2019-07-22
Insalatona. La ciotola piena di tanti cibi nuova tendenza del mangiar sano
Ognuno può realizzare abbinamenti su misura amalgamando gusti ed elementi nutritivi: si sceglie, si mescola, si condisce. Un creativo londinese ha inventato un piatto al giorno per la pausa pranzo, e quando è arrivato a quota 1.000 ha trasformato la sua passione in un business.Soprattutto nelle città italiane ad alto tasso foodie, in primis Milano, si sta affermando la tendenza della bowl. Nascono, difatti, in ogni dove locali dai menù composti di sole bowl. Si definiscono, nella nuova lingua no borders mezzo italiano mezzo inglese giustapposti un poco a vanvera (l'idioma di Alessandro Gassman quando si rivolge ai suoi seguaci Twitter chiamandoli «folks»), «bowleria» o addirittura «buleria» e tutti sembrano impazziti per pratica e teoria della bowl. C'è chi ti intrattiene con il teorema della perfetta combo tra percentuale di carboidrati, proteine e vitamine, ma magari, un tempo, era un altrettanto convinto adepto della dieta dissociata che non metteva nemmeno il parmigiano grattugiato sulla pasta «per non mescolare cibo proteico a cibo glucidico!». C'è chi esalta la bowl in quanto piatto onnicomprensivo, ma è lo stesso che disprezza i menù italiani a prezzo fisso con un primo, un secondo e un contorno eventualmente serviti in piatto unico (il cosiddetto tris) perché, se non ha ascendenza esterofila, considera la mescolanza da poveri popolani. Che cos'è la bowl? La parola inglese significa ciotola e con essa si intende, per metonimia, un pasto intero servito appunto nella ciotola, in forma di insalata, cioè mescolato tutto insieme. Mangiare una bowl vuol dire, in soldoni, mangiare un'insalata di cibo in ciotola. Sinonimo di ciotola - che in francese si dice boule - è anche insalatiera: e infatti la bowl è diventata questo contenitore elettivo anche per il banale motivo che quanto non entrerebbe in un piatto, invece stanzia bello largo in un'insalatiera, ciotola o bowl che dir si voglia. La bowl contiene primo, secondo e contorno: per convogliare il contenuto di tre piatti in uno solo, quest'ultimo deve per forza essere più grande. La bowl, va detto, non sempre viene servita già mescolata, quasi a far di tutto e di più per differenziarla formalmente dall'insalata e farla percepire come qualcosa di assolutamente nuovo. Tuttavia, anche se gli ingredienti sono disposti in strisce parallele, fossero anche assemblati a formare sculture di cibo, alla fine per mangiarli si devono sempre mescolare: chiamiamola bowl per timbrare il cartellino dell'esotismo, ma - lo ribadiamo - sempre di insalata si tratta. Quello della bowl è un fenomeno culinario all'apparenza innovativo, ma a ben guardare l'unica novità sta nella forma (il nome non italiano), non nella sostanza. Questa epifania della bowl, che viene chiamata anche Buddha bowl e che ha ipnotizzato i foodie, ha avuto come apripista esteri da una parte il ramen, la bowl brodosa, e dall'altra prima il chirashi e poi il poke, la bowl asciutta.Queste bowl paiono dire per la prima volta alla platea di mangiatori italiani sempre in cerca di novità che il pranzo o la cena si possono servire anche in un'unica soluzione: ma i mangiatori italiani non immemori della tradizione lo sapevano già. Gli spaghetti in brodo con le polpette non sono tanto diversi da un ramen, l'insalata di pollo non è così differente da un poke hawaiano e la pasta fredda alla checca (spaghetti, pomodori maturi, olive, basilico, prezzemolo, finocchio, pepe, olio evo) è praticamente un chirashi italiano. In bowleria, la bowl si può riempire di qualunque cosa - tra quelle offerte - si voglia, selezionando da una griglia di categorie (un carboidrato, una proteina, due verdure, una salsa e così via) oppure si opta per una tra le tante combinazioni già stabilite. A parte il vestito non italiano, però, come dicevamo, nulla di nuovo sotto il sole. La bowl è la versione aspirante gourmand dell'insalata che, oltre che nei nostri libri di cucina, si trova con ingredienti a scelta già da parecchio (decenni) nei ristoranti Autogrill... Il ristorante Ciao Italia del gruppo Autogrill nasce nel 1981 giusto con la formula di ristorante free-flow: «Ciao consente al cliente di comporre il proprio pasto muovendosi liberamente tra le varie isole - dai primi ai secondi, dalle insalate ai dolci - senza dover attendere in coda», esattamente come il mangiatore di bowl davanti al bancone della bowleria che non deve stare ad aspettare il primo, poi il secondo, poi il contorno. Questa composizione autonoma del pasto è anche un'evoluzione del ristorante self service: perfino al ristorante dell'Ikea da sempre si può comporre la propria ciotola con ingredienti a scelta. A guardare ancora meglio, la bowl come contenitore di pasto-insalata trova tra i suoi padri anche la tendenza, anch'essa figlia degli anni Ottanta, dell'insalateria. Sicuramente lo ricorderete, soprattutto se eravate giovani a quell'epoca. Da ragazzi, soprattutto se con non troppi soldi in tasca, a cena di sabato sera non si andava al due stelle Michelin. La scelta, escluse pizzerie, trattorie e il ristorante cinese che sempre allora si affacciava nella nostra ordinarietà alimentare, si dicotomizzava: i gaudenti andavano al pub o al fast food a ingozzarsi di panini con hamburger, quintali di patatine fritte e birra, gli ascetici-salutisti all'insalateria per gustare insalatone (di verdure come miste con pasta, proteine e verdure) e acqua. Insomma, la tendenza dell'insalata come piatto unico e come piatto salutare non muore mai e in Italia non nasce - questo è poco ma sicuro - oggi, anche se chiamiamo bowl l'insalatiera e ci mettiamo ingredienti stranieri di moda adesso, come quelli considerati superfood: è la solita insalata che, semplicemente, si rinnova. E perciò ridiventa interessante agli occhi del mangiatore annoiato in bulimica ricerca di novità, naturalmente entusiasta della «bowlizzazione» dell'insalata. Ma, per dirla con un'espressione molto gettonata, la bowl, per l'alimentazione italiana, è una fake news.Insalata deriva dal verbo latino «insalare» che significa «condire di sale». Etimo.it ci spiega: «Cibo d'erbe e simili che si mangiano condite con sale aceto e olio e per lo più crude. I Latini lo chiamarono acetaria prendendo motivo dall'aceto, con il quale pure si asperge. Si dicono così anche le erbe onde si fa l'insalata». Con insalata, e ancor prima ai tempi degli antichi Romani con acetaria, intendiamo innanzitutto una preparazione di verdura o più verdure condite con una salsa. Poi, per estensione, si intende una mescolanza non solo di verdure, ma che può comprendere anche carboidrati, proteine e verdure. Perfino la macedonia, a volte, viene chiamata insalata di frutta. Perché ciò che fa del cibo un cibo in insalata è che sia tagliato e mescolato insieme. Nel gergo cinematografico, la pellicola che fuoriesce dai rulli e si mescola in un groviglio si definisce, appunto, insalata. Nella nostra tradizione, le ricette di insalata con carboidrati sono tante: l'insalata di pasta fredda con pomodori e mozzarella è una. La panzanella (il piatto toscano con tocchetti di pane raffermo ammollato, pomodoro, cipolla, basilico, sale, olio e aceto) è un'altra. Regina dell'insalata intesa come insalata verde è la lattuga. Perfetto contorno o antipasto per ogni stagione, la lattuga vanta una tradizione antichissima. «Nei secoli precedenti al supermercato, era venduta nei mercati o da venditori ambulanti, che la trasportavano in grandi canestri a mo' di zaino. Le leggendarie Halles di Parigi, per esempio, fornivano lattuga agli abitanti della città che non avevano mai visto un campo in vita loro», racconta Cibo. La storia illustrata di tutto ciò che mangiamo. Benché una varietà si chiami romana, la lattuga ha origine in Egitto: i Romani la conobbero tramite i Greci e nella Naturalis Historia del 77-79 d.C. Plinio il Vecchio cita ben nove tipi di lattuga. Oggi, i maggiori produttori di lattughe sono la Cina, la Spagna e gli Stati Uniti e un impennamento del già alto consumo mondiale si è avuto a partire dagli anni Quaranta del secolo scorso con la creazione della lattuga iceberg, capace di sopportare meglio delle altre il trasporto refrigerato: appena rilasciata sul mercato, coprì il 90% del commercio delle lattughe. In Italia consumiamo molta lattuga liscia e molta lattuga romana (lactuca sativa). Si tratta di una verdura molto idratante, con pochissime calorie (solo 15 per 100 grammi) e apporti vitaminici e minerali di qualità che molti non sospettano: 194 milligrammi di potassio, 36 di calcio, 28 di sodio, 13 di magnesio, 9,2 di vitamina C, 0,9 di ferro, 0,1 di vitamina B6, 7.405 unità di vitamina A. Naturalmente, se mangiamo un'insalata nel senso del mix di più tipologie alimentari oltre gli ortaggi, questa diventa un piatto completo, perfetto anche per l'ufficio. Ne sa qualcosa David Bez di Salad Pride e autore del libro Salad love tradotto in Italia con il titolo Insalate. Per pause pranzo sane, gustose e colorate tutto l'anno. La parabola di David Bez testimonia che per molti foodie, non solo londinesi, l'insalata nasce oggi: il milanese David si trasferisce a Londra nel 2006, dove inizia a lavorare come art director e graphic designer per Discovery Channel. A un certo punto, apre il blog Salad Pride, oggi diventato Pride Kitchen. Nel blog dal nome commercialmente geniale, perché nessuna parola come «pride» oggi esalta le persone sulla scia del più pronunciato pride contemporaneo, quello gay, Bez pubblica ogni giorno foto e ricetta dell'insalata che si prepara, appunto orgogliosamente, in ufficio per la pausa pranzo. La sua personale sfida consiste nell'inventare un'insalata al giorno per dimostrare che ci sono infinite alternative all'insalata verde condita con sale, olio e aceto.In realtà, noi che non dimentichiamo ricette come l'insalata di riso, l'insalata di mare, l'insalata greca, l'insalata russa, l'insalata di pasta, lo sappiamo già. Bez va avanti così per 4 anni, sfoderando un migliaio di ricette che poi diventano Salad love e un «orgoglio insalataio» che gli fa aprire un ristorantino dedicato, nel cuore della City, dal nome Salad Pride. Poi scrive un altro libro, Breakfast love, dedicato alle colazioni, poi chiude Salad Pride, apre il ristorante Plant Hub e scrive il terzo libro della sua «saga» culinaria, non ancora tradotto in Italia, Supper Love, dedicato alle zuppe. Tornando alle insalate di Bez, ascoltiamo i suoi ottimi consigli tratti da Insalate: «Quando creo un'insalata, la divido in strati: base, frutta e verdura, proteine, erbe aromatiche, condimenti e spezie. La base rappresenta circa il 50% dell'insalata, ma in volume non in peso, dato che le verdure a foglia verde in genere sono piuttosto leggere. Si può realizzare con foglie di insalata, ma anche con pasta, cereali, patate o perfino “spaghetti" di verdure come carote o zucchine. Il 25% dell'insalata dovrebbe essere composto da frutta e/o verdura, preferibilmente fresca e cruda, ma anche arrosto, al vapore, bollita o perfino secca (per esempio, i pomodori secchi) o sott'olio (come pomodori, peperoni o melanzane). Si possono poi aggiungere proteine. Si ricavano da molti alimenti, non solo dalla carne. Per una dieta equilibrata, le proteine non dovrebbero occupare tutto il piatto, ma solo aggiungere un po' di sapore. Potete poi usare qualche decorazione per rendere più gustosa l'insalata e associare consistenze diverse: per esempio verdure sott'aceto o olive, crostini, frutta a guscio o semi tostati. L'importante è non esagerare e limitarsi a una manciata (circa 2 cucchiai) di questi ingredienti. Per finire, aggiungo qualche erba aromatica. Completo con i condimenti. Non sottovalutate questo elemento: è come il sugo sulla pasta e può trasformare la vostra miscela di verdure assortite in un trionfo».Quindi, in sequenza: 1) base; 2) frutta e verdura; 3) proteine; 4) extra sapori; 5) erbe aromatiche; 6) condimenti e spezie. Le insalate del suo ricettario sono suddivise per stagione e catalogate come vegetariane, pescetariane, vegane, crudiste e onnivore. Per ogni ricetta è fornita una variante di altro orientamento alimentare. Mille ricette sono davvero tante, quindi abbiamo «scelto» questa che segue, pescetariana, aprendo il libro a caso: uova di quaglia, tonno, cavolo verde e sedano. Per l'insalata si mescolano, a persona, 50 grammi di cavolo verde, sminuzzato (scartando i gambi), 3 gambi di sedano a fette, 6 uova di quaglia sode, 50 grammi di tonno in scatola al naturale a pezzetti, 1 mazzetto di erba cipollina fresca. Per il condimento: 1 cucchiaio di olio evo, 1 cucchiaino di aceto di mele, 1 pizzico di sale aromatizzato al sedano, 2 cucchiai di maionese. Che cosa dire, se non buona insalata?
Giancarlo Giorgetti (imagoeconomica)