2024-09-23
Un Internet tutto da toccare
Tastare un abito che vogliamo comprare online, sentire il caldo e il freddo... Non è una prospettiva vaga, ma un futuro più vicino di quanto sembri.Ogni anno il settore cresce del 14%. Tra le aziende di riferimento c’è un’italiana.Lo speciale contiene due articoli.Immaginate di poter toccare a distanza il tessuto di un abito che volete comprare su Internet, per capire se vi convince oppure no. Di riuscire a sentire la superficie di un tavolo esposto nel sito web di un negozio di mobili o di avvertire l’impatto con un ostacolo in uno spazio virtuale, per esempio dentro un videogioco. In sintesi, di avere la possibilità di percepire sulle dita una qualunque consistenza: il liscio come il ruvido, il caldo oppure il freddo, associati a un oggetto presente sullo schermo dello smartphone o del computer.Sarebbe una rivoluzione, l’intangibile non più tale, l’aggiunta di un terzo senso all’esperienza digitale. Dopo la vista e l’udito, il tatto. Dopo le immagini che scorrono su un display e l’audio che esce da un altoparlante o suona nelle cuffie, l’avvento di dispositivi in grado di simulare la fisicità. È la grande promessa delle interfacce aptiche, la «haptic technology» nella formula inglese, ma il termine arriva dal greco e significa, per l’appunto, connettere, mettere in contatto. Azzerare una lontananza. Non è un orizzonte vago, ma una tendenza che si candida ad affermarsi presto su larghissima scala: in un report pubblicato lo scorso agosto, la società di ricerche di mercato Futuresource scrive che, entro il 2028, più della metà degli oggetti dell’elettronica di consumo avrà a bordo almeno un’interfaccia di questo tipo. Sarà la realizzazione di quel «tactile internet», l’internet da toccare, immaginato in uno studio che risale al settembre del 2018, sfiora le 500 pagine, arriva dall’università di Monaco, coinvolge ricercatori dal Canada alla Cina, dagli Emirati Arabi al Regno Unito. Potrebbe essere uno sbocco per un filone dall’alto potenziale, che ha le sue radici negli anni Ottanta e Novanta e prende le mosse dalla robotica avanzata. Dà la possibilità a scienziati, medici, operatori iper-specializzati, di manovrare braccia meccaniche per svolgere operazioni a distanza in luoghi a rischio di contaminazione, in sedi di disastri naturali, nello spazio, nelle profondità della terra o nei meandri del corpo umano. Con il vantaggio di non limitarsi a vedere sullo schermo cosa stanno facendo, ma di ricevere un riscontro diretto sulle loro mani e, dunque, risultare estremamente più precisi. Questa le premesse, resta da tracciare gli sviluppi: com’è accaduto per l’informatica e la telefonia mobile, la differenza si ha quando l’enorme diventa piccolo, il computer che occupa una stanza si condensa in un laptop, mentre il cellulare, da valigetta pesantissima, assume un peso piuma ed entra in una tasca. È la traiettoria attuale della tecnologia aptica, che procede a farsi miniatura, a stare in un guanto, in un ditale, nel perimetro ridotto di un piccolo display. A progredire a livello logico, perché nella sua versione basilare tutti la conosciamo già, ne facciamo esperienza ogni giorno. È la stessa della vibrazione del telefonino o dello smartwatch: «Solo che in quel caso si riduce a una notifica. All’arrivo di una chiamata o di un messaggio, all’invito dell’orologio ad alzarsi dalla sedia. Può fare davvero molto di più» spiega Guido Gioioso, uno dei pionieri in Italia nel settore, tra i pochissimi ad aver trasformato tale promessa in business. È il ceo di Weart, società che propone guanti per toccare il mondo digitale, muovendosi in ambienti di realtà virtuale e aumentata. Ne ha venduti in numerosi Paesi del mondo, costano diverse migliaia di euro, hanno al momento usi quasi esclusivamente professionali, però l’ambizione è ridurre il prezzo e allargare il bacino dei destinatari.Gioioso esce dai laboratori dell’università di Siena, focalizzati sullo studio della mano umana, sul decifrare ed estenderne le percezioni. La città toscana è fra i vari centri accademici d’eccellenza tricolore in materia, assieme alla Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa (vedi l’intervista nella pagina a fianco) o l’Istituto Italiano di Tecnologia, dov’è stato realizzato una sorta di tatuaggio elettronico, facile da applicare sulla pelle, capace di riprodurre sensazioni tattili. Anche per il supporto dei disabili: si pensi a un non vedente o ipovedente che, attraverso questo strumento, riesce a leggere il braille facendo scorrere le dita su uno schermo, non solo sulle pagine di un libro, avendo accesso a un catalogo di contenuti potenzialmente illimitato. Altri utilizzi sono nell’ambito della formazione: il tatto è il senso principe sin da bambini, si tende a ricordare meglio e più a lungo le cose che si sfiorano o maneggiano. Scuola e università ne trarrebbero profitto. Poi, c’è l’intrattenimento: un film o uno spettacolo in cui l’azione travolge, come già avviene in alcune attrazioni dei parchi di divertimento.Nella pratica, il funzionamento della tecnologia aptica è persino banale, si realizza tramite una combinazione di stimolazioni: «La prima si lega a un piccolo motore che solleva la pelle, comprime il polpastrello nell’istante esatto in cui, nell’universo virtuale, avviene un contatto con un oggetto. Un’altra produce vibrazioni d’intensità variabile, così, nel momento in cui ci si sposta su quell’oggetto, se ne percepisce la consistenza, la ruvidezza, le caratteristiche della superficie. Un’ultima stimolazione riscalda o raffredda l’area di contatto con la pelle, restituendo sensazioni termiche». Le cose si complicano quando si ragiona in termini di accuratezza: «Se nel campo dell’audio siamo nel terreno dell’alta fedeltà, se nel video come standard abbiamo il 4K, l’altissima risoluzione, nell’aptica siamo ancora alla fase della televisione a colori». Non è il bianco e nero, le sfumature ci sono, ma non hanno la profondità necessaria per parlare di una svolta. Prendiamo l’esempio dell’inizio, torniamo all’e-commerce: se sto guardando un abito di raffinata seta ma sulle dita avverto qualcosa di scarso, di deludente, potrei essere spinto a non comprarlo più. Anziché rappresentare un valore aggiunto, quest’esperienza potrebbe rivelarsi controproducente.Ancora, la haptic technology, tra vibrazioni, movimenti, riscaldamenti e raffreddamenti, consuma parecchia energia: «Se davvero vogliamo condensarla in uno smartphone o un dispositivo portatile, ha bisogno di evolvere. Allo stato attuale, farebbe scaricare troppo velocemente la batteria, al punto da rendersi inutilizzabile».Non sono nemmeno questi gli ostacoli principali alla sua affermazione: quello maggiore riguarda la semantica, la traduzione del visuale in tattile. Per semplificare, significa che un programmatore deve prendere le caratteristiche di un oggetto rappresentato da una foto o un filmato e inserirle in un software, altrimenti il guanto o lo schermo con il touch evoluto, da soli, senza contenuti, sono inutili. «Un grande aiuto» osserva Gioioso «può arrivare dall’intelligenza artificiale, che è in grado di dedurre in automatico le proprietà di un oggetto. In questo modo, qualunque esperienza tridimensionale si potrà intrinsecamente collegare al tatto». Rendendo l’aptica quello che aspira a essere: un prodotto di massa, la prossima grande frontiera della tecnologia.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/internet-tattile-2669252957.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="il-business-nel-2030-superera-i-7-miliardi" data-post-id="2669252957" data-published-at="1727086440" data-use-pagination="False"> Il business nel 2030 supererà i 7 miliardi Secondo la società di ricerche di mercato Fortune Business Insights, la tecnologia aptica valeva, a livello globale, quasi 3 miliardi di dollari a fine 2023 e supererà i 7 miliardi di dollari entro il 2030, registrando un tasso di crescita annuale stimabile attorno al 13,6%. È dunque un business già concreto, con il suo ventaglio di attori: alterna start-up in crescita, realtà aziendali solide, altre naufragate. Il nome storico è Immersion Corporation, fondata nel 1993, con sede a San Jose, in California, nel cuore della Silicon Valley. È stata la prima a fare incetta di brevetti in questo territorio e ad avere l’intuizione che uno smartphone vibrante non fosse un eccesso di bizzarria, ma un’idea sensata, estendibile ad altri ambiti, a cominciare dalle console di gioco. Oggi, oltre vent’anni dopo, collabora con colossi come Meta e Samsung, è quotata al Nasdaq, vanta una capitalizzazione prossima ai 300 milioni di dollari – praticamente un decimo del valore dell’intero mercato della haptic technology – e si vanta di essere presente con le sue soluzioni in oltre 3 miliardi di dispositivi a livello globale. Se Weart è il riferimento in Italia e si batte in un agone internazionale, i suoi concorrenti principali, con proposte analoghe, sono l’olandese Senseglove e l’americana Haptx. Entrambe propongono guanti per far sentire la realtà virtuale come se fosse reale, per simulare la fisicità con la maggiore accuratezza possibile. La seconda ha ricevuto recensioni positive dalla grande stampa internazionale, da Newsweek a Forbes; la prima elenca sul sito ufficiale il prestigio dei suoi clienti, dall’università di Cambridge all’Esa, l’Agenzia spaziale europea. Non è andata bene invece ad altri partecipanti a questa corsa, caduti senza riuscire più a rialzarsi o costretti a cedere la loro attività. Il caso più clamoroso, e ambizioso, è la statunitense Tanvas, citata anche nelle primissime pagine del monumentale studio del 2018 sull’Internet tattile. L’azienda ha progettato un tablet, disponibile per gli sviluppatori, che restituisce sensazioni cangianti ai polpastrelli in base al contenuto visualizzato. Sulla carta è geniale, ma non se ne hanno più notizie e aggiornamenti da un paio d’anni. La francese Go Touch Vr, come il suo nome suggerisce, è stata tra le prime a immaginare dispositivi per interagire fisicamente con la realtà virtuale, ma il suo sito è stato spento dopo l’acquisizione della start-up da una società attiva nel mondo dei videogiochi.