
Benjamin Netanyahu: «Ostaggi liberi o niente tregua». L’Iran: «Nessun ambasciata ebraica è sicura».Durante la notte tra sabato e domenica, le forze armate israeliane hanno completato il ritiro di tutte le unità terrestri dal Sud della Striscia di Gaza, dopo un periodo di quattro mesi caratterizzato da combattimenti intensi nell’area di Khan Younis. Ora nella Striscia di Gaza resta la Brigata Nahal, incaricata della sicurezza del «Corridoio Netzarim» che attraversa Gaza dal territorio di Be’eri, situato a sud di Israele, fino alla costa della Striscia stessa. Questo lembo di terrea permette alle forze di difesa israeliane (Idf) di condurre operazioni nel nord e nel centro della Striscia di Gaza, al contempo ostacolando il ritorno dei palestinesi nella parte settentrionale della regione. Inoltre, facilita il trasporto diretto degli aiuti umanitari da parte delle Ong nella zona settentrionale di Gaza. Si apre quindi la «Terza Fase» del conflitto, dove a farla da padrone saranno i raid mirati anche se, «se necessario l’esercito potrà tornare a Khan Yunis». Fonti militari hanno riferito a Ylnet che attualmente l’esercito «attende una decisione dai vertici politici riguardo a una potenziale azione militare a Rafah», dove si trovano gli ultimi battaglioni di Hamas, ma anche centinaia di migliaia di palestinesi sfollati. Le medesime fonti hanno sottolineato che la decisione di ritirare tutte le truppe di terra impegnate nell’area di Khan Yunis, ad eccezione della Brigata Nahal incaricata della sorveglianza del «Corridoio Netzarim» «non è stata influenzata dalla pressione degli Stati Uniti su Israele». Ieri, il ministro degli Esteri italiano, Antonio Tajani, ha incontrato l’omologo israeliano a Roma: «Ho ribadito al ministro Israel Katz la posizione italiana di un cessate il fuoco e di sospendere la decisione di attaccare Rafah, ma allo stesso tempo gli ho ribadito che l'Italia chiede l'immediata liberazione degli ostaggi israeliani che sono nelle mani di Hamas», ha dichiarato il titolare della Farnesina. Intanto, dopo l’attacco attribuito a Israele al consolato iraniano in Siria del primo aprile, Teheran torna a minacciare lo Stato ebraico: «Nessuna ambasciata israeliana è al sicuro», ha dichiarato un alto funzionario iraniano, Yahya Rahim Safavi. Gli Stati Uniti si preparano «a un attacco significativo» entro la prossima settimana da parte dell’Iran, «che potrebbe prendere di mira Israele o asset americani nella regione», hanno riferito fonti dell’amministrazione Usa. Secondo Washington, l’attacco dell’Iran è «inevitabile» e si tratta di un’opinione condivisa anche da Israele. Evidente che un attacco diretto contro Israele rappresenterebbe uno dei peggiori scenari considerati dall’amministrazione Biden, poiché potrebbe portare a un’escalation rapida. Benjamin Netanyahu all’inizio della riunione di gabinetto di ieri ha affermato: «Per anni l’Iran ha agito contro di noi, sia direttamente che attraverso i proxy. E, quindi, Israele agisce contro l’Iran e i suoi alleati sia in modo difensivo che offensivo». Il leader israeliano ha anche allontanato la possibilità di un cessate il fuoco senza prima la liberazione degli ostaggi.
Maurizio Landini (Ansa)
- Aumentano gli scontenti dopo il divorzio dalla Uil. Ma il leader insiste sulla linea movimentista e anti Meloni In vista di elezioni e referendum è pronto a imporre il fedelissimo Gesmundo come segretario organizzativo.
- Proteste contro l’emendamento che chiede di comunicare 7 giorni prima l’adesione.
Lo speciale contiene due articoli.
Da mesi, chi segue da vicino le vicende del sindacato e della politica economica del Paese si pone una domanda, se vogliamo banale: ma è possibile che di fronte alla trasformazione della Cgil in una sorta di movimento d’opposizione al governo, ai continui no rispetto a qualsiasi accordo o contratto di lavoro che possa coinvolgere la Meloni e a cospetto di un isolamento sempre più profondo, non ci sia nessuno che dall’interno critichi o comunque ponga qualche domanda a Maurizio Landini?
2025-11-16
Borghi: «Tassare le banche? Sostenibile e utile. Pur con i conti a posto l’Ue non ci premierà»
Claudio Borghi (Ansa)
Il senatore della Lega: «Legge di bilancio da modificare in Aula, servono più denari per la sicurezza. E bisogna uscire dal Mes».
«Due punti in più di Irap sulle banche? È un prelievo sostenibilissimo e utile a creare risorse da destinare alla sicurezza. Le pensioni? È passato inosservato un emendamento che diminuisce di un mese l’età pensionabile invece di aumentarla. La rottamazione? Alla fine, anche gli alleati si sono accodati». Claudio Borghi, capogruppo della Lega in commissione Bilancio del Senato e relatore alla legge di bilancio, sciorina a raffica gli emendamenti di «bandiera» del suo partito con una premessa: «Indicano una intenzione politica che va, poi, approfondita». E aggiunge: «Certo, la manovra avrebbe potuto essere più sfidante ma il premier Giorgia Meloni non ha fatto mistero di volerci presentare nella Ue come i primi della classe, come coloro che anticipano il traguardo di un deficit sotto il 3% del Pil. Io, però, temo che alla fine non ci daranno alcun premio, anche perché, ad esempio, la Bce ha già premiato la Francia che ha un deficit superiore al nostro. Quindi, attenti a non farsi illusioni».
Roberto Fico (Ansa)
Dopo il gozzo «scortato», l’ex presidente della Camera inciampa nel box divenuto casa.
Nella campagna elettorale campana c’è un personaggio che, senza volerlo, sembra vivere in una sorta di commedia politica degli equivoci. È Roberto Fico, l’ex presidente della Camera, candidato governatore. Storico volto «anticasta» che si muoveva in autobus mentre Montecitorio lo aspettava, dopo essere stato beccato con il gozzo ormeggiato a Nisida, oggi scaglia anatemi contro i condoni edilizi, accusando il centrodestra di voler «ingannare i cittadini». «Serve garantire il diritto alla casa, non fare condoni», ha scritto Fico sui social, accusando il centrodestra di «disperazione elettorale». Ma mentre tuona contro le sanatorie, il suo passato «amministrativo» ci racconta una storia molto meno lineare: una casa di famiglia (dove è comproprietario con la sorella Gabriella) è stata regolarizzata proprio grazie a una sanatoria chiusa nel 2017, un anno prima di diventare presidente della Camera.
Edmondo Cirielli e Antonio Tajani (Ansa)
L’emendamento alla manovra di Fdi mira a riattivare la regolarizzazione del 2003. Così si metterebbe mano a situazioni rimaste sospese soprattutto in Campania: all’epoca, il governatore dem Bassolino non recepì la legge. E migliaia di famiglie finirono beffate.
Nella giornata di venerdì, la manovra di bilancio 2026 è stata travolta da un’ondata di emendamenti, circa 5.700, con 1.600 presentati dalla stessa maggioranza. Tra le modifiche che hanno attirato maggiore attenzione spicca quella di Fratelli d’Italia per riaprire i termini del condono edilizio del 2003.
I senatori di Fdi Matteo Gelmetti e Domenico Matera hanno proposto di riattivare, non creare ex novo, la sanatoria introdotta durante il governo Berlusconi nel 2003. Obiettivo: sanare situazioni rimaste sospese, in particolare in Campania, dove la Regione, all’epoca guidata da Antonio Bassolino (centrosinistra), decise di non recepire la norma nazionale. Così migliaia di famiglie, pur avendo versato gli oneri, sono rimaste escluse. Fdi chiarisce che si tratta di «una misura di giustizia» per cittadini rimasti intrappolati da errori amministrativi, non di un nuovo condono. L’emendamento è tra i 400 «segnalati», quindi con buone probabilità di essere discusso in commissione Bilancio.






