2023-05-23
Italia in pressing per gli aiuti alla Tunisia
Antonio Tajani ha portato il dossier all’attenzione del Consiglio Affari esteri di Bruxelles. «Obiettivo: una strategia europea sui flussi migratori che non penalizzi il nostro Paese». E non spinga Tunisi verso Cina e Russia. Slittano le decisioni su F16 e sanzioni a Mosca. Nuova democrazia mira al voto ravvicinato e rafforza il Ppe. Linea comune Atene-Roma. Lo speciale contiene due articoli.La stabilizzazione della Tunisia continua a essere al centro delle preoccupazioni della Farnesina. Non a caso, il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, ha portato questo dossier all’attenzione del Consiglio Affari esteri dell’Unione europea, tenutosi ieri a Bruxelles. «Siamo riusciti finalmente a trasformare il dibattito sulla Tunisia in una vera disponibilità ad affrontare in maniera pragmatica la situazione del Paese, che per noi è fondamentale per garantire stabilità nell’area, ma anche per contrastare i flussi di immigrati irregolari che partono soprattutto dal porto di Sfax», ha dichiarato il titolare della Farnesina a margine del Consiglio. «Grazie alle nostre insistenze, e grazie alla nostra azione, sono cambiate molte cose, quindi siamo soddisfatti», ha proseguito. Riferendosi poi specificamente al tema dei flussi migratori, ha aggiunto: «Bisogna avere una strategia europea complessiva che non penalizzi il nostro Paese. Stiamo lavorando e voglio essere ottimista». Sempre ieri, Tajani aveva avuto anche un incontro con gli omologhi del Ppe, per parlare del problema della stabilità in Nord Africa e di altri dossier, come la guerra in Ucraina, i Balcani occidentali, la crisi sudanese e la preparazione di una conferenza sulla Siria. Non è d’altronde un mistero che Roma sia in pressing su Bruxelles per sbloccare gli aiuti finanziari, volti alla stabilizzazione della Tunisia. Ricordiamo che, nelle scorse settimane, l’Ue ha stabilito che non garantirà tali aiuti prima che venga concesso il prestito da 1,9 miliardi di dollari che Tunisi aveva negoziato con il Fondo monetario internazionale: prestito che il Fmi ha tuttavia subordinato all’implementazione di riforme che il presidente tunisino, Kais Saied, non sembra intenzionato ad adottare. Negli ultimi mesi, il governo italiano ha più volte auspicato un atteggiamento meno rigido sia da parte del Fmi sia da parte di Bruxelles, sottolineando la necessità di salvaguardare la stabilità di Tunisi, per evitare delle conseguenze nefaste. Una linea, ribadita dalla stessa Giorgia Meloni durante il recente summit G7 di Hiroshima. «La Tunisia è in una situazione difficilissima, una fragilità politica evidente e un rischio di default finanziario dietro l’angolo», aveva dichiarato il presidente del Consiglio sabato. «Abbiamo una trattativa fra il Fmi e la Tunisia di fatto bloccata. C’è una certa rigidità del Fmi di fronte al fatto che non si sono ottenute dal presidente Saied tutte le garanzie che sarebbero necessarie. È comprensibile da un lato, dall’altro siamo sicuri che questa rigidità sia la strada migliore? Se questo governo va a casa abbiamo presente quali possano essere le alternative?», aveva proseguito. E alla fine il punto è proprio questo. La rigidità di Ue e Fmi rischia innanzitutto di spingere progressivamente la Tunisia tra le braccia di Russia e Cina: non è un caso che recentemente Pechino e Mosca abbiano spinto a favore dell’inclusione di Tunisi nei Brics. Se la Tunisia finisse nell’orbita sino-russa, ciò costituirebbe un enorme problema per il fianco meridionale della Nato e per la stessa Unione europea (che sarebbe il caso iniziasse finalmente a ragionare in ottica geopolitica). In secondo luogo, emerge il nodo della stabilità. Al di là della bomba migratoria che rischia di abbattersi sulle coste italiane, è bene sempre tener presente quale sia l’alternativa a Saied. Sia chiaro: è fuor di dubbio che quest’ultimo sia un leader controverso e che la comunità internazionale debba monitorare attentamente le sue azioni. Va però sottolineato che la principale forza di opposizione all’attuale presidente tunisino è Ennahda: un movimento islamista, orbitante attorno alla galassia dei Fratelli musulmani, che intrattiene rapporti con Hamas. Non stiamo quindi parlando di un partito esattamente liberaldemocratico. Meloni fa dunque bene a invitare tutti i suoi interlocutori internazionali - a partire dall’amministrazione Biden - ad essere pragmatici. Già a fine marzo, lo stesso Tajani mise del resto in guardia dal rischio di islamismo, dichiarando: «Non possiamo abbandonare la Tunisia, altrimenti rischiamo di avere i Fratelli musulmani che rischiano di creare instabilità. Non ci possiamo permettere l’islamizzazione del Mediterraneo». Abbiamo d’altronde già visto quali disastri hanno prodotto le cosiddette «primavere arabe» del 2011. Al di là del dossier tunisino, ieri pomeriggio fonti diplomatiche riferivano di un mancato accordo al Consiglio sulle forniture militari a Kiev a causa del veto ungherese. Per di più, le stesse fonti hanno parlato di uno slittamento della decisione di ulteriori sanzioni contro la Russia. «Sugli F16 decideremo tutti insieme, con i partner europei e con la Nato», aveva inoltre dichiarato Tajani sulla questione della consegna dei caccia all’Ucraina. «Non avendo l’Italia in dotazione F16 non ne può fornire, ma lavoreremo per prendere una decisione comune con gli alleati», aveva aggiunto. Il ministro ha anche precisato che l’Italia non punta a ottenere la segreteria generale della Nato e che l’ammiraglio Giuseppe Cavo Dragone è il suo candidato alla presidenza della Nato military committee.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/italia-pressing-aiuti-alla-tunisia-2660536666.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="grecia-mitsotakis-vuole-stravincere-puntando-allalleanza-con-ecr-nellue" data-post-id="2660536666" data-published-at="1684845798" data-use-pagination="False"> Grecia, Mitsotakis vuole stravincere puntando all’alleanza con Ecr nell’Ue Non c’è stata storia. Le elezioni parlamentari in Grecia di domenica si sono concluse con una netta vittoria del partito di centrodestra, Nuova democrazia, che è arrivato primo con il 40,7% dei voti. Al secondo posto, ampiamente distaccato, si è collocato lo schieramento di sinistra, Syriza, al 20%. Terzo è invece arrivato il Movimento per il cambiamento: una coalizione, di cui fanno parte i socialdemocratici del Pasok, che ha conseguito l’11,4%. Al quarto e quinto posto si sono piazzati rispettivamente il Partito comunista (7,2%) e i nazionalisti di Soluzione greca (4,4%). Infine, la formazione dell’ex ministro delle Finanze, Yanis Varoufakis, Mera25, è rimasta sotto la soglia del 3% e dovrà quindi uscire dal Parlamento ellenico. Nessuno schieramento partitico si è comunque aggiudicato la maggioranza assoluta dei seggi, che è pari a 151. Ne consegue che, per formare un governo, o si creerà una coalizione trasversale o si tornerà ad elezioni tra giugno e luglio.La prima ipotesi è abbastanza inverosimile, visto che il premier uscente, Kyriakos Mitsotakis, ha già escluso che Nuova democrazia possa allearsi con qualcuno. È in quest’ottica che ha rifiutato il mandato esplorativo per la formazione di un governo, che aveva ricevuto dal presidente greco, Katerina Sakellaropoulou: un mandato che dovrebbe passare quindi adesso al leader di Syriza, Alexis Tsipras. È comunque altamente improbabile che costui riesca nell’impresa: tutte le forze di sinistra messe insieme arrivano infatti a 138 seggi, mentre - pur avendo perso la maggioranza assoluta conquistata nel 2019 - Nuova democrazia ha ottenuto 146 seggi da sola (senza contare i 16 andati ai nazionalisti). Mitsotakis punta d’altronde a nuove elezioni, anche perché si svolgerebbero con una legge elettorale diversa da quella dell’altro ieri: una legge che prevede un premio di maggioranza e che, almeno teoricamente, garantirebbe a Nuova democrazia la possibilità di creare un governo monocolore. È del resto difficile che Syriza possa riuscire a riprendersi rapidamente dopo il tracollo di domenica (ha perso l’11% rispetto al 2019: voti probabilmente finiti almeno in parte al Pasok e al Partito comunista, che sono non a caso leggermente cresciuti in confronto alle ultime elezioni). La vittoria di Nuova democrazia fortifica politicamente il Partito popolare europeo, a cui questo schieramento greco appartiene. Una situazione che indirettamente potrebbe rafforzare il progetto di un’alleanza inedita tra Ppe ed Ecr in vista delle prossime elezioni europee. Si tratta di uno scenario benedetto da Washington e di cui l’attuale governo italiano risulterebbe il laboratorio politico. Tra l’altro, la vittoria di Nuova democrazia dovrebbe rassicurare gli Stati Uniti anche sul piano dell’Alleanza atlantica. A ottobre dell’anno scorso, Tsipras aveva infatti criticato Mitsotakis per l’invio di armi a favore dell’Ucraina. Non dimentichiamo che gli americani guardano con favore all’alleanza tra Ecr e Ppe proprio per marginalizzare il Pse, che è storicamente su posizioni filorusse e filocinesi. Ora, a livello europeo, Syriza fa capo al Partito della Sinistra europea, mentre l’unica formazione greca ad appartenere al Pse è il Pasok (che, pur avendo guadagnato terreno rispetto al 2019, resta comunque sempre in una coalizione che vale l’11%). Inoltre, è importante sottolineare che si è finora registrata una buona intesa politica tra Mitsotakis e Giorgia Meloni. I due leader si sono incontrati a dicembre e, secondo una nota di Palazzo Chigi, hanno mostrato «comune interesse a rafforzare ulteriormente le relazioni tra Roma e Atene anche bilateralmente». I due premier hanno avuto un meeting, definito «fruttuoso e cordiale» anche a marzo. Infine, al di là delle alleanze politiche, emerge un tema di interessi nazionali. Mitsotakis è uno dei protagonisti del progetto di Eastmed: il gasdotto che, se realizzato, porterebbe gas da Israele in Puglia attraverso Grecia e Cipro. Si tratta di una delle ragioni che sta portando il governo Meloni a consolidare la sponda con l’attuale premier greco.
«Haunted Hotel» (Netflix)
Dal creatore di Rick & Morty arriva su Netflix Haunted Hotel, disponibile dal 19 settembre. La serie racconta le vicende della famiglia Freeling tra legami familiari, fantasmi e mostri, unendo commedia e horror in un’animazione pensata per adulti.