2025-05-27
L’Italia allarga il fronte dei ribelli per smontare l’impalcatura verde
Mentre i trattori tornano a marciare per contestare i dogmi Ue, Roma si oppone all’accorpamento dei fondi Pac nel prossimo bilancio. Con lei ci sono la Grecia e altri 15 Paesi. L’Austria va all’attacco della legge Natura.Pronto il ricorso dell’Emilia-Romagna contro il mega impianto eolico che la Toscana vuole piazzare al confine. Fdi: «Perché Giani non lo costruisce fuori Firenze?».Lo speciale contiene due articoli.La presidente della Commissione europea deve essersi allenata facendo sparire i suoi messaggini con il capo di Pfizer, Albert Bourla, al tempo dei vaccini imposti e così continua con il gioco delle tre carte. Se da una parte ha promesso di raffreddare l’impatto del Green deal, ma in realtà mantiene intatto l’impianto e le scadenze dettate dall’ideologia verde in danno soprattutto degli agricoltori, dall’altra è intenzionata a togliere soldi ai contadini per destinarli ai carri armati. Diceva il compianto presidente della Repubblica Sandro Pertini: «Vuotiamo gli arsenali e riempiamo i granai». A Bruxelles invece i grani stanno indigesti. E per ora Von der Leyen dovrà fare i conti con i cingoli sì, ma dei trattori. Coltivatori di oltre 20 Paesi Ue sono tornati in piazza a Bruxelles, tra Schuman e Rue de la Loi, con i loro trattori per gridare il proprio dissenso. Sotto lo slogan «The Eu House of cards» («L’Ue è un castello di carte»), le sigle locali supportate dalla Copa Cogeca hanno chiesto garanzie concrete sul mantenimento di un bilancio adeguato per le aziende agricole, opponendosi con decisione a un unico fondo nazionale che, a loro giudizio, rischia di smantellare la Pac. E per dirla alla francese ce n’est que un debut, perché in tutta Europa e soprattutto ai confini con l’Ucraina gli agricoltori sono pronti alla rivolta. Le ragioni sono essenzialmente due: i pesi eccessivi che ancora derivano dall’applicazione del Green deal; la messa in discussione della politica agricola. Di questo secondo aspetto si è discusso ieri nel corso di Agrifish (è il consiglio europeo dei ministri agricoli), in cui il commissario all’Agricoltura, Christophe Hansen, ha illustrato ciò che Ursula von der Leyen vuole; unire i fondi dell’agricoltura con quelli di coesione in un’unica voce di finanziamento che viene erogato ai singoli Paesi secondo piani nazionali. Si sa che la Von der Leyen spinge perché i Paesi attingano dai fondi di coesione i soldi per il Rearm Europe. Immediata la risposta dell’Italia con il ministro della Sovranità alimentare, Francesco Lollobrigida, che si è messo alla testa di un gruppo di Paesi che respinge questa ipotesi. Sottolinea Lollobrigida: «Siamo del tutto contrari allo spezzettamento delle politiche agricole. Noi crediamo che la sovranità alimentare europea si debba raggiungere garantendo la produzione e lasciando flessibilità alle singole nazioni. Oggi l’Italia insieme alla Grecia ha detto no all'accorpamento dei fondi per l'agricoltura e per la pesca in un fondo unico europeo. Alla nostra posizione si sono aggiunte altre quindici nazioni, è un grande successo». Al fianco di Roma c’è infatti la Francia e che ha l’adesione di Austria, Belgio, Croazia, Cipro, Repubblica Ceca, Ungheria, Irlanda, Portogallo a cui si è unita anche la Spagna. Nel documento si afferma: «La Commissione europea deve rispettare e mantenere una linea di finanziamento coerente e dedicato per l’agricoltura e la pesca nel prossimo bilancio comune Ue per il 2028-2034, per salvaguardare il buon funzionamento delle politiche comuni dell’Ue». Sul fronte della Pac c’è un’altra fortissima contestazione che viene da Est. I Paesi che confinano con l’Ucraina - Polonia, Ungheria, Bulgaria, Romania, Slovacchia - sono contrari all’adesione di Kiev all’Ue. Gli agricoltori protestano per il dumping che grano, mais e olio di girasole ucraini fanno ai loro prodotti. Le organizzazioni agricole di quei Paesi stimano che il l’ingresso dell’Ucraina potrebbe sottrarre fino a 100 miliardi dai fondi Pac sul finanziamento pluriennale (5 anni) complessivo, pari a 270 miliardi. Ed è forse per mitigare l’impatto di queste contestazioni che la Commissione sta facendo il gioco delle tre carte sul Green deal. È vero che ha sospeso alcune norme capestro come le condizionalità agricole previste inizialmente nel Farm to fork, ma è tornata alla carica con la legge sulla rinaturalizzazione e con quella per la deforestazione. La Commissione si prepara a presentare a giugno la proposta legislativa sul target climatico al 2040. L’obiettivo resta la riduzione del 90% entro il 2040, ma pare che la Von der Leyen sia disposta a concedere ai singoli Paesi una loro via al raggiungimento del target anche utilizzando i rimedi «naturali» di assorbimento della CO2: dalle foreste all’agricoltura. Si tratta di una falsa apertura perché Bruxelles insiste sulla legge per la deforestazione, che sia pure fatta slittare a fine di quest’anno, ma resta un pilastro del Green deal. Stavolta Austria e Lussemburgo sono alla testa di 11 Paesi - tra cui l’Italia - che chiedono una totale revisione della legge. Sostengono che «i requisiti imposti agli agricoltori e ai silvicoltori rimangono elevati, se non addirittura impossibili da attuare. Sono sproporzionati rispetto all’obiettivo d’impedire la deforestazione laddove si verifica realmente». L’Italia in quanto a foreste è tra i primi della classe: il 37% del nostro territorio - pari a oltre 11 milioni di ettari - è coperto da boschi in costante aumento. Ma Bruxelles fa finta di non saperlo. I trattori sono pronti a ricordarglielo.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/italia-ribelli-smontare-limpalcatura-verde-2672208412.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="eolico-sfida-al-tar-tra-regioni-rosse" data-post-id="2672208412" data-published-at="1748298284" data-use-pagination="False"> Eolico, sfida al Tar tra regioni rosse Di rinvio in rinvio, bisognerà aspettare gli inizi di giugno per sapere se «Badia del vento», il parco eolico che prevede sette aerogeneratori alti come grattacieli sarà autorizzato. Il progetto prevede l’installazione di pale eoliche alte 180 metri nel territorio di Badia Tedalda, nella Valtiberina in provincia di Arezzo, lungo il crinale di confine tra la Toscana e l’Emilia-Romagna. Al ministero dell’Ambiente sono depositati i progetti di altri parchi eolici nella stessa zona, fino ai confini con le Marche: una decina di impianti proposti da società specializzate in produzione di energia eolica, e che prevedono in totale oltre 70 aerogeneratori svettanti su quegli ampi crinali che ispirarono Piero della Francesca ma anche Leonardo per la sua Gioconda. A minacciare il blocco del parco toscano attraverso un ricorso al Tar, ma, assicura, non per la sindrome «nimby» (not in my backyard), è il governatore della confinante Emilia-Romagna, Michele De Pascale, che non ha trovato il collega toscano Eugenio Giani sulla sua stessa lunghezza d’onda. Nei giorni scorsi, infatti, Giani ha spiegato in tv: «Dobbiamo arrivare al 70% di energie da fonti rinnovabili in cinque anni. Dal momento che il sindaco di Badia Tedalda dice sì, non vedo perché dovrei impedire la costruzione di un sistema di pale eoliche. Io ritengo di poter dire sì a Badia del vento. Il progetto poi si potrà aggiustare. Ma non si può sempre dire no. Le vogliamo le energie rinnovabili o no? Se ci sono le condizioni io ritengo di dover fare delle scelte. Poi ci ringrazieranno...». Ma l’Emilia-Romagna ha bocciato il progetto anche e soprattutto per le «conseguenze negative su ambiente, territorio, fauna», oltre che sul paesaggio. A rischio, secondo comitati e associazioni e la stessa Regione, la sopravvivenza di aquile reali e di altri animali oltre al pericolo di frane e problemi idrogeologici. «Il nostro parere negativo per il progetto», ha specificato De Pascale, «è legato al forte impatto che quest’opera avrà in un territorio particolarmente tutelato per la sua importanza paesaggistica e per il suo valore ambientale». La Toscana ha già detto no ai maxi impianti eolici in Maremma e nelle aree del Montalcino ma ora in nome del cambiamento climatico, anche se l’Italia, produce meno dell’1% delle emissioni globali, per le rinnovabili «litiga» con l’altra regione roccaforte rossa e ambientalista doc, mentre la stessa Legambiente toscana difende un progetto che cambierà inevitabilmente il paesaggio «ma di fronte l’impatto della crisi climatica che ha già devastato l’Appennino tosco-romagnolo è bene non ostacolare le rinnovabili». «Siamo anche noi per la transizione energetica, ma per certi impianti di fonti rinnovabili bisogna prima individuare le aree adeguate», ha detto il sindaco di Rimini e presidente della provincia, Jamil Sadegholvaad. «Ho una simpatia politica e umana per Giani ma le sue recenti dichiarazioni sull’eolico non sono la sua presa di posizione migliore. Noi non siamo quelli che dicono sì alle energie rinnovabili a patto che gli impianti non ricadano sul nostro territorio. Ma la Valmarecchia è un territorio fragile». «Al presidente Giani vorrei chiedere come mai non realizza le pale eoliche sulle colline vicino a Firenze?», ha rincarato Nicola Marcello, consigliere regionale di Fdi. «A ogni modo, alla luce delle recenti sentenze del Tar sugli impianti eolici, la palla ora tornerà al governo e credo che la Regione Toscana non avrà vita così facile nel portare avanti lo scempio di Badia del vento. Gli impianti vanno realizzati con buon senso, nelle aree idonee. Lotteremo contro ogni forma di sfruttamento del territorio a vantaggio di società che hanno come loro unico scopo il business». E mentre lo scontro istituzionale tra due governatori dello stesso partito, il Pd, rischia di passare dalle aule regionali a quelle dei tribunali, De Pascale sta lavorando a un asse con il governatore Francesco Acquaroli di Fdi. La Regione Marche per il momento ha evitato dichiarazioni pubbliche, ma alcuni sindaci marchigiani hanno già assicurato: «Non staremo né zitti né fermi».
Brunello Cucinelli (Ansa)
Emmanuel Macron e Friedrich Merz (Ansa)
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