2018-04-21
La bomba marocchina: 25.000 «risorse» minorenni e criminali pronte a emigrare
Nel Paese nordafricano dilaga il fenomeno dei ragazzi di strada. Sono violenti e tentati dal terrorismo. E sognano di venire nella nostra Italia.In molte zone d'Italia gli immigrati vengono chiamati ancora tutti così, «marocchini». Anche se vengono dalla Tunisia, dalla Libia o magari dalla Nigeria o persino dal Bangladesh. Una reminiscenza delle prime ondate migratorie che investirono il nostro Paese. Anche se soppiantati da altre etnie più vitali nella dinamica migratoria, in realtà, i marocchini veri e propri non hanno mai smesso di venire in Europa. Anche perché, nel regno di Mohammed VI, c'è una vera e propria bomba sociale pronta a esplodere. Secondo l'Osservatorio nazionale dei diritti dei minori, ci sono ben 25.000 minorenni senza casa, abbandonati a sé stessi, su una popolazione complessiva di poco meno di 34 milioni di abitanti. Il dato non è nuovo, ma rischia di vedere ora amplificati i suoi effetti, in concomitanza con la crisi che attraversa l'intero Nord Africa. Sono ragazzi fuggiti di casa, figli di genitori separati o deceduti, o magari messi in ginocchio dalla povertà dilagante nel Paese, tutti attirati dalle grandi città come falene attorno a un lampione. E quando la vita nelle metropoli marocchine si rivela ancora più dura, fra gang di strada e traffici loschi, si sogna il grande salto. In effetti la gran parte di loro, pensando anche alle leggi italiane ed europee che tutelano i «minori non accompagnati», non vede l'ora di emigrare. Mohamed Taieb Bouchiba, corrispondente a Tangeri dell'Ong «Non toccate il mio bambino», intervistato da Le Monde, spiega: «Il loro denominatore comune è il sogno di partire». L'associazione Qulub alrahim, gruppo caritatevole che si occupa di aiutare i più svantaggiati, lo conferma: «Il 30% di coloro che aiutiamo è composto da minorenni. Ma non arriviamo ad aiutarli realmente, loro vogliono solamente partire per l'Europa», racconta il segretario generale dell'associazione, Hakima Komairi. Il che non è esattamente una buona notizia perché, spiega sempre Bouchiba a Le Monde, «dopo aver passato qualche giorno in strada, questi ragazzi diventano dei bulli. È difficile lavorare con loro, mentono sul nome, sull'indirizzo, sui genitori. Li mettiamo nei nostri centri, ma evadono sistematicamente». La parola «bulli» forse non rende l'idea, l'originale è caid, termine arabo che indica un capo, ma che sta anche a designare il boss, nel senso malavitoso del termine. Che questo fior fior di gentiluomini smani dalla voglia di venire a fungere da risorsa in Europa è confermato anche da Osama, vagabondo quindicenne e sniffatore di colla, che al quotidiano transalpino dichiara: «Non c'è lavoro in Marocco. Tra cinque giorni sarò in Spagna». Per i marocchini, l'Europa ha soprattutto i colori della bandiera rossa e oro, che sventola sotto il loro naso nelle enclavi di Ceuta e Melilla, spesso e volentieri prese d'assalto da gruppi enormi di immigrati venuti da tutta l'Africa. Ma le prospettive per l'Italia non sono necessariamente più rosee. Parallelamente alla contrazione del flusso migratorio lungo la rotta del Mediterraneo centrale, infatti, negli ultimi mesi si sono invece intensificati i traffici da Tunisia, Algeria e Marocco. Alla fine del 2017 sono stati 6.003 gli immigrati marocchini sbarcati in Italia (5.024 uomini, 557 donne, 99 minori accompagnati da uno o entrambi i genitori e 325 minori soli), con un incremento di oltre il 30% rispetto all'anno precedente. Secondo Frontex, nel 2017, i marocchini sono stati la prima nazionalità ad attraversare irregolarmente i confini per entrare in Europa utilizzando documenti falsi (803), ma anche la seconda nazionalità a ricevere il maggior numero di respingimenti lungo le frontiere europee. Ma tra i marocchini che finiscono in casa nostra non ci sono solo i tanti epigoni di Osama, lo sniffatore di colla. Il Marocco è anche uno dei maggiori «esportatori» di combattenti jihadisti, che il governo di Rabat, peraltro, lascia ben volentieri andare, limitando il pugno di ferro a chi prova a portare la jihad in casa. Tra marocchini e europei di origine marocchina, si calcola che negli anni scorsi si sia toccata anche la cifra di circa 2.500 foreign fighters. Giova del resto ricordare che tanto i fratelli Brahim e Salah Abdeslam, coinvolti negli attentati di Parigi, quanto Abdelhamid Abaaoud, mente anche degli attacchi di Bruxelles, ma anche la cellula della strage di Barcellona e infiniti altri islamisti macchiatisi di sangue innocente in questi anni sono proprio originari del Marocco. Da notare che, a dispetto delle pretese integraliste, gli islamisti marocchini non si fanno troppi problemi a gestire anche il narcotraffico. Tra le montagne del Rif, regione nel Nord del Paese, si produce la metà dell'hashish consumato a livello globale, 15.000 tonnellate, per un fatturato di circa 10 miliardi annui. Le tratte e le reti grazie alle quali la droga viene smerciata sono le stesse dei traffici di armi e di uomini e il tutto viene gestito da milizie definite narcojihadiste. Per le quali l'Europa resta una terra di conquista. In ogni senso possibile.
Andrea Sempio. Nel riquadro, l'avvocato Massimo Lovati (Ansa)
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