2025-03-12
«Sulla Difesa investimenti privati». La linea dell’Italia ottiene consensi
Giorgia Meloni ha ricevuto ieri a Palazzo Chigi il primo ministro della Danimarca Mette Frederiksen (Ansa)
I paletti di Giorgetti al vertice Ecofin: «Non possiamo tagliare sanità e servizi, si punti su garanzie pubbliche per mobilitare 200 miliardi dai privati». L’omologo francese lo appoggia, il commissario Dombrovskis apre.Ue bacchettata sui fondi per il Covid. Bruxelles ha scritto norme opache e gli Stati hanno speso male i soldi. Lo dice la Corte dei conti europea, che sottolinea i ritardi nell’erogazione dei denari e i pochi controlli.Lo speciale contiene due articoli.L’Italia sta correggendo il piano di riarmo dell’Europa targato Ursula von der Leyen. Ieri il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, ha sottoposto ai colleghi dell’Ecofin riuniti a Bruxelles la proposta messa a punto dal governo guidato da Giorgia Meloni, e ha espresso con estrema chiarezza le perplessità dell’Italia sul piano originario. L’apprezzamento per la proposta italiana è stato pressoché unanime.«L’Italia», ha premesso Giorgetti, «non può concepire il finanziamento della difesa a scapito della spesa sanitaria e dei servizi pubblici. Sarebbe inaccettabile. Quando le esigenze di finanziamento saranno chiaramente definite, l’Italia farà la sua parte, prima però occorre definire ciò che è necessario». La proposta italiana consiste nello stimolare investimenti privati per rafforzare la difesa europea, con garanzie pubbliche a fare da scudo agli investitori. Lo strumento esiste già, è quello di InvestEu: «Dobbiamo migliorare significativamente», ha spiegato Giorgetti, «le sinergie tra risorse nazionali e livello europeo. Siamo quindi favorevoli al rafforzamento di InvestEu per la difesa, per accrescere la sua capacità di attrazione di investitori privati, e per il suo appetito per il rischio. In tal senso abbiamo elaborato la proposta di European Security Industrial Innovation Initiative: in estrema sintesi, si tratta di un fondo di garanzia in più tranche che ottimizza l’utilizzo delle risorse nazionali ed europee con l’obiettivo di convogliare in modo più efficace i capitali privati e con una spesa pubblica contenuta, un fondo di garanzia di circa 16 miliardi di euro potrà mobilitare fino a 200 miliardi di investimenti industriali aggiuntivi in linea con le migliori pratiche di InvestEu e prima del Fondo europeo per gli investimenti strategici». Difesa intesa in senso ampio, non solo cannoni e proiettili ma tecnologie che, sviluppate in ambito militare, possono poi essere destinate anche all’uso civile: «L’iniziativa che proponiamo», ha puntualizzato Giorgetti, «punta in modo mirato sul sostegno della base tecnologica e al tessuto industriale europeo nei settori strategici della Difesa, delle tecnologie dual use della protezione delle figure critiche, dei dati e delle infrastrutture essenziali». Giorgetti ha anche messo nero su bianco le perplessità dell’Italia sull’impostazione originaria del piano e sulle ricadute sul debito pubblico dei singoli Stati: «Dobbiamo anche chiarire», ha infatti sottolineato, «la portata e la durata della clausola di salvaguardia poiché la maggior parte degli investimenti nella Difesa si estende su molti anni e il loro impatto sui conti pubblici può apparire solo a lungo termine». Le reazioni sono state estremamente positive: «La proposta italiana», ha commentato il ministro delle Finanze polacco Andrzej Domanski, alla presidenza di turno Ue, in conferenza stampa al termine del Consiglio Ecofin, «è stata accolta favorevolmente, ora andrà discussa con la Commissione europea ma dal punto di vista della presidenza Ue il messaggio è che ci serve una forte Unione dei mercati dei capitali per finanziare queste nuove necessità». «Il ministro italiano Giorgetti ha fatto una proposta che troviamo molto interessante», ha detto all’Ansa il ministro delle Finanze francese Éric Lombard, «perché mira a mobilitare il risparmio privato con una garanzia: ci sarebbe una garanzia di primo grado e della Commissione europea. Troviamo questa iniziativa interessante e l’ho detto pubblicamente di fronte a tutti i miei colleghi», ha aggiunto Lombard, «vorremmo che venisse studiata perché il fatto di mobilitare denaro privato con la garanzia della Commissione ci sembra davvero una risposta interessante». A quanto apprende La Verità da fonti europee, al di là delle dichiarazioni ufficiali il problema dell’indebitamento pubblico preoccupa la maggior parte degli Stati, e quindi Giorgetti ha dato voce a perplessità generali. Non a caso anche il commissario Ue all’Economia Valdis Dombrovskis ha aperto alla proposta. Fratelli d’Italia ha proposto inoltre, con un emendamento, di cambiare il nome del piano, da «ReArm Europe» a «Defend Europe». «Non si tratta di una questione nominalistica ma di sostanza», hanno spiegato i firmatari dell’emendamento, Carlo Fidanza, capodelegazione Fdi, Elena Donazzan, vicepresidente Commissione Industria, e Alberico Gambino, vicepresidente Commissioni Sicurezza e Difesa, «come ha ben spiegato Giorgia Meloni, questo piano non dovrà occuparsi soltanto di aumentare la capacità militare dell’Europa ma anche di incrementare la capacità di rispondere a tutte le minacce ibride alle nostre società: dalla cybersicurezza alla protezione delle infrastrutture critiche nel campo dell’energia e delle comunicazioni». Palese anche la volontà di cambiare un nome, «ReArm Europe», che sembra scelto apposta per favorire la propaganda di chi vi si oppone. Infine, un’altra proposta di Giorgia Meloni sembra aver fatto breccia in Europa, quella di contabilizzare le maggiori spese per la Difesa sostenute dai singoli Stati europei anche nell’ambito della Nato.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/italia-sulla-difesa-investimenti-privati-2671309359.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="ue-bacchettata-sui-fondi-per-il-covid" data-post-id="2671309359" data-published-at="1741742760" data-use-pagination="False"> Ue bacchettata sui fondi per il Covid La Corte dei conti europea bacchetta i Paesi membri. I fondi pari a 650 miliardi (Recovery and Resilience Facility - Rrf) stanziati per superare la fase pandemica sono stati utilizzati male, con gravi ritardi e sono sottoposti a un sistema di controlli che fa acqua da tutte le parti. L’obiettivo di fornire un sostegno per superare la drammatica stagione del Covid non è stato centrato e la Ue ha mostrato ancora una volta i deficit strutturali nell’organizzazione e nel monitoraggio dei finanziamenti comunitari. Questa è la principale conclusione della relazione speciale pubblicata ieri dalla Corte dei conti europea. Sebbene la Commissione e gli Stati membri abbiano intrapreso azioni per ovviare ai ritardi, il completamento delle misure e, quindi, il conseguimento degli obiettivi del Rrf rimangono a rischio. Inoltre il regolamento di tali finanziamenti non prevede la possibilità di recuperare i fondi se le misure non sono completate. I giudici contabili poi sottolineano che i finanziamenti erogati agli Stati membri non riflettono necessariamente il numero e l’importanza dei traguardi e degli obiettivi conseguiti. Quindi ci sarebbe un gap tra quanto è stato stanziato e i risultati raggiunti. L’inadempienza dei Paesi non finisce qui. I sistemi di controllo applicati in alcuni Paesi dell’Ue presentano debolezze significative. Inoltre, le verifiche della Commissione sono lacunose sotto il profilo dell’ambito di applicazione. Di conseguenza, è possibile che i fondi per la ripresa dalla Covid finanzino misure che non sono state sottoposte a validi controlli sugli appalti pubblici e sugli aiuti di Stato, avverte la Corte dei conti europea. Eppure i 27 Stati membri dell’Ue dovrebbero garantire il rispetto della normativa europea e nazionale, comprese le norme in materia di appalti pubblici e di aiuti di Stato. A tal fine, dovrebbero fare delle verifiche per accertare l’efficacia dei sistemi utilizzati. La Commissione europea, dal canto suo, deve ottenere la garanzia che gli organismi nazionali verifichino in maniera regolare ed efficace il rispetto delle norme applicabili. «Il mancato rispetto delle norme in materia di appalti pubblici e di aiuti di Stato costituisce un problema persistente nella spesa a carico del bilancio dell’Ue e al principio né la Commissione europea né gli Stati membri hanno concentrato abbastanza l’attenzione sul problema», ha affermato Jorg Kristijan Petrovič, il membro della Corte responsabile dell’audit. «Con centinaia di miliardi di euro ancora da investire fino alla fine del 2026, la Corte si augura che il proprio audit contribuisca a tutelare in maniera più efficace gli interessi finanziari dell’Ue». Sebbene la normativa ammetta diversi sistemi di controllo, l’organismo europeo ha rilevato debolezze in quelli relativi agli appalti pubblici. Le autorità nazionali hanno avuto difficoltà in termini di copertura, qualità e tempistica delle verifiche. Secondo i magistrati contabili questa carenza è da attribuire alla scarsa chiarezza delle norme, dato che i Paesi dell’Ue non hanno ricevuto orientamenti dettagliati su come eseguire i controlli per verificare il rispetto delle norme Ue in materia di appalti pubblici e di aiuti di Stato. Di conseguenza, il lavoro di audit della Commissione si è concentrato inizialmente sulle frodi e sui conflitti di interessi, piuttosto che sulla conformità alle norme riguardanti appalti pubblici e gli aiuti di Stato. Da allora la Commissione ha migliorato la propria strategia di audit, ma gli auditor della Corte hanno comunque riscontrato delle criticità. Ad esempio, le verifiche effettuate sui sistemi di controllo degli appalti pubblici non sono state ugualmente approfondite in tutti i Paesi che hanno ricevuto finanziamenti.
Il giubileo Lgbt a Roma del settembre 2025 (Ansa)
Mario Venditti. Nel riquadro, da sinistra, Francesco Melosu e Antonio Scoppetta (Ansa)