
Dopo la scomparsa di Alessandro non era più lo stesso: a poco a poco è venuta meno la forza di lottare.ad appena 55 anni. La rammento bene quella sera di poco più di due anni fa. Ero a cena a casa di amici e arrivò la notizia: è morto il figlio di Pansa. Telefonai ad Adele, la sua compagna, la sua sposa: confesso, non avevo il coraggio di chiamarlo direttamente. Ma lei mi disse: «Giampaolo è qui accanto a me. Mi fa segno che ti vuole parlare, te lo passo».E ci parlai, al telefono, come facevamo da molti anni tre o quattro volte la settimana, domeniche e feste comprese, per concordare il tema del suo Bestiario, per scambiarci pareri, anche solo per dirci come andava (a lui stava particolarmente a cuore mia figlia Barbara, che aveva conosciuto solo attraverso le mie parole ma per la quale sembrava nutrire un affetto speciale). In quella tragica notte aveva bisogno di sfogarsi e mi tenne al telefono a lungo, mi raccontò per filo e per segno che cos'era accaduto, parlava dell'infarto dorsale che si era portato via il figlio appena rientrato da una corsetta d'allenamento con la competenza di un medico, poi improvvisamente scoppiava a piangere, si riprendeva, tornava a spiegarmi di Alessandro, del suo dolore: «Un padre non dovrebbe mai sopravvivere a un figlio». No, non dovrebbe. Lo richiamai il giorno dopo. Sapendo quanto per lui fosse vitale scrivere e pensando che l'avrebbe aiutato a elaborare il lutto, gli chiesi se voleva ricordare Alessandro sulla Verità. Ci pensò un attimo, poi mi disse una frase che non dimenticherò mai: «Se me lo chiedi, vuole dire che è giusto farlo». Scrisse un pezzo incredibile, una lettera al figlio umanissima, sincera nell'accennare alle difficoltà nei loro rapporti, tragica nel far capire come la morte avesse irrimediabilmente spezzato la speranza di trovare un terreno dove risolvere certe incomprensioni. La mattina successiva tutti i siti d'Italia la rilanciarono. Giampaolo mi chiamò, ringraziandomi di avergli sollecitato l'articolo e di averlo pubblicato. Spiazzante, al solito: ero io che, come sempre, avrei dovuto ringraziare lui. A nome di tutti i lettori. E personalmente, per il privilegio dell'amicizia che mi aveva accordato il maestro di tutti noi.Continuammo a sentirci regolarmente, ma nulla fu più lo stesso. Il calore c'era sempre, così come la lucidità di pensiero. Ma c'era sempre anche l'ombra che ogni tanto gli incrinava la voce. Una specie di stanchezza che si risolveva a volte in impazienza. Ascoltava meno, si ripeteva di più. I suoi bersagli cominciarono a diventare ossessioni. Il suo rapporto con La Verità entrò in crisi. La linea politica, certo. Ma era solo parte del problema: in fondo, negli anni divergenze ce n'erano state altre e non l'avevano certo fermato. Anche perché, non c'è bisogno di dirlo, Pansa scriveva esattamente quello che voleva. Ma stavolta era diverso perché qualcosa era cambiato: lui, la sua voce (che nei giorni della malattia diventerà poi un soffio sofferto, quasi un presagio), la sua voglia di parlare delle questioni quotidiane. Si illuminava solo quando si riferiva ad Adele («Senza di lei sarei perduto») e subito dopo mi spronava a coltivare i miei, di affetti: «Pensa alle tue donne, salutami le tue donne» (cioè mia moglie e mia figlia, del maschio tendeva a dimenticarsi).Forse per istinto di autoprotezione, tentò di rientrare nel suo mondo che l'aveva ripudiato dopo Il sangue dei vinti. Ma la trattativa con L'Espresso non andò a buon fine: un'altra piccola/grande ferita. Alla fine ripiegò su via Solferino, dove pure aveva trascorso anni ruggenti. Però non c'era più la spinta e il male che si era insinuato in lui ne ha approfittato.Ciao Giampaolo, perdonami se non sono riuscito a venirti a trovare in clinica come invece mi ero giurato avrei fatto. E sì, stai tranquillo: stasera darò a Barbara e Marzia un bacio speciale da parte tua.
Bologna, i resti dell'Audi rubata sulla quale due ragazzi albanesi stavano fuggendo dalla Polizia (Ansa)
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- Monfalcone, africano accusato di violenza sessuale. Cisint: «Va rimandato a casa sua».
Lo speciale contiene due articoli.
La Global Sumud Flotilla. Nel riquadro, la giornalista Francesca Del Vecchio (Ansa)
Censurata la cronista Francesca Del Vecchio: «Non volevo essere addomesticata».
Vladimir Putin e Donald Trump (Ansa)
L’Alleanza atlantica vara l’operazione «Sentinella» dopo l’invasione dei droni russi in Polonia. Rutte: «Episodio ancora sotto esame, noi pronti a difenderci».