2018-11-17
La Consulta usa le Dat per forzare la legalizzazione dell’eutanasia
Depositata l'ordinanza con cui la Corte costituzionale ha sospeso per un anno la sentenza sul processo a Marco Cappato per il caso dj Fabo. Se il Parlamento non agisce, il reato di aiuto al suicidio potrebbe sparire.Ieri, la Corte costituzionale ha depositato l'ordinanza che spiega le motivazioni della storica decisione del 24 ottobre sul caso di Marco Cappato e dj Fabo, con la quale la Consulta sospendeva il giudizio e dava un anno di tempo al Parlamento per disciplinare con una norma specifica il fine vita. Il testo conferma che La Verità aveva interpretato correttamente l'intento dei magistrati supremi, che erano consapevoli della gravità di una pronuncia sull'incostituzionalità del reato di aiuto al suicidio, quello per cui è imputato il reo confesso esponente radicale, ma volevano che fosse garantita «adeguata tutela» alle situazioni in cui un caritatevole attivista come Cappato si offre di aiutare un malato a porre fine alle proprie sofferenze. Per questa ragione, la Corte aveva preferito chiamare in causa direttamente il legislatore.le alternativeQualsiasi risoluzione, infatti, avrebbe finito con lo scontentare il collegio dei decisori. Salvare Cappato dichiarando incostituzionale l'articolo 580 del Codice penale, avrebbe cassato dall'ordinamento giuridico italiano la protezione «delle persone più deboli e vulnerabili, che attraversano difficoltà e sofferenze» e rischiano di subire «interferenze» da parte di chi potrebbe avere interesse a rafforzare i loro propositi autolesionisti. Il reato di aiuto al suicidio, ha ribadito la Suprema corte, per di più esiste «in numerosi altri ordinamenti contemporanei» e non contrasta con le sentenze dei tribunali europei, i quali riconoscono alla persona la facoltà di autodeterminarsi. D'altronde, respingere il ricorso dei legali del militante pro eutanasia lo avrebbe consegnato a una quasi sicura sentenza di condanna. Ai giudici della Consulta era preclusa anche la terza via, quella cioè di ammettere un'eccezione nei casi simili a quelli del povero Fabiano Antoniani e di Cappato, che lo aveva accompagnato a morire in un clinica svizzera. «Una simile soluzione», si legge nell'ordinanza depositata ieri, «lascerebbe del tutto priva di disciplina legale la prestazione di aiuto materiale ai pazienti in tali condizioni, in un ambito di altissima sensibilità etico sociale e rispetto al quale vanno con fermezza preclusi tutti i possibili abusi».Ma la Corte è comunque abbastanza chiara su quale sia l'orientamento che l'Aula parlamentare dovrebbe seguire nell'elaborazione di una normativa sul fine vita. L'idea è che per le circostanze come quelle di dj Fabo e del suo presunto benefattore Cappato debba essere esclusa la punibilità ai sensi dell'articolo 580 del codice penale (istigazione o aiuto al suicidio). E non solo i magistrati indirizzano l'attività del legislatore, ma mettono nero su bianco anche una specie di ultimatum. Essi osservano che nei precedenti casi in cui la Corte aveva dichiarato inammissibile la questione di costituzionalità, accompagnando però alla decisione un monito al Parlamento affinché intervenisse, qualora «il monito fosse rimasto senza riscontro, ha fatto seguito, di norma, una declaratoria di illegittimità costituzionale». Fuor di giuridichese: o ci pensano i politici, o facciamo da soli. Come? Evidentemente, risolvendoci a dichiarare incostituzionale il reato. Scenario che gli stessi giudici supremi, preoccupati dalle conseguenze di una simile scelta, preferirebbero evitare, perché scoperchierebbe un vaso di Pandora ed eliminerebbe tutele costituzionali necessarie, che esistono persino in Paesi molto più libertari di noi in tema di eutanasia.È tuttavia improbabile che questo Parlamento, o almeno questa maggioranza gialloblù, così divisa sui temi etici, si mettano a lavorare a una legge sul fine vita. L'iniziativa dovrebbe coinvolgere Pd e 5 stelle, ma un colpo di spugna risulterebbe sgradito a molti esponenti cattolici della Lega e potrebbe innescare un terremoto politico. I grillini sarebbero disposti a pagare questo prezzo? L'ipotesi peggiore, dunque, sembra al contempo la più concreta, a meno di non immaginare un'entrata a gamba tesa da parte dei pentastellati «di sinistra», da Roberto Fico ad Alessandro Di Battista. Vale la pena sottolineare che tutto ciò sta accadendo anche a causa del contributo che ha offerto la legge sulle Disposizioni anticipate di trattamento, le Dat, con la quale i trattamenti necessari a mantenere in vita il paziente, come l'alimentazione artificiale (di cui Antoniani, tetraplegico, aveva bisogno, proprio come della ventilazione), vengono equiparati a terapie mediche, che in quanto tali possono essere rifiutate.deriveFonti della Verità spiegano che il suggerimento implicito della Consulta al legislatore è quello di conservare comunque una differenziazione tra chi vuole ottenere l'interruzione dei trattamenti salvavita e chi invece chiede di ricevere un trattamento capace di procurare attivamente la morte (un'iniezione letale, ad esempio). Ciò forse per evitare le derive eutanasiche di certi Paesi come Belgio, Olanda e Gran Bretagna. Ma alcuni passaggi dell'ordinanza della Suprema corte trasmettono un'impressione differente. A un certo punto, si legge che «non vi è ragione» per cui il valore della vita «debba tradursi in un ostacolo assoluto, penalmente presidiato, all'accoglimento della richiesta del malato di un aiuto che valga a sottrarlo al decorso più lento», come quello che seguirebbe all'interruzione di idratazione o nutrizione, «apprezzato come contrario alla propria idea di morte dignitosa». In parole povere, se il paziente considera indegna una morte di stenti o per soffocamento, perché la legge dovrebbe impedire a un ipotetico Cappato di praticargli una puntura letale? E allora perché, ci chiediamo noi, la legge dovrebbe impedire al pietoso dispensatore di morte di sparare in testa al malato, o di sventrarlo con una sciabola, se per il poveretto ciò coincide con l'idea di morte dignitosa?
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Dopo l'apertura dei lavori affidata a Maurizio Belpietro, il clou del programma vedrà il direttore del quotidiano intervistare il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, Gilberto Pichetto Fratin, chiamato a chiarire quali regole l’Italia intende adottare per affrontare i prossimi anni, tra il ruolo degli idrocarburi, il contributo del nucleare e la sostenibilità economica degli obiettivi ambientali. A seguire, il presidente della Regione Lombardia, Attilio Fontana, offrirà la prospettiva di un territorio chiave per la competitività del Paese.
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