2025-10-21
Macché bomba «politica» a Ranucci. C’è la pista del trafficante albanese
L’arresto di un latitante ad Abu Dhabi sarebbe collegato all’attentato al giornalista. È finita la fuga del latitante Altin Sinomati, un cittadino albanese accusato di essere il mandante dell’omicidio di Selavdi Shehaj, detto «Passerotto», avvenuto la domenica del 20 settembre 2020, sulla spiaggia di Torvaianica. Il luogo del delitto fu a pochi metri di distanza dall’abitazione di Sigfrido Ranucci, il giornalista di Report a cui giovedì scorso è stata fatta esplodere una bomba sotto casa. Ieri è stata resa nota la notizia dell’arresto di Sinomati e da subito è emerso un filo che sembra collegare l’albanese con l’attentato a Ranucci. In realtà, l’arresto di Sinomati risale al 10 ottobre quando ad Abu Dhabi, la polizia degli Emirati Arabi Uniti, col contributo del Servizio di cooperazione internazionale di polizia Scip, ha catturato il cittadino albanese sulla base di un provvedimento di ricerca internazionale del latitante, cosiddetto red notice, richiesto dalla Direzione distrettuale antimafia di Roma. Le indagini, condotte dai carabinieri del Nucleo investigativo di Roma, dalla squadra mobile della Questura di Roma e dallo Sco della Polizia di Stato, hanno consentito di acquisire numerosi elementi per rafforzare l’impianto accusatorio nei confronti di Sinomati. Secondo l’accusa, l’albanese avrebbe ordinato a Raul Esteban Calderon l’omicidio di Selavdi Shehaj, facendogli recapitare materialmente la somma in contante di 150.000 euro quale compenso per l’avvenuta esecuzione. Per questo omicidio, la Corte di Assise di Frosinone ha già condannato in primo grado all’ergastolo Raul Esteban Calderon quale esecutore materiale e Giuseppe Molisso in concorso. Sinomati è coinvolto anche in un altro procedimento in cui è imputato poiché sarebbe stato uno dei principali canali di approvvigionamento di cocaina dell’organizzazione attiva su Roma e diretta da Molisso assieme a Leandro Bennato. Quest’organizzazione fu sgominata dal Comando provinciale dei carabinieri di Roma nel corso di un blitz lo scorso 18 marzo. Durante quell’operazione, che fu successiva all’arresto di Calderon per l’omicidio di Shehaj, Sinomati era sfuggito alla cattura poiché, probabilmente, temeva di essere destinatario dell’azione investigativa coordinata dalla Procura di Roma, e aveva spostato la sua base proprio negli Emirati Arabi. Ai fini investigativi, è rilevante constatare che l’arresto dell’albanese sia avvenuto dieci giorni fa e che giovedì scorso è stata fatta saltare in aria l’automobile di Ranucci che si trovava sotto la sua abitazione a Campo Ascolano, frazione di Pomezia. C’è uno stretto riserbo sulle indagini, ma non sarebbe da escludere un collegamento con l’attentato a Ranucci dal momento che Report si è occupata con diverse inchieste della criminalità albanese. Quegli stessi gruppi criminali legati anche ai clan che si contendono il controllo dello spaccio su Roma e sul litorale laziale. Intanto, proseguono le indagini sull’attentato al giornalista: un passante avrebbe visto la sera dell’esplosione un uomo incappucciato in zona. E sempre nei dintorni dell’abitazione è stata ritrovata una 500, risultata rubata a Ostia. In passato Ranucci era finito nel mirino di un narcotrafficante legato alla ’ndrangheta e al cartello colombiano di Pablo Escobar che avrebbe incaricato «due killer albanesi di spararmi», ha riferito lo stesso Ranucci. «Non aveva gradito un mio servizio sui rapporti tra politica e criminalità organizzata». Quindi, per l’attentato di giovedì scorso non starebbe in piedi un movente «politico» e potrebbero esserci dei legami con la criminalità albanese. Si tratta, ovviamente, di piste tutte al vaglio degli inquirenti. Ieri, il capo dello Stato Sergio Mattarella ha definito «allarmante» l’attentato al giornalista parlando a Bruxelles nel corso dell’incontro con i presidenti della Camera e del Senato belgi, Peter de Roover e Vincent Blondel. Il capo dello Stato ha ringraziato gli ospiti «anche per il riferimento alla bomba, all’attentato di minacce nei confronti di un giornalista».
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