
I bianconeri hanno ceduto atleti di secondo piano, come Sturaro, Audero o Mandragora a società minori, intascando una fortuna. Il bilancio ne trae giovamento, ma le inseguitrici insinuano che siano affari sospetti. L'ottavo scudetto di fila è praticamente cosa fatta da settimane, la caccia al sogno Champions League, dopo l'epica rimonta casalinga con l'Atletico Madrid, è entrata nel vivo e potrebbe regalare il terzo (agognato) sigillo della storia. Eppure il risultato che esalta di più la dirigenza bianconera è quello del record messo a segno con le plusvalenze. Denaro che da una parte arricchisce sempre più le casse della Juventus e dall'altra deprime le storiche concorrenti che sono sempre costrette ad inseguire, sia sul campo sia nei bilanci. Da anni il calcio italiano vive una crisi economica profonda, dato che non ha più l'appeal di un tempo. Per cui una delle poche voci che permette ai club di guadagnare, oltre ai diritti televisivi, è proprio quelle delle plusvalenze. In questa stagione la Juve ha racimolato un tesoretto da 120 milioni di euro. I giocatori che ha venduto sono nomi di tutto rispetto, buoni talenti in prospettiva, atleti che però - attualmente - possono far le fortune soltanto di squadre minori. Ecco l'elenco: Alberto Cerri, di professione centravanti e golden boy del torneo di Viareggio 2014, è stato l'ultimo dei calciatori piazzati sul mercato dai bianconeri. L'attaccante è passato al Cagliari per la cifra di 9 milioni di euro. Tra i nomi più chiacchierati della lista c'è senza dubbio quello di Emil Audero, cresciuto nelle giovanili della Juventus e adesso portiere della Sampdoria. I blucerchiati lo riscatteranno per 20 milioni. Una somma di denaro che secondo alcuni osservatori non rispecchia il valore reale del giocatore. Con i suoi 22 anni è un portiere di prospettiva, ma forse 20 milioni sono davvero troppi. In questa «formazione» non poteva di certo mancare un esterno alto, in grado di dribblare e fare goal: Riccardo Orsolini, che il Bologna pagherà 7 milioni. All'Udinese è finito Rolando Mandragora, centrocampista «di quantità e qualità», come si usa dire di questi tempi, ceduto ai friulani per altri 20 milioni. Un capitolo a parte lo merita il Genoa di Enrico Preziosi - noto per il fiuto sui profitti, basti pensare a quelli sontuosi registrati per Pietro Pellegri e Krzysztof Piatek - che ha rilevato due calciatori transitati dalla Juve. Il primo è il ventunenne Andrea Favilli, cinque presenze totali e due assist, tesserato dai liguri per la considerevole somma di 12 milioni. E poi c'è il caso più famoso: Stefano Sturaro. Un tempo l'avrebbero definito mediano incontrista, con parole più moderne possiamo parlare di un centrocampista di quantità, più preparato in fase difensiva che in quella offensiva. Con una larga parte dei tifosi bianconeri, nelle sue tre stagioni a Torino, l'amore non è mai sbocciato. Il Genoa ha sborsato 18 milioni per averlo in rosa. Per essere precisi, l'obbligo di riscattare il giocatore per il club rossoblu è scattato immediatamente. Infatti le due società avevano concordato un pagamento anche se Sturaro non avesse collezionato neanche una presenza. Circostanza che a Marassi (e non solo) ha fatto gridare allo scandalo, dato che il giocatore è stato a lungo fermo per infortunio. Su Twitter si sono scatenati in tanti: «Sturaro torna al Genoa per 16,5 milioni. Nel 2014 secondo La Gazzetta il giocatore era stato pagato 5,5 milioni dalla Juve. Senza giocare mai il suo valore è triplicato. Giochi Preziosi», storceva il naso il noto giornalista sportivo Maurizio Pistocchi. Da segnalare anche un titolo del Romanista: «Diego Armando Mandragora», schiaffato in prima pagina l'estate scorsa per sottolinare i dubbi sui parametri dell'affare con l'Udinese. Sturaro tuttavia, sanremese di nascita, in parte ha picconato i dubbi sul proprio ingaggio segnando proprio contro la Juve nella partita del 17 marzo scorso, vinta dai genoani per 2-0. Match entrato negli almanacchi: ad oggi, l'unica sconfitta del campionato juventino. Nel frattempo le inseguitrici di fronte, alle plusvalenze bianconere, impallidiscono e provano invidia. Uno dei casi più eclatanti è quello della Roma, targata James Pallotta. L'imprenditore statunitense per ripianare i debiti della squadra ha sacrificato nel corso degli anni i pezzi più pregiati: Salah, Alisson e Nainggolan solo per citarne alcuni. Oppure l'Inter che proprio per arrivare al tatuatissimo mediano belga ha svenduto Nicolò Zaniolo ai giallorossi, che si fregano le mani pensando alla sua futura cessione. È andata leggermente meglio al Milan che nell'affare Bonucci ha ottenuto Caldara (due presenze stagionali, di cui una con la primavera) per 35 milioni. Scambi che però non stravolgono classifiche né libri contabili di questi club. Anzi, evidenziano tutto il vantaggio accumulato dalla Juve negli ultimi anni. D'altronde fare affari con la società degli Agnelli invoglia molti club che non si possono permettere grandi campioni. A Torino viene gestita la maggior parte dei giovani di prospettiva, dunque le compagini medie e piccole vengono coinvolte al fine di valorizzare i futuri campioni o - in alternativa - grazie ad esse si monetizza sui cartellini di calciatori che non rientrano più nei progetti bianconeri. Forse, non fossero giocatori della Juve, riceverebbero una minore considerazione. Il fenomeno delle plusvalenze, in sostanza, sta proliferando. Tanto che lo stesso Gabriele Gravina, presidente della Figc, intervenuto alla Domenica Sportiva, ha puntato l'attenzione su una pratica pericolosa: «È nostro compito», ha dichiarato il numero uno del calcio italiano, «attenzionare plusvalenze e scambi sospetti. Tutti gli scambi senza finanza vanno segnalati alla Procura e segnaleremo alla società di revisione se alcuni elementi danno sospetti, facendole intervenire. E obbligheremo una svalutazione della plusvalenza fittizia». Insomma il mondo del pallone deve porre regole chiare e trasparenti sulle plusvalenze che sono una delle ultime fonti di ricavo per i nostri club.
Donald Trump (Ansa)
Il presidente Usa prende pubblicamente le distanze dalla deputata anti sistema Marjorie Taylor Greene. Per ora si tratta di frizioni sotto controllo, ma in vista delle primarie del 2028 la lotta si annuncia feroce.
Terremoto nel mondo Maga. Venerdì, Donald Trump ha platealmente revocato il proprio endorsement a colei che, un tempo, era uno dei suoi più ferrei alleati: la deputata repubblicana Marjorie Taylor Greene. «Ritiro il mio sostegno e il mio endorsement alla “deputata” Marjorie Taylor Greene, del Grande Stato della Georgia», ha dichiarato il presidente americano su Truth. «Tutto ciò che vedo fare alla stravagante Marjorie è lamentarsi, lamentarsi, lamentarsi!», ha proseguito, sostenendo che la Greene si sarebbe offesa per non riuscire più a parlare al telefono con lui. «Non posso rispondere ogni giorno alla chiamata di una pazza che si lamenta», ha continuato il presidente, che ha anche accusato la deputata di essersi spostata su posizioni di «estrema sinistra».
Franco Zanellato
Lo stilista Franco Zanellato: «Il futuro? Evolvere senza snaturarsi e non inseguire il rumore, ma puntare su qualità e coerenza. Nel 2024 abbiamo rinnovato il marchio partendo dal Dna. Il digitale non è più soltanto un canale di vendita».
C’è un’eleganza silenziosa nel successo di Zanellato. In un panorama della moda che cambia rapidamente, tra nuove sensibilità e mercati in evoluzione, il brand fondato da Franco Zanellato continua a crescere con coerenza e autenticità, restando fedele ai valori del Made in Italy e a un’idea di lusso discreto e consapevole. Partito da Vicenza, ha saputo trasformare l’azienda di guanti di famiglia, in un luxury brand conosciuto in tutto il mondo. L’iconica Postina, simbolo di una femminilità raffinata e senza tempo, oggi dialoga con tre nuove borse che ampliano l’universo creativo della maison, interpretando con linguaggio contemporaneo il concetto di «Arte e mestieri» che da sempre ne definisce l’identità. Una visione che piace e convince. A trainare questa crescita, il mercato italiano e la piattaforma e-commerce, ma soprattutto una strategia che mette al centro la ricerca, l’equilibrio tra tradizione e innovazione, e un dialogo sempre più diretto con le donne che scelgono Zanellato per ciò che rappresenta: autenticità, bellezza, rispetto dei tempi e dei gesti, una filosofia che unisce artigianalità e design contemporaneo sempre vincente. Ne abbiamo parlato con Franco Zanellato per capire come si spiega questo successo e quale direzione prenderà l’azienda nei prossimi anni.
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Proviene dal «maiale degli alberi»: dalle foglie alla corteccia, non si butta niente. E i suoi frutti finiscono nelle opere d’arte.
Due sabati fa abbiamo lasciato la castagna in bocca a Plinio il Vecchio e al fior fiore dell’intellighenzia latina, Catone, Varrone, Virgilio, Ovidio, Apicio, Marziale, i quali hanno lodato e cantato il «pane dei poveri», titolo ampiamente meritato dal frutto che nel corso dei secoli ha sfamato intere popolazioni di contadini e montanari.
Albert Bourla (Ansa)
Il colosso guidato da Bourla vende una quota della sua partecipazione nella casa tedesca. Un’operazione da 508 milioni di dollari che mette la parola fine sull’alleanza che ha dettato legge sui vaccini anti Covid.
Pfizer Inc vende una quota della sua partecipazione nella casa farmaceutica tedesca Biontech Se. Il colosso statunitense offre circa 4,55 milioni di American depositary receipts (Adr) tramite un collocamento accelerato, con un prezzo compreso tra 108 e 111,70 dollari per azione. L’operazione porterebbe a Pfizer circa 508 milioni di dollari, segnala la piattaforma di dati finanziari MarketScreener.






