2018-08-09
La casalinga, il gioielliere e due disoccupati: i «sicari» di Mattarella
Sveliamo l'identità dei quattro indagati che per i loro sfoghi social possono prendere fino a 20 anni di galera. Il più cattivo ha rubato 30 euro in un bar.Abbiamo messo le mani sui presunti assalitori di Sergio Mattarella. Gli indagati per attentato alla libertà (reato punito con pene da cinque a 15 anni), offesa all'onore e al prestigio del capo di Stato (da uno a cinque) e istigazione a delinquere (anche qui da uno a cinque) non presentano il profilo di nemici delle istituzioni repubblicane, anche se il giudizio spetta ovviamente alle autorità competenti.Nel frattempo, La Verità è in grado di offrire ai suoi lettori gli identikit di quattro di loro, iscritti sul registro della Procura per alcuni sfoghi «social» dedicati al presidente della Repubblica. Così, a una prima occhiata giornalistica, non paiono eversori pronti a rovesciare l'ordine costituito. Ma per fortuna c'è chi saprà accertare la verità. Se però, come ha scritto ieri il Corriere della Sera, le indagini sugli attacchi informatici al Quirinale serviranno anche a «un'analisi di che cos'è la rete», il cronista si sente autorizzato a dare il suo contributo al bene della causa.Ad esempio, che il quarantenne palermitano Manlio Cassarà possa avere problemi con il potere è suffragato da un fatto che emerge potente dal suo profilo Facebook: odia la Juventus (ma anche il Catania e il Bari). Rosanero sfegatato, la sua bacheca pullula di meme contro i bianconeri e segnatamente contro Gianluigi Buffon (tra i più efficaci e meno volgari: «Si chiamava Buffone, poi ha perso la finale»). E che non sia in prima linea nel contrasto alla criminalità organizzata potrebbe essere rilevato dai suoi post contro Roberto Saviano: esultanza e cuoricino per la notizia della condanna in Cassazione dello scrittore per aver copiato tre articoli in Gomorra. L'uomo, le cui immagini non testimoniano particolare ferocia (calvizie pronunciata, occhiali con montatura azzurra), non avendo un lavoro, alla voce professione si qualifica come «ascoltatore dello zoo» (nota trasmissione radiofonica su «Radio 105», ndr). I conduttori con lui però non hanno avuto pietà e quando hanno scoperto che un loro fan aveva insultato il presidente della Repubblica lo hanno sbertucciato in diretta arrivando a definirlo un'«arancina ripiena di m.». Davvero come picchiare un bambino.Più giovane e dunque ardito è il trentunenne concittadino Mirko Bonomo, che però su Twitter comunica poco di sé. Il suo profilo è molto parco di messaggi: mostra di amare la spiaggia di Mondello e Virginia e Paola di Amici. Un'occhiata ai following (cioè ai profili che segue su Twitter) è come un master sul mondo della pornografia: sono centinaia gli account tenuti sott'occhio che propongono immagini e filmati hot. Tra questi, «nipplefanatics» e «lesbians and hotties». Non segue, però, l'account del Quirinale. Su Facebook - dove è molto più attivo - privilegia invece un'altra passione: la musica. In alcuni video canta, nelle foto si presenta spesso con un microfono in video, con pizzo luciferino e pelata ogni tanto coperta da un basco. Lo si direbbe un cantante, almeno amatoriale. Non si hanno notizie sulla sua professione. Vive a Palermo in una zona popolare, la Zisa, e ad aprile è stato pizzicato dalla Polizia mentre si allontanava da un bar a cui era stata forzata la saracinesca. Gli agenti lo hanno arrestato in presunta flagranza e il bottino non era esattamente sontuoso: una torcia al led, un ombrello senza manico e 30 euro in contati. È lui dei quattro indagati l'unico, a quanto ci consta, con qualche disavventura giudiziaria alle spalle. Eliodora Elvira Zanrosso, casalinga di 67 anni, originaria della provincia di Varese, ma trapiantata a Bologna, si presenta su Facebook in modo aggraziato. La foto principale è dedicata a un gattino e lei si offre sorridente, travisata da occhialoni da sole al posto di quelli da vista. Sulla sua pagina regala agli amici foto di gioventù, da bella figlia dei fiori. Ci fa sapere di amare la musica lirica e di voler «sperimentare ogni formula d'amore, di sofferenza, di follia». E sulla follia potrebbe in effetti ricadere l'attenzione degli inquirenti dopo i messaggi, giudicati meritevoli d'indagine, contro Sergio Mattarella. Tra il 27 e il 28 maggio, la notte dei troll, Eliodora non si tiene. È scatenata nel suo sostegno ai 5 stelle, soprattutto pare fan di Alessandro Di Battista. Vive come una pugnalata il no a Paolo Savona e al primo governo Conte, addirittura arriva ad attaccare Matteo Salvini per essersi dissociato dalla richiesta di impeachment. Non compaiono, però, tracce di condizionamento russo, ma si sa che questi sono abilissimi a nascondersi dietro altri profili.Il più politico dei quattro indagati dalla Procura di Palermo è Michele Ivo Calabrese, sessantunenne originario di Bari. È l'unico con un vero lavoro: ha un negozio di gioielli a Mola di Bari e insieme con una psicologa (che non crediamo lo abbia in cura) ha una società che si occupa di corsi di formazione. Ieri in gioielleria ha risposto lui, ma invece di spiegare la sua posizione ha preferito passarci l'imbarazzatissima figlia, all'oscuro della vicenda riguardante il padre: «Credo che sia un caso di omonimia». Non è così. È al suo papà che vengono contestati reati gravissimi. Calabrese nel 2015 è stato candidato alle elezioni comunali con la lista LiberiamoMola. Nel simbolo una fiamma tricolore che lasciava intendere l'orientamento politico, ma il successo non è arrivato e lui ha racimolato solo due voti. Successivamente Calabrese deve essere stato folgorato sulla via di Beppe Grillo e infatti nel profilo attenzionato dalla Digos di Palermo (in cui appare un cobra con le fauci spalancate) indicava come precedenti posti di lavoro il «Movimento 5 stelle» e «un'altra società è possibile». Nelle foto appare sorridente e con un maglioncino girocollo. Malgrado l'aspetto pacioso, a fine maggio ha perso il controllo e ha digitato a proposito del presidente: «Dovremmo fargli fare la fine del pezzo di merda del fratello (ucciso dalla mafia nel 1980, ndr)». Ma prima della polizia sono arrivati gli altri utenti di Facebook. «Chelli» gli chiede: «Secondo te uno che è stato ucciso dalla mafia perché cercava di scardinarla era un pezzo di m.?». Alessandro: «Quanti anni hai? 60? Beh, li ha buttati nel cesso». Daniela: «Vergognati». Insomma il tribunale dei social lo ha già condannato. Prima di quello della Repubblica.
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