2021-02-08
Alfonso D'Ambrosio: «Io, preside No Covid. Ho salvato la scuola e lo Stato mi punisce»
Alfonso D'Ambrosio (Ansa)
Il dirigente di Vo’ Euganeo ha preso iniziative all’avanguardia per le sue classi. La risposta di Roma? Un procedimento disciplinare»Se gli chiedi se gli angoli della sua bocca siano rivolti all’insù perché al ministero dell’Istruzione ci sarà forse un nuovo titolare, non ti risponderà. «Scriva solo che se ci fosse una cambio confido in un ministro con il quale finalmente dialogare con serenità», ti pregherà facendosi serio. Altro dire non può. Sulla testa del dirigente scolastico Alfonso D’Ambrosio pende un provvedimento disciplinare per due segnalazioni partite dal dicastero, da Roma. È per tutti «il preside di Vo’»: dal primo epicentro dell’emergenza sanitaria è emersa la sua storia. Ma non è solo la cronaca della sua critica - più che civile - al ministro Lucia Azzolina ad aver fatto notizia. Dalla terra dove il dolore non lo puoi spiegare se non con il disegno consegnato nelle mani di Sergio Mattarella da una bimba - un corpo pieno di ferite, la più grande sul cuore -, D’Ambrosio mostra che dalla scuola pubblica si può, si deve, pretendere di più. E che la burocrazia la puoi sconfiggere, pure accettando i banchi a rotelle.L’accento non è veneto.«Origini salernitane».Dirigente scolastico per 670 studenti dell’istituto comprensivo di Lozzo Atestino, 9 plessi tra scuola dell’infanzia, elementari e medie sui Colli euganei. Terra accogliente?«Ci vivo da 13 anni, mia moglie è veneta. Abbiamo messo su famiglia qui».Un preside giovane.«La media nazionale è intorno ai 54 anni. Ho vinto il concorso a 40 anni, oggi ne ho 43. Sono entrato nella scuola tardi, a 29 anni».Prima si è dato da fare. Sul curriculum una laurea in fisica specialistica con 110 e lode, un dottorato in ingegneria aerospaziale, incarichi in università e poi l’insegnamento. Non le manca la cattedra?«Compenso con la formazione per i docenti e per le aziende. Quel che mi mancava allora era però non riuscire a portare avanti una gestione educativa di qualità».Riavvolgiamo il nastro di quest’anno?«Sera del 21 febbraio 2020, mi chiama il sindaco: abbiamo un caso positivo al coronavirus. Adriano Trevisan sarà il primo decesso per Covid in Italia. Era una persona squisita».Chiudeste subito le scuole, giusto?«Fummo i primi a disporre la didattica a distanza. Oggi lo dico con orgoglio, un anno fa no. Improvvisammo, ci premeva rassicurare i bambini. All’inaugurazione partecipò anche il ministro Azzolina. Poi abbiamo iniziato a sperimentare. Abbiamo così imparato che la dad poteva rappresentare comunque il nostro modo diverso di fare scuola. Spazi e tempi sono stati destrutturati. Spettacoli teatrali, lezioni di robotica e di astronomia, gemellaggio con una scuola di New York... Tanto abbiamo costruito che siamo stati gli unici in Italia ad aver simulato online l’intero esame di terza media».Avete disobbedito. Il ministero prevedeva bastasse solo una tesina.«Una prova così rischiava di sminuire il percorso dei ragazzi: avevano il diritto di avere il loro esame».Davvero siete stati gli unici in Italia?«Nessuno mi ha mai smentito».Non è l’unico record.«Grazie alla donazione di una fondazione e a nostri acquisti, all’inizio di aprile tutti i nostri studenti erano collegati. In alcuni casi abbiamo pagato il canone internet alle famiglie. Nostri alleati i genitori, a maggio il 90% era soddisfatto. E non abbiamo tenuto gli alunni, mai, per ore davanti a uno schermo».Sta dicendo che la dad è andata alla grande. Lo sa, vero, che non è stato così per tantissimi?«Lo hanno detto anche dal ministero, sono rimasto stupito: da noi ha davvero funzionato molto bene. Abbiamo assunto il nostro compito di educatori».La fermo: lei parla di educazione, non di istruzione.«Le rispondo mostrandole le immagini in 3D di una classe, può entrare con un’applicazione che ho creato io (siamo su Zoom, invia un link, ndr). In questo territorio gli amministratori hanno investito sulle strutture scolastiche per anni: abbiamo aule anche di 85 metri quadrati. Vede com’è la scuola che ho in mente? C’è una zona agorà, un’altra con postazioni di laboratorio, grandi banchi per 8 bambini…».Difficile trovarne una simile in una scuola pubblica italiana. «Due le nostre priorità: l’inclusione e il benessere. Nei nostri plessi c’è il campo di calcetto, il tavolo da ping pong e l’orto didattico. Stiamo costruendo un pollaio. All’ingresso ci sono divani e librerie. Siamo dotati di stampanti 3D e di una parete della creatività. L’innovazione è sentirsi a casa. Quando si educa si costruisce la persona del futuro, con la mente aperta per uscire, anche, dagli schemi. In sala docenti ho fatto installare due cyclette». Fa pedalare i suoi insegnanti. Non ci dirà che non hanno da ridire nulla.«Le persone non si mobilitano a caso, ma se costruisci valore. Mia nonna diceva che per conoscere qualcuno devi mangiare con lui un chilo di sale: capirne le fragilità. Da insegnante ho vissuto anni di screzi. Proponevo lezioni con i videogiochi e mi intimavano di farle sui libri. Io dico sempre sì alle proposte, preferisco si inciampi insieme, piuttosto che star fermi. Leadership diffusa: ognuno svolge il ruolo per il quale si sente più portato. Se un dirigente è solo nelle carte e nella burocrazia non va lontano». Come la mette con i soldi?«Trovare fondi è conseguenza di un percorso. La pandemia è stata occasione di esercizio di pensiero critico. E ha anche messo sul piatto le difficoltà della pubblica amministrazione. Occorrono pianificazione e programmazione, oltre che imparare dagli errori. Devo chiedermi dove vedo la mia scuola tra 10 anni, per capire cosa sia fattibile. Il bilancio delle nostre scuole è tra i 200.000 e i 250.000 euro, poca cosa. Nell’ultimo anno ho coinvolto gli stakeholder del territorio e raccolto 70.000 euro, 108.000 se calcolo i contributi dei Comuni. Il resto è venuto da banche, genitori, imprese. Qualche giorno fa ero in un’azienda di vini a raccontare di un’aula nuova di robotica. Mi hanno donato 250 euro, sommando tanti incontri così ne ho contati 15.000». Come fa? Si presenta e dice: «Ho bisogno di schei»?«No, racconto il progetto che ho in mente. Come quello della scuola diffusa. Siamo stati i primi e gli unici ad aver avviato patti territoriali di comunità: lezioni in agriturismo, o in laboratori di ceramica e di sartoria».Tutto questo mentre c’è il Covid? Gli studenti non dovrebbero starsene seduti sui banchi a rotelle e rispettare le regole?«Quei banchi sono nati negli Usa 8 anni fa e costano - gli originali - anche 390 euro l’uno. Sono il frutto di un pensiero sulla classe, per costruire l’insieme delle cosiddette competenze soft, tra gruppi di lavoro, schermi virtuali, dibattiti. Le rotelle servono per spostarsi e non per il distanziamento. Non so da chi sia partito il fraintendimento». Li avete ordinati?«Ne abbiamo chiesti 30, non si spreca nulla. Poi ne abbiamo comprati altri 70 con ruote che si possono bloccare, ribaltina più grande e possibilità di essere utilizzati anche dai mancini».Sì, ma la pandemia?«Uno dei nostri plessi è all’avanguardia e dotato di un sistema di areazione integrato con dati barometrici. Lì non ci sono stati contagi. Con sanificatori a raggi ultravioletti - meno di 10.000 euro - rendiamo sicure tutte le classi. Stiamo inoltre sperimentando con una casa farmaceutica tedesca una molecola naturale che rende la vernice anti-batterica e, forse, ha effetti anche sul virus».A dicembre è stato avviato un procedimento disciplinare verso di lei per 16 suoi post su Facebook. Ha insultato Azzolina?«Sul mio profilo non vedrà mai comparire un insulto. Alcuni amici mi avevano avvisato: stai dando fastidio, ti considerano inopportuno. Pensavo: non si può piacere a tutti. Ho fatto solo esercizio di critica, è previsto dalla Costituzione». Ci sintetizza quanto ha scritto?«Ho chiesto a chi rappresenta la scuola - e quindi al suo vertice - di andare oltre. Ragioniamo su scuola del futuro, didattica e docenti precari, burocrazia e digitalizzazione. E sull’autonomia delle scuole. Possiamo essere fonte di sviluppo, e non periferia di un ministero: la visione centralistica nell’emergenza ha mostrato i suoi limiti. È come con i figli: se li tieni troppo vicini, non diventano grandi e maturi. La scuola è una grande palestra di democrazia. Bisogna essere capaci di ascoltare le voci critiche. Noi dirigenti, ad esempio, sappiamo che il monitoraggio dei contagi nelle scuole per come è costruito e per come ci viene richiesto è inutile».Le hanno contestato la non lealtà alla pubblica amministrazione. «La legge prevede che questa storia sia chiusa entro 120 giorni, spero molti meno. La mia critica è stata interpretata come politica. Eppure ho sempre dimostrato di esaltare la scuola. Siamo stati anche premiati dal presidente Mattarella».Si sarà dato una spiegazione. «Immagino che vedere un certo tipo di innovazione e certi toni possa infastidire chi ambisce a carriere di potere o a cariche. Credo di aver generato invidia».La cosa che più l’ha ferita?«L’aspetto privato. Mia moglie non sta bene. Questo non mi rende una persona da compatire, mi sarei però aspettavo maggiore attenzione, delicatezza. Queste persone lo sapevano. Ho dovuto spiegare ai miei figli perché la mamma si sentisse in quei giorni molto male». Cos’ha detto loro?«Che anche io stavo male perché forse avevo fatto troppo». La temono?«Non ambisco a una carriera, resto dove sono, accanto a mia moglie. In me si può trovare un alleato, non un nemico. Questa mattina pensavo al Cirano cantato da Guccini. Io non perdono la cattiveria gratuita, anche non so se mai sarò in condizione di pungere con la spada. Se avessi fatto qualcosa di male avrei chiesto scusa, voglio solo il bene della scuola italiana».
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