2021-04-29
La faida tra pm risucchia pure Conte. Ex premier in campo contro i dossier
Il capo M5s replica alle accuse dell'avvocato Piero Amara pubblicate dal Domani attaccando Carlo De Benedetti. Un plico anonimo con i verbali dell'ex legale inviato a Nino Di Matteo: nel mirino il consigliere del Csm Sebastiano Ardita.Il quotidiano Domani ha pubblicato un articolo intitolato «Gli affari segreti di Giuseppe Conte» in cui venivano contestati «contratti di consulenza da Acqua Marcia per centinaia di migliaia di euro». Tema interessante certo, se non fosse per il fatto che l'articolo ha preso le mosse da un verbale del controverso avvocato Piero Amara, che ha già patteggiato anni di carcere per aver corrotto giudici. Un uomo che con le sue contestate dichiarazioni tiene in ballo le Procure di mezza Italia, nonostante sia stata più volte dimostrata la sua inaffidabilità. Conte, probabilmente capendo il livello delle accuse, ha rivendicato di aver ricevuto regolari incarichi professionali e ha attaccato l'autore dell'articolo e anche il suo editore, Carlo De Benedetti. «Non ho mai avuto rapporti personali né professionali con l'avvocato Amara, della cui esistenza ho appreso leggendo le cronache dei giornali» ha scritto l'ex premier, prima di affondare il colpo nei confronti della tessera numero 1 del Pd: «Un avvocato civilista, che è la professione che ho svolto prima di diventare Presidente del Consiglio, non fa affari, tantomeno segreti […]. Gli “affari" - ostentati o segreti non spetta me dirlo - li concludono gli imprenditori, come ad esempio il Suo datore di lavoro, ing. De Benedetti. Quanto a quest'ultimo, da Presidente del Consiglio non mi sono mai concesso il piacere di incontrarlo privatamente, pur sollecitato varie volte a farlo […]. Di questa rinuncia, peraltro, l'ing. De Benedetti mi sta ripagando amabilmente, ragionando di me - in tutte le occasioni pubbliche che gli sono offerte - con pertinace livore». Anche al Csm, ieri, si è parlato dei verbali di Amara. Il consigliere Nino Di Matteo ha dichiarato: «Ho ricevuto un plico anonimo, tramite spedizione postale, contenente la copia informatica e priva di sottoscrizione dell'interrogatorio di un indagato reso nel dicembre 2019 dinanzi all'autorità giudiziaria. Nella lettera anonima quel verbale veniva indicato come segreto e l'indagato menzionava in forma diffamatoria se non calunniosa, circostanze relative a un consigliere di questo organo». Di Matteo ha spiegato di aver contattato l'autorità giudiziaria di Perugia «nel timore che tali dichiarazioni e il dossieraggio anonimo potessero collegarsi a un tentativo di condizionamento dell'attività del Csm». Il presunto bersaglio sarebbe Sebastiano Ardita, magistrato catanese. La cosa incredibile è che Ardita, come risulta dalle carte dell'inchiesta su Luca Palamara, era il consigliere che più aveva spinto per far procedere speditamente l'esposto dell'allora pm Stefano Fava contro l'ex procuratore di Roma Giuseppe Pignatone, accusato di non aver autorizzato, pensate un po', l'arresto di Amara. «Io mi fido degli accertamenti», ha confidato il consigliere alle persone a lui più vicine, anche se ritiene che le cose che gli sono state attribuite siano «sciocchezze facilmente smontabili», poiché non gli verrebbe contestato alcun fatto preciso. A quanto risulta alla Verità, nei verbali si farebbe riferimento pure a una presunta super loggia massonica. Tutte queste dichiarazioni, Amara le ha rese in quattro lunghi interrogatori a Milano tra il 18 novembre e il 16 dicembre 2019. Il meccanismo è quasi sempre lo stesso: Amara accusa qualcuno di qualcosa, spesso de relato, chiamando in causa testimoni. I quali per lo più lo smentiscono. Intanto però è scattato il retropensiero che fa sospettare che il teste neghi per paura. Eppure le chiacchiere dell'avvocato siracusano continuano a essere utilizzate da numerosi uffici giudiziari. Per esempio la Procura di Perugia vi ha attinto per rendere più sostanziose le accuse contro Palamara. Amara, dopo aver iniziato a collaborare con la giustizia, è in attesa di definire i procedimenti in cui è coinvolto e di potersi godere i denari incassati ai tempi in cui il suo core business era aggiustare processi e corrompere magistrati. In questa fase, qualcuno ha pensato bene di inviare i suoi verbali velenosi (senza timbro, né firma) in giro per l'Italia. Un mese fa sono arrivati sia al Csm sia in almeno due redazioni romane. Ma i cronisti hanno ritenuto di non usare quella merce. C'è invece chi ha deciso di pubblicare le dichiarazioni di Amara nella parte ritenuta più credibile, separandole da quelle più inverosimili. Ecco così scodellate le dichiarazioni su Conte, accusato di aver ottenuto consulenze grazie a un ex vicepresidente del Csm (che ha negato), o quelle nei confronti del presidente del Consiglio di Stato Filippo Patroni Griffi, indagato a Roma sulla scorta di ulteriori «confessioni» di Amara. Non è detto che anche nel pozzo nero dell'avvocato siracusano gli orologi rotti, due volte al giorno, non segnino l'ora giusta. Ma questo non significa che sia accettabile che toghe, politici, manager debbano restare appesi per chissà quanti anni alle accuse (segretate) di Amara, che adesso qualcuno ha deciso di usare come manganello per indicibili regolamenti di conti.