2025-06-07
Donatella Isca: «Parità, carriera, autodeterminazione: sul femminile, basta dogmi progressisti»
La fondatrice di Donne di destra: «Le narrazioni dominanti svuotano di senso concetti fondamentali come la maternità».Han deciso di far sentire la propria voce, Donatella Isca e altre donne attive nel contribuire all’impalcatura che regge la nostra società. Quattro, come le «Piccole Donne» o come le «Virtù cardinali». Con Donatella ci sono anche Nicoletta Di Santo, Sonia Lombardo e Carola Profeta.Donatella, cosa ci state combinando?«Abbiamo dato vita a Donne di Destra, un progetto che nasce dalla necessità di dare rappresentanza e visibilità ad un universo femminile monopolizzato da narrazioni sedicenti progressiste e che di progresso ci pare abbiano poco; narrazioni che svuotano di senso concetti fondamentali come maternità, educazione, spiritualità, identità. La donna non è solo “autodeterminazione” e “carriera”: è anche natura, identità, relazione, maternità, cura. La narrativa dominante è centrata sul fatto che per affermarci come donne dovevamo imitare il modello maschile: la parità. Il paradosso è che, in nome del presunto diritto di uguaglianza, le donne, costrette a negare sé stesse per affermarsi, sono private della loro differenza».E come vorreste restituire valore alla differenza femminile?«Partendo proprio da ciò che ci rende uniche: la nostra struttura biologica, da cui consegue una nostra diversa sensibilità, la capacità di custodire, di generare. Donne di Destra non è un progetto contro qualcuno, tantomeno contro gli uomini: è un progetto per qualcosa. Per arricchire la società della peculiarità, specifica e irripetibile, che ci distingue. I nostri pilastri, per così dire “non negoziabili”, sono la centralità della famiglia, la tutela della vita dal concepimento alla morte naturale, la libertà educativa, e il recupero della dimensione spirituale e identitaria della nostra civiltà, che per noi è quella cristiana. Questi non sono concetti astratti, ma fondamenta storiche e morali che hanno costruito l’Italia e l’Europa. La famiglia come la intendiamo noi è quella degli articoli 29, 30 e 31 della nostra Costituzione e, quanto alla identità cristiana, ci sono 2000 anni dietro di noi. Per qualche misteriosa ragione si sta scegliendo di ignorare entrambe le cose».Insomma, la vostra «visione alternativa» rispetto al femminismo dominante è invece una realtà ignorata e che si vorrebbe alterare.«Già. Rifiutiamo la contrapposizione tra i sessi, e valorizziamo la complementarietà tra uomo e donna. Il femminismo ha fatto battaglie importanti, ma ha anche imboccato una strada che ha costretto la donna a scegliere tra carriera e maternità, tra affermazione e relazione, tra potere e amore». A proposito di parità, qual è la vostra posizione sulle cosiddette «quote rosa»?«Le quote rosa sono la negazione stessa del merito e della dignità della donna. Partono dal presupposto che una donna, da sola, non ce la possa fare. È un assistenzialismo culturale che finisce per sminuire proprio ciò che dice di voler promuovere. Noi non vogliamo essere inserite in un elenco solo perché “donne”, ma perché capaci, coerenti, competenti. Le quote sono una scorciatoia ideologica che mortifica sia le donne che la politica. La vera sfida è costruire una cultura dove le donne vengano scelte perché portatrici di specifico valore, non per riempire una casella. Oggi più che mai serve una nuova generazione di donne che entri in politica non per occupare un posto, ma per portare una visione. La donna di destra non rinuncia alla propria identità per partecipare: la afferma, e così trasforma il modo di fare politica».Il vostro manifesto parla di valori «non negoziabili»: famiglia, dignità, spiritualità. Vuol chiarire?«Partiamo dalla famiglia. Non è un fatto privato: è, non solo secondo noi ma secondo la nostra Costituzione, la cellula fondamentale della società. E una politica in linea con la nostra Costituzione deve tutelare, sostenere, e incentivare la famiglia. Parliamo di sostegni economici reali alla maternità, di servizi per l’infanzia, di strumenti che permettano alla donna di scegliere liberamente, senza essere penalizzata se decide di dedicarsi alla crescita dei figli. Difendiamo la libertà educativa delle famiglie e, in un contesto in cui spesso la scuola si fa veicolo di contenuti ideologici, noi chiediamo rispetto per la sensibilità dei genitori. L’educazione, come da articolo 29 della Costituzione, è un diritto e un dovere primario dei genitori, non dello Stato. Inoltre, promuoviamo il recupero del senso del limite, del rispetto, della dignità della persona, e questo dal concepimento fino alla morte naturale».Una domanda sull’aborto è d’obbligo.«La 194 è nata per garantire la tutela sociale della maternità, e l’aborto - che, legale o no, è comunque un omicidio - non deve essere usato come mezzo di controllo delle nascite. Una nazione che si sta estinguendo dovrebbe preoccuparsi di incentivare le nascite invece di assumere medici non obiettori come sta avvenendo in Sicilia».Alcuni vi accuserebbero di ispirarvi a modelli superati del passato e di essere reazionarie.«Il passato non è privo di valori, alcuni anche eterni, e per noi la tradizione è custodire il fuoco, non adorare le ceneri. Essere conservatori è una dote ed un privilegio, perché il vero conservatore è chi sa cosa è importante salvare e non chi resiste a priori ad ogni cambiamento. La nostra è una battaglia culturale, prima ancora che politica: contro la deriva relativista, contro l’ideologia della fluidità totale, contro la cultura dell’indistinto. Difendere la differenza tra uomo e donna, valorizzare la maternità, promuovere la responsabilità educativa, non significa essere retrogradi. Significa avere una visione strutturata dell’essere umano, del suo posto nel mondo. Tutto sommato una visione più realistica e meno ideologica delle cose».La maternità è un tema molto presente nel vostro manifesto...«Assolutamente. Riteniamo che la maternità debba essere riconosciuta e valorizzata come una funzione sociale fondamentale, specialmente adesso che viviamo il cosiddetto inverno demografico. Oggi una donna che sceglie di dedicarsi alla famiglia è spesso guardata con commiserazione, come se stesse rinunciando a qualcosa. Noi vogliamo capovolgere questa visione, e sogniamo per la natalità un programma di poderoso sostegno economico. La maternità non deve significare una rinuncia, ma deve essere considerata una scelta potente, generativa, che contribuisce in modo unico ed essenziale al tessuto sociale. Per questo serve una politica che la sostenga». Chi sono le vostre interlocutrici? Solo donne impegnate in politica?«Intanto non sono solo donne. Anche uomini che condividono questa visione del ruolo complementare tra i due sessi. Quanto alle donne ci rivolgiamo a quelle donne che non si sentono rappresentate dall’attuale narrazione dominante di donna che deve affermarsi contro l’altro sesso anziché assieme all’altro sesso». In questo contesto, mi dia una caratterizzazione di sé stessa.«Sono una donna che ha scelto di non rinunciare al ruolo di moglie e madre (e adesso anche di nonna di un bimbo di 6 mesi). Non temo di andare controcorrente. Anzi: mi riconosco nell’immagine del salmone che risale il fiume, ostinata e determinata, anche quando la direzione opposta sembra la più facile o la più comune». Insomma, una Jo del romanzo della Alcott, e se fosse una stagione lei sarebbe l’estate. Dico bene?«Può darsi».
lUrsula von der Leyen (Ansa)