Gli apparecchi collegati a Internet non sono solo giocattoli hi-tech: il risparmio energetico garantito da elettrodomestici smart pesa in bolletta e riduce l’inquinamento. Gli italiani in pandemia l’hanno capito e il business raddoppierà di volume entro il 2023
Gli apparecchi collegati a Internet non sono solo giocattoli hi-tech: il risparmio energetico garantito da elettrodomestici smart pesa in bolletta e riduce l’inquinamento. Gli italiani in pandemia l’hanno capito e il business raddoppierà di volume entro il 2023 C’è il diffusore audio sapientone, che sa accendere o spegnere le luci a comando: basta chiederglielo. A ogni domanda risponde, nelle sue ultime versioni mostra pure le informazioni sullo schermo. La lavatrice si aziona con il telefonino, come il purificatore d’aria. Intanto, le telecamere di sorveglianza, una di queste fusa persino nel campanello, tengono d’occhio cosa succede all’interno e all’esterno delle abitazioni. Sembra un sistema futuristico, invece è una sintesi, per ampio difetto, dell’universo di possibilità della smart home: la casa intelligente, nome collettivo di una popolazione di dispositivi domestici evoluti e connessi a Internet.In Italia, a fine 2020, il settore valeva 566 milioni di euro. E si prepara al decollo: raddoppierà nel 2023, quando supererà la quota di 1,1 miliardi, registrando un tasso di crescita medio annuo del 26%. A livello globale, siamo a 68 miliardi di euro attuali e 110 potenziali, sempre guardando al 2023. In questo caso, l’incremento atteso ogni dodici mesi sarà del 17%, segno che l’Italia viaggerà più veloce del passo medio internazionale. I conti li ha fatti il Centro studi Tim (vedi l’approfondimento sotto), che ha riepilogato in un rapporto gli scenari di un comparto eterogeneo, dalle opportunità ancora da esplorare. Parlare di fenomeno già consolidato, d’altronde, sarebbe un errore: siamo indietro, abbastanza, rispetto a Francia e Inghilterra. Ogni 10 abitazioni lungo lo Stivale, s’incontrano 6 oggetti smart. Oltralpe raddoppiano, in Gran Bretagna arrivano al triplo. A cambiare la percezione tricolore della smart home, a porre le basi per la sua futura espansione, era prevedibile, è stata la pandemia. Trovandosi confinati tra le mura domestiche, gli italiani hanno preso a scrutarle, forse pure per noia, con scrupolo e attenzione. Una ricerca certifica che il 90% dei nostri connazionali ha messo la cura della casa in cima alla lista delle priorità, il 46% non la ama affatto o non troppo e si accinge a migliorarla. In particolare, un 16% intende intervenire sulle dotazioni tecnologiche, l’11% pensa di aumentare l’efficienza energetica. Il punto è centrale: le prese che si spengono di notte o quando l’elettrodomestico a loro collegato non serve, i termostati virtuosi che imparano dalle nostre abitudini e tagliano in automatico i consumi superflui, possono abbassare - e di tanto - la bolletta della luce facendo, in parallelo, un favore all’ambiente. Se usati coralmente, se anche solo portassero a una riduzione del 10% della spesa nazionale in energia, si calcola che produrrebbero risparmi per 3 miliardi di euro, evitando almeno 1,7 milioni di tonnellate di emissioni di anidride carbonica. La smart home non è dunque un tentativo di legittimare l’inutile, non si limita alle facezie dello speaker che recita le previsioni del tempo. Può avere un impatto sulla collettività. In parallelo, esige dei prerequisiti, su tutti una buona connessione a Internet che consenta agli oggetti di scambiarsi informazioni tra loro. Due italiani su tre che hanno accesso alla banda larga, infatti, possiedono già uno o più oggetti smart. Serve un Wi-Fi stabile e rapido per farli funzionare a dovere, altrimenti è come mettere acqua in un motore sperando che corra lo stesso. Il primo freno alla casa intelligente è un rischio di manifesta stupidità a causa della sua lentezza. Il secondo riguarda i rischi ai quali, potenzialmente, espone i suoi utenti. Su tutti, le inedite minacce sul fronte della privacy, poiché occhi e orecchie elettronici sono puntati nella nostra quotidianità, in ambiti prima inviolabili come la cucina, il salotto, la camera da letto. Non è una sensazione, quanto il risultato di una ricerca che indica le tre stanze nelle quali trovano più di frequente posto le casse equipaggiate con gli assistenti vocali. L’utilità di piazzarli in bagno o in garage rimane abbastanza relativa. La principale arma di difesa contro questi nuovi assalti al privato è la consapevolezza: uno studio a cura della società F-Secure ha rilevato che il 55% degli italiani è sensibile al tema della sicurezza informatica, in linea con Inghilterra e Francia, più di Germania e Olanda. E i produttori non possono non tenerne conto. Ecco che le telecamere di ultima generazione integrano una funzione (e un motorino) che le fa letteralmente girare dall’altra parte quando non servono; gli speaker procedono a cancellare, tramite un semplice comando vocale, tutto ciò che hanno registrato. Per conquistarci per davvero, la casa intelligente deve dimostrarsi pure furba.
Ansa
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Beatrice Venezi (Imagoeconomica)
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