2023-03-27
«Io putiniano? Sì, come il Papa Eppure la pace è possibile...»
Carlo Rovelli (Stefania D'Alessandro/Getty Images)
Il fisico Carlo Rovelli: «La soluzione per uscire dalla guerra c’è, ma prima bisogna uscire dalla logica del “padrone del mondo”. L’Occidente dimentica l’orrore provocato dalle sue bombe».Poesia della fisica. Il nuovo libro di Carlo Rovelli si intitola Buchi bianchi, è il suo quinto per Adelphi, ed è un «bollettino dal fronte» dello studio di un fenomeno che il fisico teorico italiano ha affrontato negli ultimi anni. «Coinvolge la natura quantistica del tempo e dello spazio, la ragione della differenza fra passato e futuro», ed è già vertigine. In centotrenta pagine Rovelli, fondatore dell’équipe sulla gravità quantistica all’Università di Aix-Marseille in Francia, racconta cosa sono i buchi neri che pullulano nell’universo e i loro «elusivi fratelli minori», bianchi. Un libro divulgativo? Non solo, anche questa volta.Pagina uno, cita Albert Einstein. «L’esperienza più bella che possiamo avere è il senso del mistero. È l’emozione fondamentale […]. Chi non lo sa e non può più meravigliarsi, è come morto». Una ricerca, Rovelli, che la accompagna da sempre?«Sì. Il mistero per me è la consapevolezza della nostra limitatezza, dell’immensità di quanto non sappiamo, ma anche della nostra sete di andare oltre quel che siamo. E pure quell’emozione profonda che ci prende di fronte a ciò che va al di là del nostro semplice sapere».Ho letto che quando scelse di studiare fisica fu una scelta «un po’ così».«Da ragazzo mi incuriosiva tutto».C’erano pure le poesie, a piacerle. Hanno a che fare sempre con il mistero?«Sì, perché spesso i poeti hanno strumenti per dire qualcosa che di solito non sappiamo come dire. Per allargare lo spazio del dicibile, per portarci un po’ più in là. Oppure anche solo per ricordarci di tutto quanto sfugge al nostro quotidiano universo di discorsi».C’è chi poi incontra la fede.«Non è mai entrata nella mia vita come risposta. Da ragazzo ho frequentato comunità di giovani che vivevano la fede anche intensamente, e mi sono molto interrogato. È stato un periodo di ricerca, attorno a me e dentro di me. Poi piano piano mi sono reso conto che quell’esperienza non era la mia».Secoli di interrogativi sul rapporto tra fede e scienza…«Conosco bravissimi scienziati che sono religiosi, di tante religioni diverse. La maggior parte degli scienziati che conosco, tuttavia, non sono religiosi. Non si occupano di religione. Penso che la pratica della scienza allontani molte persone dalla religione per un motivo che è opposto a quello che si dice di solito».«La scienza fornisce tutte le risposte».«Ma non lo fa. È il contrario. La scienza abitua a mettere in dubbio le risposte tradizionali. Molti che vivono nella scienza trovano poco convincenti le risposte tradizionali date nelle religioni. Le persone religiose che più hanno avuto influenza su di me sono quelle con meno certezze».Anni di studi e di ricerca. Libri tradotti in 40 Paesi e uno che diventa persino un film: sta per uscire L’ordine del tempo con la regia di Liliana Cavani. «È stato bellissimo. Ho appena visto una prima versione del montaggio del film, in anteprima, e mi sono commosso alle lacrime. Il film non è veramente tratto dal libro, è solo ispirato dal libro. Ma parla del senso della vita…». Ha sempre avuto lo sguardo rivolto al cielo o c’è stato un momento decisivo?«Ricordo un momento molto preciso in cui mi sono detto: “E se provassi a diventare un fisico teorico?”. Era alla fine della mia università. Chissà se ha influito il fatto che al liceo mi ero innamorato di una ragazza che, ahimè, era innamorata di un altro... e questo altro... si occupava di fisica teorica…».Ora i buchi bianchi. Sempre andare oltre. E «quella felicità sottile ma pervasiva di aver avuto un’intuizione su come potrebbe funzionare». Quando è nata?«È nata in diverse fasi, come tutte le idee. Un passaggio importante, di cui non parlo nel libro, è stato discutere con una giovane collega che poi, da tanti anni, è diventata la compagna della mia vita. Con lei ci siamo resi conto che la stella che sprofondando su sé stessa dà origine al buco nero può poi rimbalzare e riesplodere. Poi c’è stata la seconda fase, che racconto: capire come questo possa accadere in maniera compatibile con la geometria dello spazio e del tempo che caratterizza i buchi neri».La questione “tempo” non è facile da comprendere per noi profani.«Difficile spiegarlo. Ci provo in una sola riga: la struttura del tempo è molto più complicata e interessante che il semplice passare delle ore misurato da un orologio». So che ha viaggiato molto.«Sì. A 14 anni sono andato in Francia a trovare Frère Roger a Taizé: personaggio straordinario, profondamente sincero, non certo uno da ipocrisie e belle parole. A 15 sono andato da solo in Sicilia. A 16 in autostop da solo, da Parigi a Sofia. E via via. Mi piace incontrare gente, imparare cosa c’è lontano da qui. Mi piace anche essere da solo. Si incontra gente più facilmente».Si scopre anche che non sempre è come si racconta?«Ricordo un ragazzo, in Bulgaria. Si chiamava Lachezar Kuntchev, ma non so come si scrive. L’avevo incontrato a Parigi e mi diceva che il comunismo è meraviglioso. Io gli dicevo che il comunismo è orrendo, e lui diceva “vieni a vedere”. Così ci sono andato».E..?«Quello che più mi ha stupito è che da lui, nella Bulgaria sovietica, si dipingeva l’Occidente a tinte foschissime: la propaganda anti occidentale era fortissima e piena di falsità. Egualmente però, la propaganda antisovietica da noi era fortissima e piena di falsità. Sofia era tutt’altro che l’orrore che si dipingeva. Era pacifica e serena. È stata un’esperienza che mi ha fatto molto riflettere. Oggi siamo di nuovo in conflitto con la Russia, e la propaganda, da una parte e dall’altra, è tornata feroce e, sono convinto, altrettanto esagerata».L’hanno inserita nella lista dei putiniani. Prima reazione?«Mi consola che anche papa Francesco sia nella lista. E tutta la Cina, l’India, l’America del Sud, l’Africa, e buona parte dell’Asia... Stupisce che Putin sia così popolare. In fondo ha scatenato una guerra devastante: com’è che il mondo è pieno di putiniani lo stesso? Fa pensare, no?».Come mai la narrazione è diversa?«Quando c’è un conflitto, chi è coinvolto si radicalizza e ci si concentra solo sui torti altrui. L’Occidente si è coinvolto direttamente nella guerra in Ucraina e ne fa una narrazione a senso unico. Il resto del mondo, che è molto più vasto, ne vede la complessità, i vari lati. Giustamente, a mio parere, considera come priorità la fine della carneficina, non la sfida a fare chi è più gorillone dell’altro, come stanno facendo Occidente e Russia».Esiste un “pensiero unico” occidentale? Qual è l’antidoto?«Non credo che ci sia un pensiero unico. Penso che il mondo sia pieno di gente che pensa in tante maniere diverse. Ci sono momenti, come ora, in cui Paesi in guerra, come di fatto siamo, scatenano istintivamente una sfrenata propaganda di guerra, in cui il nemico viene demonizzato. Si parla solo dei misfatti del nemico. Le bombe russe devastano l’Ucraina e ammazzano civili. Invece le altrettante bombe che manda l’Occidente non fanno male a nessun civile. Ma anche nel nostro Paese, forse metà della popolazione non ci crede molto a questa propaganda di guerra». Non c’è quindi «o bianco o nero»?«Il problema delle guerre è uscirne. Per uscirne, o si cerca una ragionevole via di uscita, come succede quasi sempre, oppure si va al conflitto totale, come abbiamo fatto nella Seconda Guerra Mondiale, cioè con 70 milioni di morti, un terzo del pianeta in macerie e bombe atomiche su Hiroshima e Nagasaki. È questo che vogliamo? In più oggi non ci sono due bombe atomiche: ce ne sono decine di migliaia e molto molto più devastanti».E come se ne esce? Una strada c’è?«Ma certo: la risoluzione Onu 2202, gli accordi di Minsk, la recente proposta cinese. Di soluzioni ragionevoli ce ne sono. Immediata cessazione delle ostilità, referendum controllati dall’Onu nelle zone contese, accordo che la Nato ritiri basi ostili troppo vicine al confine russo, la smetta di fare esercitazioni simulando attacchi atomici contro la Russia e torni a essere quello per cui è nata: un’alleanza difensiva. Di soluzioni ragionevoli ce ne sono infinite». Eppure ancora…«Sono tutte impossibili finché la vera questione resta la questione di chi sia il padrone del mondo».Uno scienziato che parla di guerra. Lo fece anche Einstein, con un filosofo, Bertand Russel. «Nel 1914, quando tutti in Europa gridavano “guerra! guerra!”, Einstein ha firmato un manifesto che diceva sostanzialmente: “Non facciamo gli stupidi, questa guerra non ha senso”. Dopo due ravvicinate guerre mondiali, il suicidio dell’Europa, e 100 milioni di esseri umani ammazzati, ora ci si volta indietro e si pensa... beh, forse aveva ragione». La classe politica italiana è in grado di avere un pensiero all’altezza di queste sue aspettative?«Temo che i politici siano troppo presi dalla difesa delle loro posizioni nelle battagliette quotidiane, per avere il coraggio di guardare l’interesse di tutti più in generale. Spesso - per esempio in America - si inizia una guerra perché così si indebolisce l’opposizione interna e si ricompatta il Paese. In Italia i politici hanno sempre paura che se hanno contro gli Usa vengono sbattuti via».Anche oggi?«Il governo ha preso voti dicendo che avrebbero reso l’Italia più indipendente, e appena al potere si è più asservito agli Stati Uniti dei precedenti. Purtroppo non è colpa di nessuno. Ognuno difende sé stesso. Sono grato al Papa, che continua a ricordare che esistono valori più alti dell’immediato tornaconto, e che esiste un interesse comune, cruciale per tutti. Potremmo magari anche essere ragionevoli, qualche volta…».
Jose Mourinho (Getty Images)