2020-10-18
Inverno fermo al palo per sciatori e funivie
Nessuna indicazione per gli impianti di risalita alle soglie dell’inizio della stagione: «Fra 15 giorni si decide l’innevamento artificiale In caso di stop, vogliamo indennizzi». Le indicazioni del governo risalgono all’estate. E i privati hanno studiato un protocollo da soliQuest’anno, per gli operatori, l’incognita neve c’entra solo in parte. A poco più di un mese dall’apertura degli impianti sciistici, altri nodi allarmano i gestori delle piste: le regole per ripartire ancora non ci sono; all’orizzonte, viene profilato un nuovo incubo lockdown che potrebbe mettere in ginocchio un settore già fortemente indebolito. «Abbiamo l’urgenza di avere regole e scenari», spiega alla Verità Valeria Ghezzi, presidente di Anef, l’associazione che riunisce gli esercenti funiviari italiani. «Tra 15 giorni ci troveremo a decidere se partire con l’innevamento artificiale. Per farlo, dobbiamo investire, e non poco. Chi ci restituirà il denaro nel caso di una nuova chiusura? Se accendiamo e poi ci dicono di fare un “lockdown di reset”, come ipotizza il virologo Andrea Crisanti, allora chiediamo di essere indennizzati». tre fasiLa prospettiva di un Natale senza sci spaventa tutti, non solo gli impiantisti. A rischio, un settore che supera i 7 miliardi di fatturato annuo, che impegna diverse figure, come albergatori, commercianti, maestri di sci, artigiani. Nel solo arco alpino, per esempio, si contano oltre 400.000 dipendenti. Eppure, nell’ultimo Dpcm, il governo ha preferito prendere tempo, lasciando in sospeso un comparto di peso per l’economia del Paese. Nelle 20 pagine di testo, manca qualsiasi riferimento a piste da sci e impianti. L’unico cenno, indiretto, lo si trova all’allegato 15, che definisce «le modalità per il contenimento della diffusione del Covid-19 in materia di trasporto pubblico». Per il settore funiviario, tra le altre cose, viene disposto il rispetto del distanziamento di un metro tra i passeggeri. «Se questa norma fossa applicata anche al settore privato», lamentano gli impiantisti, «faremmo prima a non aprire: dovendo disporre i passeggeri a un metro, riusciremo a riempire una cabina da 15 posti con appena quattro persone. Con questa logica non andiamo da nessuna parte: perché non è stato deciso il coefficiente di riempimento dell’80%, come per tutti gli altri mezzi di trasporto?». Le domande più semplici restano ancora senza risposta: come evitare gli assembramenti ai tornelli? Quante persone possono salire sulle funivie? Le norme sono ferme a questa estate, quando il governo ha lasciato alle Regioni la facoltà di decidere sull’apertura degli impianti. «Ognuno aveva le sue regole», ricorda ancora la presidente Ghezzi, «ma ciò che può andar bene per l’estate non è pensabile per l’inverno. Possiamo permettere che uno sciatore passi da una regione all’altra e si trovi a dover seguire regole differenti? La sicurezza è una sola, non ha senso avere 20 norme». Un protocollo per contenere il rischio di contagi sugli impianti c’è, ed è stato messo a punto da Anef con l’ente di normazione Uni. Il testo, pronto dal 21 luglio e ancora in corso di validazione da parte del comitato tecnico scientifico, poggia su tre fasi: accoglienza della clientela, trasporto e uscita dall’impianto. In fase di accoglienza, scommettono gli impiantisti, sarà fondamentale la gestione dei flussi, per impedire che gli sciatori in entrata incontrino quelli in uscita.I biglietti per la stagione invernale, a identificazione a radiofrequenza, permetteranno di evitare qualsiasi contatto con i macchinari. «L’accesso alle casse», si legge nel documento, «avverrà una sola volta per tutta la permanenza giornaliera, settimanale o di altra durata». L’auspicio è quello di far funzionare gli impianti al massimo della capacità di portata, in modo da limitare la formazione di code. Di fronte alle incertezze del governo, molti operatori hanno deciso di muoversi, per non farsi trovare impreparati in vista dell’inizio della stagione, per molti impianti fissato al 28 novembre. «Abbiamo potenziato le soluzioni alternative di acquisto, per evitare agli utenti il passaggio in biglietteria», spiega Fabio Giacomelli di Bormio ski, uno dei 310 impianti attivi in Lombardia. «Molte strutture ricettive del nostro comprensorio vendono direttamente gli skipass, e ciò agevola il nostro lavoro». Punta sulla tecnologia anche Dolomiti superski, che ha messo a punto un sistema di app per monitorare la percentuale di riempimento degli impianti. Basterà ad attrarre gli sciatori? Ci sperano tutti, soprattutto gli albergatori. Nessuno, al momento, azzarda delle previsioni: troppa l’incertezza che rischia di scoraggiare i turisti. cancellazioni«Con le notizie che girano in questi giorni, ci sono state già le prime cancellazioni», spiega Gianni Battaiola, presidente dell’Associazione degli albergatori della provincia di Trento. «Dal Belgio, per esempio, ci hanno già fatto sapere che non riusciranno a venire. A rischio anche le presenze dei tedeschi e dei polacchi, che normalmente frequentano le piste del Trentino durante il periodo invernale. Avremo l’effetto dell’ultimo minuto, che per le strutture potrebbe essere dannoso e complicato, perché impedisce una programmazione».Stesse preoccupazioni anche sull’altro versante alpino: «Non si capisce come il governo intenda agire, in quale direzione voglia andare», lamenta Alessandro Comoletti, presidente di Federalberghi Piemonte. «Tutti gli indici parlano di una fine dell’anno in crisi e non sappiamo ancora quali saranno le linee guida». Si torna sempre lì, alle regole che non ci sono. Ai ritardi che rischiano di aggravare un settore fermo ormai dallo scorso marzo.