
Un nuovo scandalo di corruzione travolge Kiev, mettendo in crisi la credibilità del governo nel pieno della guerra contro la Russia e accendendo le tensioni con gli alleati occidentali. Il presidente Volodymyr Zelensky ha chiesto e ottenuto le dimissioni del ministro della Giustizia German Galushchenko e della ministra dell’Energia Svitlana Grynchuk, dopo averli accusati di aver perso la fiducia necessaria per restare nei loro incarichi. La decisione è arrivata dopo settimane di tensioni e indagini sul sistema energetico nazionale, già sotto pressione per i bombardamenti e le difficoltà economiche.
In un messaggio diffuso su Facebook, Zelensky ha spiegato che la scelta è legata alla necessità di garantire trasparenza e responsabilità: «Ritengo che il ministro della Giustizia e la ministra dell’Energia non possano restare nei loro incarichi. È una questione di fiducia. Se esistono accuse, bisogna affrontarle». Il presidente ha incaricato il premier Yulia Svyrydenko di sollecitare le dimissioni ufficiali dei due ministri e ha invitato la Verkhovna Rada, il Parlamento ucraino, ad approvarle senza indugio. Ha inoltre annunciato che il Consiglio per la sicurezza e la difesa nazionale adotterà sanzioni contro i soggetti coinvolti, sulla base delle proposte del governo.
Al centro dello scandalo si trova la compagnia statale Energoatom, che gestisce le centrali nucleari ucraine. L’Ufficio nazionale anticorruzione (Nabu) ha scoperto un sistema di tangenti legato a contratti pubblici per un valore di circa 100 milioni di dollari. Cinque persone sono state arrestate e altre sette risultano indagate, tra cui un ex consigliere del ministro dell’Energia e un alto dirigente della società. L’inchiesta, aperta oltre 15 mesi fa in collaborazione con l’Ufficio del procuratore specializzato anticorruzione (Sapo), ha rivelato una rete di trasferimenti di denaro che avrebbe raggiunto anche le alte sfere politiche.
Secondo Nabu e Sapo, tra i beneficiari vi sarebbe un ex vicepremier noto con il soprannome di «Che Guevara». Il quotidiano Ukrainska Pravda lo identifica in Oleksii Chernyshov, accusato di aver ricevuto più di 1,2 milioni di dollari e quasi 100.000 euro in contanti, in parte consegnati in una clinica privata di un complice. L’ultima tranche, di 500.000 dollari, sarebbe stata versata alla moglie di Chernyshov quando l’ex ministro era già nel registro dei sospettati.
Per Zelensky, che aveva fondato la propria immagine sulla promessa di sradicare la corruzione, il caso rappresenta un colpo durissimo. Ha definito «anomala» la persistenza di pratiche corruttive nel settore energetico, in un Paese devastato dai blackout e da una crisi economica crescente. Il Nabu ha chiarito che gli arresti non hanno interrotto le operazioni di Energoatom, ma la pressione politica resta altissima. Kiev deve ora dimostrare agli alleati che i miliardi di aiuti militari e finanziari non vengono inghiottiti da circuiti illeciti.
Da Berlino il portavoce del governo tedesco, Stefan Kornelius, ha espresso «seria preoccupazione» per le notizie provenienti dall’Ucraina, pur ribadendo la fiducia nella magistratura locale: «Monitoreremo attentamente gli sviluppi e restiamo in contatto con il presidente Zelensky. Se necessario, si dovranno trarre le dovute conseguenze». Il Cremlino, prevedibilmente, ha colto l’occasione per attaccare. Il portavoce Dmitry Peskov ha dichiarato che «le capitali europee stanno iniziando a rendersi conto che una parte del denaro dei loro contribuenti viene sottratta dal regime di Kiev», alimentando una propaganda che trova terreno fertile in un’Europa sempre più stanca del conflitto. Durante il G7 dei ministri degli Esteri in Canada il segretario di Stato americano Marco Rubio ha incontrato il ministro ucraino Andrii Sybiha per discutere di «come rafforzare la difesa dell’Ucraina e porre fine al conflitto». «Gli Stati Uniti restano impegnati a lavorare con i partner del G7 per incoraggiare la Russia a scegliere la via diplomatica e avviare un dialogo diretto con Kiev», ha scritto Rubio su X.
Anche il ministro italiano Antonio Tajani ha espresso solidarietà: «Il ministro ucraino ci ha assicurato che le cose stanno cambiando. Sono stati fatti dimettere coloro che erano coinvolti». Tajani ha aggiunto che l’Italia è pronta a sostenere iniziative anticorruzione in Ucraina, anche in vista della futura adesione all’Unione europea: «I nostri magistrati e la Guardia di Finanza sono pronti a dare un contributo di collaborazione». Ha poi ricordato la necessità di agire con prudenza anche sull’uso dei beni russi congelati: «Non siamo contrari, ma serve una base giuridica solida e non dobbiamo commettere errori». Poi Tajani ha concluso parlandi di armi: «Non riscontro alcuna perplessità all’interno del governo riguardo all’acquisto di armamenti statunitensi destinati all’Ucraina».
Per Zelensky, stretto tra la guerra e la necessità di difendere la credibilità del Paese, lo scandalo Energoatom è più di una semplice crisi politica: è una vera battaglia per la sopravvivenza dello Stato, in cui la corruzione appare come il nemico più subdolo e antico dell’Ucraina.






