
La pellicola di Rolando Ravello fotografa l'impossibile convivenza tra le culture. Il preside interpretato da Corrado Guzzanti resta intrappolato nello scontro tra religioni. E delle ricette buoniste che oggi vanno per la maggiore non sa che farsene.A un certo punto, dopo ore di inutili ed estenuanti trattative nelle quali ha dato fondo a tutte le sue notevoli risorse di pazienza e di mediazione, pure il preside Ottaviani (Corrado Guzzanti) sbotta: «Mi avete già fatto togliere tutti i crocifissi dalla scuola perché vi offendevano, cos'altro volete da me?».Raramente un film ha avuto una tempistica così felice. Essendo una commedia, La prima pietra di Rolando Ravello (prodotta da Domenico Procacci per Warner Bros. Entertainment Italia e Fandango) uscita giovedì nelle sale, dovrebbe farci ridere e sorridere sui tanti casi di integrazione etnica e religiosa malriuscita di cui parla la cronaca di questi giorni. In realtà, dietro le situazioni grottesche e i dialoghi caustici al punto giusto, alla fine, si sorride amaro perché il film di Ravello ha il pregio di prendere sul serio la questione e di non sbrigarla con facili scorciatoie. Improponibili se si pensa ai conflitti quotidiani nelle nostre scuole causati da insegnanti particolarmente zelanti nel decidere la cancellazione di Gesù nelle canzoni delle recite prenatalizie. O se si pensa alla querelle moralistica suscitata dalla proposta dell'ultima star dell'autodafé cattolico, il padovano attivista di cooperative sociali don Luca Favarin, che ha esortato i cristiani a eliminare i presepi per coerenza con la mancata accoglienza di poveri e migranti.In sostanza, prima ci si proclama pro immigrati poi si può allestire la Natività di Gesù bambino in tinello. È così, per certi preti moderni anche nella zazzera, la morale precede la fede. Dal canto suo, la commedia di Ravello ha la freschezza per bucare certe nebbie clericali e andare dritta al sodo. Mostrando che, pur con tutti i buoni propositi di accoglienza e tolleranza, mettere d'accordo le varie confessioni anche sotto Natale è tutt'altro che facile. E che, di conseguenza, l'anelata integrazione inclusiva è una chimera.Mentre il preside si affanna ad allestire l'armoniosa recita che rappresenti leggende musulmane, parabole ebraiche, vangelo cattolico, credenze buddhiste e hindu, il piccolo musulmano Samir scaglia la prima pietra, di evangelica memoria, contro la finestra della scuola, mandando in frantumi oltre al vetro, l'idillio interreligioso di angeli, imam e cori celestiali.Non bastasse, il sasso carambola sulla coppia di bidelli (Valerio Aprea e Iaia Forte), costretti alle cure in Pronto soccorso. Privati dell'attenzione dell'appassionato regista, distolto dall'increscioso episodio, le prove dello spettacolo procedono con rattoppi al copione e agli abiti di scena grazie agli straordinari della segretaria (Caterina Bertone), foraggiati di tasca propria dallo stesso Ottaviani. Il quale però ora, deve sciogliere il nodo del risarcimento dei danni provocati da Samir e mai intreccio si rivelerà più inestricabile. Nel suo ufficio si riuniscono l'altera madre del lanciatore (Kasia Smutniak, velata ma ben truccata), la caustica nonna (Serra Yilmaz, habitué dei film di Ferzan Ozpetek), i piagnucolosi bidelli che si scopriranno di origine ebraica, e la maestra di Samir buddhista e vegana (Lucia Mascino). Il tentativo di conciliazione va in frantumi come un bicchiere precipitato sul pavimento e relative schegge impazzite in tutte le direzioni.Tratta da un testo teatrale di Stefano Massini, la storia - una versione scolastica del noto Carnage di Roman Polanski ambientato a Brooklyn - si sviluppa attraverso dialoghi veloci e battibecchi tra gli esponenti delle diverse fedi, rappresentati in modo credibile anche se al limite del grottesco, come il registro della commedia richiede. Inflessibile nel suo orgoglio, la componente islamica rifiuta di provvedere al risarcimento e anzi ottiene per Samir il ruolo centrale della recita, concessogli nella speranza, vana, di convincerli a pagare il danno. I lamentosi bidelli ebrei continuano a covare il loro rancore, aspettando l'occasione buona per la vendetta. La maestra vegana viaggia su nuvole di armonie inesistenti, vagheggiando karma positivi plasticamente illusori, salvo sclerare al momento sbagliato. Insomma, un perfetto dialogo impazzito e tra sordi. Al quale tenta invano di dare compiutezza il preside cattolico solo perché interessato alla riuscita della recita. Quanto possibile lo capiranno gli spettatori.Alla terza prova da regista, oltre a quella da sceneggiatore dell'apprezzato Perfetti sconosciuti di Paolo Genovese, Ravello ha il merito di dirigere un film attualissimo e che riguarda la vita di tutti. Di farlo senza sconti e, soprattutto, senza appiattirsi sulla narrazione dominante o fornire risposte di comodo. Per trovare quelle c'è ancora un po' di strada da fare.
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Boldrini ed eurodeputati si inginocchiarono per George Floyd, un nero pluripregiudicato. Per Kirk, un giovane che ha difeso strenuamente i valori cristiani e occidentali, è stato negato il minuto di silenzio a Strasburgo. Ma il suo sangue darà forza a molti.
La transizione energetica non è più un concetto astratto, ma una realtà che interroga aziende, governi e cittadini. Se ne è discusso al primo panel dell’evento de La Verità al Gallia di Milano, dedicato a «Opportunità, sviluppo e innovazione del settore energetico. Hub Italia», con il presidente di Ascopiave Nicola Cecconato, la direttrice Ingegneria e realizzazione di Progetti di Terna Maria Rosaria Guarniere e la responsabile ESG Stakeholders & Just Transition di Enel Maria Cristina Papetti.
A condurre, il direttore Maurizio Belpietro e il vicedirettore Giuliano Zulin. In apertura, Belpietro ha ricordato come la guerra in Ucraina e lo stop al gas russo deciso dall’Europa abbiano reso evidenti i costi e le difficoltà per famiglie e imprese. Su queste basi si è sviluppato il confronto con Nicola Cecconato, presidente di Ascopiave, società con 70 anni di storia e oggi attore nazionale nel settore energetico.
Cecconato ha sottolineato la centralità del gas come elemento abilitante della transizione. «In questo periodo storico - ha osservato - il gas resta indispensabile per garantire sicurezza energetica. L’Italia, divenuta hub europeo, ha diversificato gli approvvigionamenti guardando a Libia, Azerbaijan e trasporto via nave». Il presidente ha poi evidenziato come la domanda interna nel 2025 sia attesa in crescita del 5% e come le alternative rinnovabili, pur in espansione, presentino limiti di intermittenza. Le infrastrutture esistenti, ha spiegato, potranno in futuro ospitare idrogeno o altri gas, ma serviranno ingenti investimenti. Sul nucleare ha precisato: «Può assicurare stabilità, ma non è una soluzione immediata perché richiede tempi di programmazione lunghi».
La seconda parte del panel è stata guidata da Giuliano Zulin, che ha aperto il confronto con le testimonianze di Maria Cristina Papetti e Maria Rosaria Guarniere. Papetti ha definito la transizione «un ossimoro» dal punto di vista industriale: da un lato la domanda mondiale di energia è destinata a crescere, dall’altro la comunità internazionale ha fissato obiettivi di decarbonizzazione. «Negli ultimi quindici anni - ha spiegato - c’è stata un’esplosione delle rinnovabili. Enel è stata tra i pionieri e in soli tre anni abbiamo portato la quota di rinnovabili nel nostro energy mix dal 75% all’85%. È tanto, ma non basta».
Collegata da remoto, Guarniere ha descritto l’impegno di Terna per adeguare la rete elettrica italiana. «Il nostro piano di sviluppo - ha detto - prevede oltre 23 miliardi di investimenti in dieci anni per accompagnare la decarbonizzazione. Puntiamo a rafforzare la capacità di scambio con l’estero con un incremento del 40%, così da garantire maggiore sicurezza ed efficienza». Papetti è tornata poi sul tema della stabilità: «Non basta produrre energia verde, serve una distribuzione intelligente. Dobbiamo lavorare su reti smart e predittive, integrate con sistemi di accumulo e strumenti digitali come il digital twin, in grado di monitorare e anticipare l’andamento della rete».
Il panel si è chiuso con un messaggio condiviso: la transizione non può prescindere da un mix equilibrato di gas, rinnovabili e nuove tecnologie, sostenuto da investimenti su reti e infrastrutture. L’Italia ha l’opportunità di diventare un vero hub energetico europeo, a patto di affrontare con decisione le sfide della sicurezza e dell’innovazione.
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Giuseppe Cruciani (Ansa)
Il giornalista: «In tv l’intellighenzia progressista mostrifica la vittima. Bisognerebbe scendere in piazza in difesa del libero pensiero: vedremmo chi davvero vuole il dialogo».