2020-08-23
Incubo referendum dentro il Pd. De Luca: «È un’iniziativa inutile»
Dopo le sardine, si schiera per il No pure lo «sceriffo». Crescono i grattacapi per Zinga.Il referendum sul taglio dei parlamentari sta diventando sempre più chiaramente una trappola per i vertici del Pd. Nicola Zingaretti è seduto su una polveriera: nel suo partito si moltiplicano gli espliciti inviti a votare no, mentre il M5s procede a spada tratta sul sì, e si prepara a spendere in termini politici un'eventuale vittoria anche e soprattutto ai danni degli alleati dem. Ieri, come annunciato dalla Verità, è arrivata la netta presa di posizione del presidente della Regione Campania, Vincenzo De Luca, che come sempre non ha usato metafore per esprimere la sua contrarietà al taglio dei parlamentari: «ll referendum sul taglio dei parlamentari», ha detto De Luca, «è una iniziativa demagogica che non serve assolutamente a niente. È una delle tante espressioni di demagogia del nostro Paese. Se il problema è risparmiare allora io sono per togliere i parlamentari. Perché fermarsi a 600 milioni di euro? Anzi, non li paghiamo proprio», ha ironizzato De Luca, «riduciamo la politica al censo, alla ricchezza familiare, al volontariato, e vediamo chi è in grado di fare politica così. L'unico risultato concreto che otterremo se dovesse passare il referendum», ha sottolineato il governatore della Campania, «sarà la formazione di collegi elettorali immensi, il rapporto fra eletto e territorio diventerà ingestibile. Il problema è il risparmio economico? Stiamo parlando di stupidaggini. Non cambierà il bilancio dello Stato con questa riforma. Il problema vero sono i regolamenti parlamentari».Un intervento tranchant, in perfetto stile deluchiano, che sparge sale sulle ferite delle contraddizioni nell'universo dem. Per il no al taglio dei parlamentari sono già schierati diversi big del Pd, dal sindaco di Bergamo Giorgio Gori all'ex presidente del partito Matteo Orfini, dal senatore Tommaso Nannicini a Gianni Cuperlo. Per il sì, sono schierati tra gli altri il deputato e costituzionalista Stefano Ceccanti e l'ex ministro Enrico Morando. Al di là delle prese di posizione ufficiali, basta osservare cosa scrivono sui social i fedelissimi di molti parlamentari dem per rendersi conto che la spaccatura nel partito sul tema è clamorosa, e porterà non pochi problemi a Zingaretti.Più furba la scelta di Italia viva: siamo certi che Matteo Renzi, se potesse, si schiererebbe per il no, almeno a giudicare da quanto vanno affermando i suoi militanti sui social, ma il capogruppo al Senato, Davide Faraone, ieri ha scelto la strada della libertà di voto: «Questa battaglia sul taglio dei parlamentari», ha detto Faraone al Foglio, «è del tutto marginale. Non ci prestiamo al gioco di chi vuole trasformare la consultazione elettorale del 20 settembre in un plebiscito epocale. Per noi l'obiettivo resta superare il bicameralismo: non abbiamo cambiato idea rispetto al 2016. Il taglio di per sé non risolve nulla», ha aggiunto Faraone, «dunque lasceremo libertà di voto».In campo per il no anche Emma Bonino: «Il mio no», ha detto a Repubblica.it la leader di + Europa, «è contro una legge fondata sul disprezzo del Parlamento e della funzione parlamentare: la mutilazione della rappresentanza democratica non è una riforma. È un trofeo consegnato al partito che il Parlamento non voleva riformarlo, ma chiuderlo». Per il no si è schierato anche il movimento delle sardine.
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