2018-06-17
«L’Ue deve mollare la sua presa sugli Stati»
Antonio Martino, ex ministro dei governi Berlusconi, eurocritico liberale: «L'interesse nazionale è un valore a cui nessuno vuole rinunciare». Poi parla dell'ipotesi addio: «L'uscita è difficile ma possibile, porterebbe tasso di cambio e politica monetaria indipendenti».Antonio Martino è molte cose, una più rara e preziosa dell'altra in Italia: un autentico gentiluomo, una persona di squisita e sottile ironia, un economista tra i più autorevoli, un liberale, un liberista, un libertario, un euroscettico ante litteram. Tanti avrebbero fatto e farebbero bene ad ascoltarlo di più, dentro e fuori dai Palazzi romani. Ha accettato di ragionare a tutto campo con La Verità. Professore, lei è stato in Italia uno dei primi eurocritici liberali. «Il mio primo articolo eurocritico risale al dicembre del 1970: spiegavo perché non mi convinceva il Piano Werner (uno dei primi progetti di unificazione monetaria, ndr). Ragionavo sul fatto che mi pareva contraddittorio tenere cambi fissi e politiche monetarie diverse. Lo proposi alla rivista di politica economica della Confindustria. Prima mi dissero che non potevano pubblicarlo (“Altrimenti sembra che andiamo contro l'Europa"). Allora premisi la formula: “Sono favorevole all'Europa, ma…". Morale: lo pubblicarono sei mesi dopo, nel giugno del 1971, in caratteri così piccoli da non essere quasi leggibile…».Non si è voluto ascoltare? «Io sono stato attaccato appena misi piede in politica, nel 1994. La verità è che c'è un eurobigottismo che non ha voluto ascoltare gli eurocritici liberali, e ora deve fare i conti con i populisti, molto più aggressivi. L'Europa nasceva contro l'abuso della sovranità nazionale, ma poi si è esagerato nel senso opposto, svilendo la dimensione nazionale. Qui finisce che, per reazione, comincio a diventare sovranista perfino io: l'interesse nazionale è un valore!». Cosa non andava nel progetto europeo?«Basterebbe ristudiare la storia. Nel 1954 il Parlamento francese si rifiutò di ratificare il trattato istitutivo della Ced, la Comunità europea di difesa. Contemporaneamente, in Italia, per il coinvolgimento di suo figlio nella vicenda Montesi, il ministro degli Esteri Attilio Piccioni dovette dimettersi. Allora venne chiamato mio padre, Gaetano Martino, che organizzò la Conferenza di Messina nel 1955. E si convenne (giustamente) che le condizioni non rendevano attuabile l'unificazione politica. Settanta anni dopo è ancora così: i tempi non sono adatti all'unione politica, perché nessuno vuole rinunciare a una dimensione nazionale forte. Gli eurobigotti ne prendano atto...». E cosa non ha funzionato nell'euro? «Prima o poi dovrò ripubblicare una corrispondenza tra Mitlon Friedman e me, anche a seguito di una tesi della mia ultima figlia. L'argomento di Friedman è stringente: il grave errore nella costruzione dell'euro è che “hanno buttato via la chiave". Si sono dimenticati di dirci cosa fare se non funzionava…».Cioè?«Non è vero che sia impossibile uscirne. Certamente non sarebbe facile. Non è neanche detto che sia desiderabile farlo. Uscendo ci sarebbero due vantaggi: tasso di cambio e politica monetaria nazionale». Quelli che lei chiama eurobigotti hanno reintrodotto il crimine di «blasfemia» verso l'Ue? Non si può nemmeno criticare l'Europa e l'euro?«Si giunge al ridicolo. Conosco Paolo Savona, è scettico per ragioni lontanissime dalle mie. Ma ha avuto il coraggio di dirlo. Altri tacciono perché hanno paura della caccia alle streghe. Il tiranno che ti toglie diritto di parola mi fa paura, ma è peggio chi se ne priva da sé per paura dell'opinione avversa». Che deve fare il governo italiano al Consiglio europeo di fine mese?«Bisogna usare bene l'amicizia con alcuni dei Paesi ritenuti meno importanti ma che sono più numerosi, e - con la forza dei numeri - costringere i Paesi più importanti a trattare. Penso a Polonia, Repubblica Ceca, Ungheria, Slovacchia». Ma che Europa ci converrebbe?«Una Costituzione seria enumererebbe le cose che l'Ue dovrebbe fare, con ciò escludendo tutte le altre. Per me potrebbe fare solo tre cose: politica estera, difesa e libertà di commercio. Tutto il resto no, a partire dal fiscal compact». Spostiamoci in America. Cosa pensa della criminalizzazione che tanti fanno di Donald Trump?«Trump non sarà Ronald Reagan, ma per sua e nostra fortuna non è neanche Barack Hussein Obama. Ha fatto una riforma fiscale giusta, che sta assicurando tassi di sviluppo elevati, boom in Borsa e disoccupazione bassissima. Ha dialogato con la Corea del Nord, ma dopo averla trattata con durezza. Ha riconosciuto pienamente Gerusalemme come capitale. Cose ottime. Perfino sul protezionismo (che ovviamente da liberale non mi convince), mi sono persuaso che non voglia una guerra commerciale, ma che la sua sia una mossa tattica per costringere Cina ed Europa a comportarsi correttamente». Diamo un consiglio alla maggioranza sulla flat tax. Fu il primo a proporla in Italia.«La misi nel programma di Forza Italia nel 1994, avevo prima invitato Alvin Rabushka, grande sostenitore della flat tax. Tra l'altro, oltre a rilanciare l'economia, ha un enorme vantaggio: rende meno conveniente l'erosione e l'elusione fiscale. Non si deve temporeggiare, e non si devono fare due aliquote. Salvini aveva detto 15? Si faccia il 15%». E le critiche da sinistra?«Il Pd si vanta di aver operato in questo senso per le imprese. E allora perché non anche per le famiglie?».Diamo un altro consiglio al governo e alla maggioranza. «C'è un vero nodo: la spesa. Nessun Paese è mai cresciuto se la spesa pubblica supera il 45% del reddito nazionale. Ci sono cose da affrontare: il costo del servizio sanitario nazionale (si arriva a 200 miliardi l'anno!) e poi le Regioni. E serve il buono scuola, come fattore di competizione e di libertà di scelta». E cosa la convince meno della maggioranza gialloblù?«Le intenzioni dei 5 stelle di aggiungere il reddito di cittadinanza alla pletora di spese sociali che già abbiamo». E perché il Pd si è squagliato? «Il Pd è stato colpito da uno tsunami. Matteo Renzi gli aveva fatto perdere la vecchia matrice, ma li ha portati su un terreno dove non hanno idee nuove. Ora non hanno più né il vecchio né il nuovo. La cosa mi preoccupa: l'assenza della sinistra comporta l'assenza della destra».E a Forza Italia e a Silvio Berlusconi che consiglio darebbe? «Calma per un po' di tempo. Poi di pescare tra i giovani. E di liberarsi del cerchio magico. Se lo cerco, non me lo passano...».
Giorgia Meloni al Forum della Guardia Costiera (Ansa)
«Il lavoro della Guardia Costiera consiste anche nel combattere le molteplici forme di illegalità in campo marittimo, a partire da quelle che si ramificano su base internazionale e si stanno caratterizzando come fenomeni globali. Uno di questi è il traffico di migranti, attività criminale tra le più redditizie al mondo che rapporti Onu certificano aver eguagliato per volume di affari il traffico di droga dopo aver superato il traffico di armi. Una intollerabile forma moderna di schiavitù che nel 2024 ha condotto alla morte oltre 9000 persone sulle rotte migratorie e il governo intende combattere. Di fronte a questo fenomeno possiamo rassegnarci o agire, e noi abbiamo scelto di agire e serve il coraggio di trovare insieme soluzioni innovative». Ha dichiarato la Presidente del Consiglio dei Ministri Giorgia Meloni durante l'intervento al Forum della Guardia Costiera 2025 al centro congresso la Nuvola a Roma.
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