola in Anm». Adesso la palla passa all’organo di autogoverno dei magistrati e al Guardasigilli, Carlo Nordio.