
La situazione libica continua a rivelarsi ricca di colpi di scena sia sul fronte interno che internazionale (con un occhio in particolare al dossier ucraino). La scorsa settimana, la corte di Sebha ha accolto il ricorso di Saif al-Islam Gheddafi, permettendo così al figlio del defunto rais di rientrare nella competizione in vista delle elezioni del prossimo 24 dicembre. La candidatura di Gheddafi era stata precedentemente bloccata dalla commissione elettorale libica, facendo leva sul fatto che egli fosse stato condannato per crimini di guerra nel 2015. Un ricorso, quello del figlio del rais, che si era rivelato piuttosto travagliato, visto il tentativo – condotto da gruppi armati vicini al generale Khalifa Haftar – di impedirlo. Ma questa non è l’unica novità. Mercoledì scorso, la corte d’appello di Tripoli ha infatti respinto tutti i ricorsi che erano stati presentati contro la candidatura dell’attuale premier libico Abdul-Hamid Dbeibah, consentendo così a quest’ultimo il reintegro nella corsa elettorale. E' quindi in tal senso che, per seguire gli impegni della campagna, Dbeibah ha nominato nelle scorse ore come proprio sostituto il suo vice, Abu Janah. Le turbolenze interne costituiscono tuttavia soltanto una parte del problema. Anche il contesto internazionale continua infatti a rivelarsi colmo di incognite. Secondo quanto riferito da Libya Observer, Gheddafi avrebbe effettuato un viaggio in Egitto lo scorso 14 novembre, dove avrebbe incontrato il presidente egiziano, Abdel Fattah al-Sisi e il capo dei servizi segreti locali, Abbas Kamel. La stessa fonte riferisce inoltre che i rapporti tra lo stesso al-Sisi e Haftar si sarebbero da un po’ di tempo raffreddati. Se tali informazioni fossero fondate, questo significherebbe che Il Cairo stia quantomeno prendendo in considerazione un sostegno al figlio del rais libico. Il che sarebbe interessante, soprattutto alla luce del fatto che – quando la sua candidatura venne bloccata – Gheddafi è stato difeso dalla Russia: un vecchio alleato – insieme all’Egitto – del generale Haftar, che continua a rivestire un peso politico non indifferente nella parte orientale della Libia. Ed è qui che si scorge un ulteriore problema. Ricordiamo infatti che la Libia occidentale ricada sotto l’influenza della Turchia e che, a causa della crisi ucraina, i rapporti tra Mosca ed Ankara si stiano notevolmente raffreddando. In particolare, la settimana scorsa, il presidente russo, Vladimir Putin, ha manifestato una certa irritazione per il fatto che la Turchia stia vendendo ingenti quantitativi di droni militari a Kiev. Non è quindi escluso che queste tensioni possano ripercuotersi sulla partita libica, dove il presidente turco Recep Tayyip Erdogan punta molto probabilmente sulla candidatura di Dbeibah. Va da sé che una simile situazione costituisca una rilevante incognita per quanto riguarda il problema dei mercenari presenti sul territorio. Se le relazioni russo-turche dovessero infatti ulteriormente surriscaldarsi, ciò spingerebbe Ankara a consolidare la propria presenza militare a Ovest: una presenza che Erdogan ha d’altronde già confermato, respingendo le richieste recentemente avanzate da Parigi per un ritiro delle sue forze. Del resto, la centralità del Sultano è testimoniata anche dal fatto che, venerdì scorso, funzionari del ministero della Difesa turco abbiano ricevuto ad Ankara una delegazione dell’Unsmil. Il 24 dicembre si avvicina, ma il futuro resta più incerto che mai.
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A rischiare di cadere nella trappola dei «nuovi» vizi anche i bambini di dieci anni.
Dopo quattro anni dalla precedente edizione, che si era tenuta in forma ridotta a causa della pandemia Covid, si è svolta a Roma la VII Conferenza nazionale sulle dipendenze, che ha visto la numerosa partecipazione dei soggetti, pubblici e privati del terzo settore, che operano nel campo non solo delle tossicodipendenze da stupefacenti, ma anche nel campo di quelle che potremmo definire le «nuove dipendenze»: da condotte e comportamenti, legate all’abuso di internet, con giochi online (gaming), gioco d’azzardo patologico (gambling), che richiedono un’attenzione speciale per i comportamenti a rischio dei giovani e giovanissimi (10/13 anni!). In ordine alla tossicodipendenza, il messaggio unanime degli operatori sul campo è stato molto chiaro e forte: non esistono droghe leggere!
Messi in campo dell’esecutivo 165 milioni nella lotta agli stupefacenti. Meloni: «È una sfida prioritaria e un lavoro di squadra». Tra le misure varate, pure la possibilità di destinare l’8 per mille alle attività di prevenzione e recupero dei tossicodipendenti.
Il governo raddoppia sforzi e risorse nella lotta contro le dipendenze. «Dal 2024 al 2025 l’investimento economico è raddoppiato, toccando quota 165 milioni di euro» ha spiegato il premier Giorgia Meloni in occasione dell’apertura dei lavori del VII Conferenza nazionale sulle dipendenze organizzata dal Dipartimento delle politiche contro la droga e le altre dipendenze. Alla presenza del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, a cui Meloni ha rivolto i suoi sentiti ringraziamenti, il premier ha spiegato che quella contro le dipendenze è una sfida che lo Stato italiano considera prioritaria». Lo dimostra il fatto che «in questi tre anni non ci siamo limitati a stanziare più risorse, ci siamo preoccupati di costruire un nuovo metodo di lavoro fondato sul confronto e sulla condivisione delle responsabilità. Lo abbiamo fatto perché siamo consapevoli che il lavoro riesce solo se è di squadra».
Antonio Scoppetta (Ansa)
- Nell’inchiesta spunta Alberto Marchesi, dal passato turbolento e gran frequentatore di sale da gioco con toghe e carabinieri
- Ora i loro legali meditano di denunciare la Procura per possibile falso ideologico.
Lo speciale contiene due articoli
92 giorni di cella insieme con Cleo Stefanescu, nipote di uno dei personaggi tornati di moda intorno all’omicidio di Garlasco: Flavius Savu, il rumeno che avrebbe ricattato il vicerettore del santuario della Bozzola accusato di molestie.
Marchesi ha vissuto in bilico tra l’abisso e la resurrezione, tra campi agricoli e casinò, dove, tra un processo e l’altro, si recava con magistrati e carabinieri. Sostiene di essere in cura per ludopatia dal 1987, ma resta un gran frequentatore di case da gioco, a partire da quella di Campione d’Italia, dove l’ex procuratore aggiunto di Pavia Mario Venditti è stato presidente fino a settembre.
Dopo i problemi con la droga si è reinventato agricoltore, ha creato un’azienda ed è diventato presidente del Consorzio forestale di Pavia, un mondo su cui vegliano i carabinieri della Forestale, quelli da cui provenivano alcuni dei militari finiti sotto inchiesta per svariati reati, come il maresciallo Antonio Scoppetta (Marchesi lo conosce da almeno vent’anni).
Mucche (iStock)
In Danimarca è obbligatorio per legge un additivo al mangime che riduce la CO2. Allevatori furiosi perché si munge di meno, la qualità cala e i capi stanno morendo.
«L’errore? Il delirio di onnipotenza per avere tutto e subito: lo dico mentre a Belém aprono la Cop30, ma gli effetti sul clima partendo dalle stalle non si bloccano per decreto». Chi parla è il professor Giuseppe Pulina, uno dei massimi scienziati sulle produzioni animali, presidente di Carni sostenibili. Il caso scoppia in Danimarca; gli allevatori sono sul piede di guerra - per dirla con la famosissima lettera di Totò e Peppino - «specie quest’anno che c’è stata la grande moria delle vacche». Come voi ben sapete, hanno aggiunto al loro governo (primo al mondo a inventarsi una tassa sui «peti» di bovini e maiali), che gli impone per legge di alimentare le vacche con un additivo, il Bovaer del colosso chimico svizzero-olandese Dsm-Firmenich (13 miliardi di fatturato 30.000 dipendenti), capace di ridurre le flatulenze animali del 40%.





