
Rapper, personaggio tv e ora memorialista, Fedez si mette a nudo in un libro sorprendente: «Ho dovuto distruggere tutto per ripartire. Quando avevo il cancro Salvini mi scriveva costantemente per sapere come stessi. Persone come Conte o Di Maio sono sparite».Forse la candidatura al Premio Strega, come auspica in un’overdose di entusiasmo Mario Adinolfi, non è l’approdo più naturale del nuovo libro di Federico Leonardo Lucia noto come Fedez. Non lo è per due motivi. Perché è assai probabile che il suo autore non ci tenga particolarmente. E perché la più importante competizione letteraria italiana è l’apoteosi dell’amichettismo, linfa dei circoli editoriali nostrani. E, considerato il disincanto con cui il rapper descrive il mondo musicale - case discografiche, manager e agenti - è verosimile che, allo stesso modo, diffidi dei codici di quello editoriale.Ciò detto, Adinolfi ha ragione quando afferma che L’acqua è più profonda di come sembra da sopra (Mondadori) è un grande libro. Una messa a nudo di un’anima tormentata e in costante eruzione. Una confessione sincera. Un’autobiografia senza filtri e reticenze. Un flusso di coscienza scritto in un italiano privo di manierismi. Sul nostro giornale abbiamo spesso aspramente criticato il personaggio per le intemperanze, le finte trasgressioni, i narcisismi esasperati, le prese di posizione preconcette e violentemente faziose. Tutte situazioni assai indigeste, dalle dichiarazioni ambigue sulla legge Zan agli insulti ai politici del governo Meloni fino al bacio gay sul palco dell’Ariston con Rosa Chemical. Ma qui siamo di fronte a una svolta perché in queste pagine s’intravede un cambiamento. Una maturazione, forse. «Una storia, quando ci sei in mezzo, non è una storia, è solo caos, confusione», riflette Fedez. «È soltanto dopo che diventa una storia, che prende una forma. È quando la racconti a te stesso o a qualcun altro. Perché di certi demoni ci si libera soltanto raccontandoli». La scrittura è presa di coscienza e, a un tempo, liberazione. Una confessione strategica? Fatta per soldi? «Forse è vero, non m’importa», ammette lui. «Ma ha senso se anche solo una persona», dopo averla letta, «si sentirà meno sbagliata, imperfetta, fallita soltanto perché il mondo intorno urla che lo è».Finora Fedez ha attraversato un’infanzia complicata, l’esperienza del bullismo subito (e replicato), l’adolescenza nei centri sociali, il successo fin dai primi rap, l’assunzione selvaggia di sostanze, la popolarità travolgente (anche per lui), lo star system, una serie tv sulla sua vita di coppia, il cancro, la depressione, gli psicofarmaci, il pessimo Sanremo 2023, quello in cui c’era anche Chiara Ferragni, lo scandalo del pandoro e la separazione, il pensiero del suicidio, la politica e la vicinanza a Beppe Grillo e Gianroberto Casaleggio, la filantropia ai tempi del Covid, la frequentazione a sorpresa di esponenti di destra, il podcast più seguito d’Italia e il rapporto controverso con alcuni giornalisti in auge.Dopo e a causa di tutto questo, il personaggio è finalmente diventato persona? Aver sfiorato l’autodistruzione può produrre un nuovo inizio. Riflettendo a voce alta, citando inconsapevolmente Blaise Pascal e l’incapacità dell’uomo «di stare in pace da soli in una camera», Fedez riconosce che «l’incapacità di essere soli non è più un tratto patologico, è diventata una condizione antropologica. Una forma di panico diluita nella normalità. Non riusciamo a stare soli. Neanche per un’ora. Ci troviamo nei soliti posti. Siamo tutti là fuori a evitare qualcosa. A fingere di divertirci, a prenderci in giro, a raccontare storie che non finiscono mai... Nessuno dice che stare soli fa paura». Grande presa di coscienza, maturata dopo un’infinità di sconfitte e delusioni.Dopo una fase di avvicinamento al M5s, alla «Notte dell’onestà» in piazza del Popolo a Roma si consuma il distacco. Il rapper interviene davanti a 100.000 persone dicendo che avrebbe preferito una manifestazione senza simboli di partito. Grillo s’incazza e si consuma la rottura. È rottura anche con Matteo Renzi, alla prima cinematografica di un film tratto dal Codice da Vinci di Dan Brown, dove si fa sentire mentre dice che «Renzi ha fatto un discorso stupido». Mai decollato il rapporto con Alessandro Zan, sebbene Fedez venisse dipinto come «Federico Arcobaleno» perché aveva criticato la bocciatura della proposta di legge nella commissione presieduta dal leghista Andrea Ostellari. «La verità», scrive, «è che non ho mai detto: “La legge Zan è una bomba”. Per me era un provvedimento scritto male. Non ho grande stima di Alessandro Zan, credo che reciti una parte e, quando gli chiedi di partecipare a un confronto con Adinolfi, lui non lo fa… Perché lo teme. Dialetticamente Adinolfi lo uccide». La morale è la seguente: la sinistra ti usa. «Chiaro, tutti in politica ti usano, ma quantomeno la destra, umanamente parlando, sa relazionarsi con le persone. Molti politici di destra sanno parlarti da persona a persona, mentre gli uomini di sinistra ti spolpano e dopo ti voltano le spalle… Ho sempre avuto rapporti umani con persone che, nei fatti, hanno idee diverse dalle mie. Quando mi sono ammalato di cancro, per esempio, Salvini è stato quello da cui sentivo, quando mi scriveva, della vera empatia… Per un mese, ogni settimana mi ha scritto per sapere come stavo. Il che non cambia la mia valutazione rispetto al Salvini politico, ma cambia la mia valutazione rispetto al Salvini uomo. Persone con cui avevo rapporti migliori invece non ci sono state: Di Maio, Conte, non pervenuti».Nella sua spogliazione, racconta anche com’è franata l’unione con Chiara Ferragni. Come, fin dall’inizio, abbia mantenuto la relazione nascosta con Angelica. E poi come si è passati dalla favola all’incubo, dall’essere le persone più famose d’Italia dietro al solo Silvio Berlusconi (parola del Cav medesimo) all’ammissione di provenire da mondi, famiglie ed estrazioni sociali inconciliabili. Il luccichio glitterato altoborghese e la ruvidità del mondo trap. Il lusso patinato e la frequentazione di malviventi. E come, dopo quel Sanremo, il cancro, lo scandalo del pandoro e i tradimenti si è arrivati alla rottura. «Io e mia moglie eravamo diventati nel frattempo una specie di famiglia icona pop, un fenomeno di costume, la più ingombrante favola mediatica della nostra epoca. Il grande amore. L’unione perfetta. Uno di quei trucchi di prestigio che, se li guardi bene, ti accorgi che non c’è niente di magico, solo tanta fatica, e colla, e molte mani dietro al sipario. E allora sì, a un certo punto ho voluto mostrare i fili. I meccanismi. Le crepe… Ho incontrato Angelica poco prima di sposarmi con Chiara. Era un sentimento forte, sì, qualcosa che ti prende il petto e ti fa sanguinare».Alla fine, in fondo alla notte lontano da tutto e da tutti, alla fine di questa «radiografia dell’anima» emerge la consapevolezza di non essere un esempio né un eroe. «Non sono neanche un uomo buono», ammette, se qualcuno l’avesse caso mai ipotizzato. «Sono uno che ha perso il controllo e che ha dovuto imparare a camminare sulle macerie. E prima di ricostruire ha dovuto distruggere tutto. Radere al suolo. Mettere le mani nella merda e dire: ok, vediamo se c’è ancora qualcosa di vivo qui sotto… Perché cambiare è uno sforzo da bestia. È scavarsi via le unghie, è spaccarsi in due, è dire addio a un pezzo di vita solo perché non ti salva più». Speriamo sia davvero così, caro Fedez. E, soprattutto, speriamo che questa nuova consapevolezza sia sufficiente per ricominciare.
2025-11-04
Addio a Giorgio Forattini, artista maestro della satira: «I migliori comunisti sono i ricchi»
Giorgio Forattini (Ansa)
Il vignettista è morto oggi a Milano e nell’arco di una vita ha assemblato un mosaico fatto di 14.000 caricature che hanno graffiato Papi, leader e capi di Stato. Collaborò con «Repubblica», «Il Giornale» e «Panorama».
All'interno una selezione di strisce riprese dai numeri di «Panorama» degli anni 1992, 1997, 2001, 2003.
Getty Images
L’indignazione per gli slogan cantati da quattro ragazzotti è la prova che la caccia al «male assoluto» è ormai ridicola.
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In Pluribus, da venerdì 7 novembre su Apple Tv+, Vince Gilligan racconta un mondo contagiato da un virus che cancella le emozioni e il conflitto. Un’apocalisse lucida e inquieta, dove l’unica immune difende il diritto alla complessità umana.
Massimo Recalcati (Ansa)
Massimo Recalcati osa mettere in dubbio la battaglia per le lezioni di affettività e sessualità a scuola, tanto care all’universo progressista cui appartiene anche lui. E subito «Repubblica» rimette in riga il compagno che sbaglia: «La realtà non la decide Valditara».






