2023-06-26
L'Iran fa litigare Gerusalemme e Kiev (ed è anche un po' colpa di Biden)
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Benjamin Netanyahu (Ansa)
Si stanno registrando delle tensioni tra Benjamin Netanyahu e l'ambasciata ucraina in Israele: delle tensioni che, almeno in parte, sono l'indiretto frutto dei cortocircuiti mediorientali di Joe Biden. Cominciamo col ricordare che proprio Netanyahu ha fatto sì che, già a maggio, Gerusalemme fornisse all’Ucraina dei sistemi di allarme missilistico. In questo quadro, la settimana scorsa, durante un’intervista al Jerusalem Post, il premier israeliano ha tenuto una posizione cauta e articolata sulla fornitura di armamenti all’Ucraina contro la Russia. “Penso che Israele si trovi in una situazione particolare, diversa da quella, per esempio di Polonia, Germania, Francia o qualsiasi altro Paese occidentale che sta aiutando l'Ucraina. Prima di tutto, abbiamo uno stretto confine militare con la Russia. I nostri piloti stanno volando proprio accanto ai piloti russi nei cieli della Siria. E penso che sia importante mantenere la nostra libertà di azione contro i tentativi dell'Iran di posizionarsi militarmente sul nostro confine settentrionale”, ha detto Netanyahu. “In secondo luogo”, ha proseguito, “temiamo anche che qualsiasi sistema che diamo all'Ucraina venga usato contro di noi perché potrebbe cadere nelle mani dell'Iran ed essere usato contro di noi. E comunque, non è una possibilità teorica. In realtà è successo con le armi anticarro occidentali che ora troviamo ai nostri confini. Quindi dobbiamo stare molto attenti qui”. “Ovviamente piangiamo la tragedia che sta accadendo in Ucraina, questa orribile perdita di vite umane. Vorremmo vederla finire. E penso che ci troviamo anche in una situazione speciale in cui potremmo trovarci in futuro nella posizione di aiutare a porre fine a questo conflitto. Non sono sicuro che accadrà. Potrebbe essere del tutto ipotetico, ma potrebbe accadere”, ha continuato, per poi concludere: “Penso che il modo equilibrato in cui agiamo sia quello giusto. Devi essere molto prudente negli affari internazionali. C'è simpatia, c'è assistenza alla difesa civile. Ma penso che dobbiamo tracciare un confine con attenzione e la gente capirà. Devo dire che la maggior parte dei capi di governo dei Paesi occidentali, quando ho spiegato questo, si sono detto sostanzialmente d’accordo. Capiscono che Israele si trova in una situazione diversa da ognuno di loro”.Parole, quelle del premier israeliano, che hanno innescato l’irritazione dell’ambasciatore ucraino in Israele, Yevgen Kornichuk, il quale ha parlato di “nonsense completo”. “Vogliamo sistemi per salvare la vita delle persone, sistemi antimissile. Non puoi uccidere con loro”, ha dichiarato. “Potrebbero esserci progressi sulle questioni umanitarie, ma non puoi vincere una guerra con bende e antibiotici. Dobbiamo avere la capacità di salvare la vita delle persone”, ha proseguito. “La cosiddetta 'neutralità' del governo israeliano è considerata una chiara posizione filorussa”, ha inoltre tuonato l’ambasciata ucraina in Israele. “Nell'ultima intervista [di Netanyahu], sono state introdotte ipotesi del tutto fittizie e speculative, che suggeriscono il trasferimento di armi occidentali dal campo di battaglia ucraino ai regimi siriano e iraniano”, ha aggiunto. In questo quadro, il Times of Israel ha riferito che Kornichuk è stato “convocato per un rimprovero”. Insomma, la tensione tra Gerusalemme e Kiev appare significativa. E il nodo principale sembra rivelarsi proprio l’Iran. Non dimentichiamo infatti che Israele e la Russia hanno istituito un “meccanismo di de-conflitto” in Siria, per permettere ai militari dello Stato ebraico di colpire i miliziani filoiraniani nell’area. Si tratta di una situazione piuttosto ingarbugliata, è vero. Ma il quadro complessivo è significativamente aggravato dalla politica di sostanziale appeasement condotto dall’amministrazione Biden nei confronti dell’Iran. Non solo l’attuale presidente americano ha avviato nel 2021 dei negoziati per cercare di ripristinare il controverso Jcpoa, da cui Donald Trump si era ritirato nel 2018. Ma va anche rilevato che, secondo quanto riportato recentemente dal New York Times, la Casa Bianca starebbe negoziando con il regime khomeinista un “accordo informale”. Va da sé che l’arrendevolezza di Joe Biden sta rafforzando politicamente gli ayatollah. Ed è proprio questo loro rafforzamento che indirettamente contribuisce ad alimentare le incomprensioni in corso tra Gerusalemme e Kiev. Se il regime khomeinista fosse più debole e isolato (come ai tempi di Trump) probabilmente le posizioni di Israele e Ucraina potrebbero oggi convergere maggiormente. Nel frattempo, il Jerusalem Post si è chiesto se Netanyahu cambierà politica nei confronti della Russia, qualora Vladimir Putin dovesse uscire seriamente indebolito dalla crisi del Wagner Group.
Foto Pluralia
La XVIII edizione del Forum Economico Eurasiatico di Verona si terrà il 30 e 31 ottobre 2025 al Çırağan Palace di Istanbul. Tema: «Nuova energia per nuove realtà economiche». Attesi relatori internazionali per rafforzare la cooperazione tra Europa ed Eurasia.
Il Forum Economico Eurasiatico di Verona si sposta quest’anno a Istanbul, dove il 30 e 31 ottobre 2025 si terrà la sua diciottesima edizione al Çırağan Palace. L’evento, promosso dall’Associazione Conoscere Eurasia in collaborazione con la Roscongress Foundation, avrà come tema Nuova energia per nuove realtà economiche e riunirà rappresentanti del mondo politico, economico e imprenditoriale da decine di Paesi.
Dopo quattordici edizioni a Verona e tre tappe internazionali — a Baku, Samarcanda e Ras al-Khaimah — il Forum prosegue il suo percorso itinerante, scegliendo la Turchia come nuova sede di confronto tra Europa e spazio eurasiatico. L’obiettivo è favorire il dialogo e le opportunità di business in un contesto geopolitico sempre più complesso, rafforzando la cooperazione tra Occidente e Grande Eurasia.
Tra le novità di questa edizione, un’area collettiva dedicata alle imprese, pensata come piattaforma di incontro tra aziende italiane, turche e russe. Lo spazio offrirà l’occasione di presentare progetti, valorizzare il made in Italy, il made in Turkey e il made in Russia, e creare nuove partnership strategiche.
La Turchia, ponte tra Est e Ovest
Con un PIL di circa 1.320 miliardi di dollari nel 2024 e una crescita stimata al +3,1% nel 2025, la Turchia è oggi la 17ª economia mondiale e membro del G20 e dell’OCSE. Il Paese ha acquisito un ruolo crescente nella sicurezza e nell’economia globale, anche grazie alla sua industria della difesa e alla posizione strategica nel Mar Nero.
I rapporti con l’Italia restano solidi: nel 2024 l’interscambio commerciale tra i due Paesi ha toccato 29,7 miliardi di euro, con un saldo positivo per l’Italia di oltre 5,5 miliardi. L’Italia è il quarto mercato di destinazione per l’export turco e il decimo mercato di sbocco per quello italiano, con oltre 430 imprese italiane già attive in Turchia.
Nove sessioni per raccontare la nuova economia globale
Il programma del Forum si aprirà con una sessione dedicata al ruolo della Turchia nell’economia mondiale e proseguirà con nove panel tematici: energia e sostenibilità, cambiamento globale, rilancio del manifatturiero, trasporti e logistica, turismo, finanza e innovazione digitale, produzione alimentare e crescita sostenibile.
I lavori si svolgeranno in italiano, inglese, russo e turco, con partecipazione gratuita previa registrazione su forumverona.com, dove sarà disponibile anche la diretta streaming. Il percorso di avvicinamento all’evento sarà raccontato dal magazine Pluralia.
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Matteo Del Fante, ad di Poste Italiane (Ansa)
«Non esiste al mondo un prodotto così diffuso e delle dimensioni del risparmio postale», ha dichiarato Matteo Del Fante, amministratore delegato di Poste Italiane, a margine dell’evento «Risparmio Postale: da 150 anni la forza che fa crescere l’Italia», a cui ha presenziato anche il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. «Come l’ha definito il Presidente della Repubblica, si tratta di un risparmio circolare: sono 27 milioni i risparmiatori postali», ha spiegato ai giornalisti Dario Scannapieco, amministratore delegato di Cassa Depositi e Prestiti.
Donald Trump e Xi Jinping (Ansa)