2025-08-08
Il nuovo legale di Santini è una rogna per il Pd
Come anticipato dalla «Verità», l’ex factotum di Matteo Ricci ha cambiato avvocato, affidandosi a Gioacchino Genchi. Molto vicino ad ambienti pentastellati, l’«uomo dei tabulati» ha presentato una memoria difensiva «politica» che pare mettere nel mirino i dem.«I miei errori li ho fatti e ho deciso di andare dai magistrati e raccontare tutto», aveva anticipato alla Verità Massimiliano Santini, assunto dall’ex sindaco di Pesaro, Matteo Ricci, come factotum nel 2019. La bomba è scoppiata. E anche il nuovo difensore del quale Santini ci aveva offerto l’identikit con la frase «è un avvocato molto conosciuto, lavora tra Roma, Palermo e Milano e ha vinto le cause con Marcello Dell’Utri e Silvio Berlusconi», è stata confermata.Ieri è diventato ufficiale. Il nuovo legale, il cui nome è stato svelato da Giornale e Fatto quotidiano, è Gioacchino Genchi. Una frase sibillina, quella di Santini, che era facile interpretare al contrario, pensando a un avvocato che avesse difeso i due. E invece il riferimento era all’avversario storico dei due fondatori di Forza Italia, per aver testimoniato sulle sue perizie nei procedimenti a carico di entrambi. D’altra parte, era diventato famoso come «l’uomo dei tabulati». Classe 1960, originario di Castelbuono, provincia di Palermo, terra di fichi d’india, diventa uno sbirro atipico: curioso e digitale. Una strana miscela tra il commissario Montalbano e un hacker graduato (era arrivato al grado di vicequestore aggiunto), con un’insaziabile passione per celle telefoniche e contenuti informatici. E anche per Santini questa vocazione è subito emersa.Nella memoria depositata in Procura, con la quale Genchi chiede formalmente un nuovo interrogatorio del suo assistito, conferma che Santini è pronto a parlare. E per ingolosire i pm, una categoria che conosce come le sue tasche per esserne stato per anni un collaboratore, anticipa che, oltre ai fatti contenuti nell’avviso di garanzia, il suo assistito sarebbe disposto a riferire «ulteriori circostanze di cui è a conoscenza e che ritiene utili all’accertamento della verità, anche in relazione a possibili condotte di reato commesse da terzi soggetti (pubblici ufficiali e privati) in concorso con lui». Santini insomma annuncia ufficialmente di voler vuotare il sacco. Documentando il tutto tramite la consegna delle «credenziali del Cloud (la memoria online di pc e telefonino, ndr)» e permettendo di «recuperare le chat Whatsapp cancellate». Comprese quelle di un profilo dismesso, il cui numero di telefono differiva di una sola cifra da quello che è stato interessato dal sequestro della Procura.Una dichiarazione che sa di detonatore, non solo giudiziario. Ma come sono entrati in connessione Genchi e Santini? Alla Verità Santini aveva detto di aver già svolto con l’avvocato i primi due colloqui (il 30 e il 31 luglio). Proprio il 31 il vicedirettore della Verità, Giacomo Amadori, era stato testimone di un colloquio telefonico, nel quale i due sembravano alle prime battute. E domenica 3 agosto, come precisa Genchi nella sua memoria, i due si sono incontrati a Castelbuono. Ma con Santini, scrive Genchi, «erano intercorsi precedenti contatti telefonici fin dal 30 luglio». Il 2 agosto l’avvocato Paola Righetti ha rimesso il mandato, rompendo con Santini per divergenze insanabili sulla strategia difensiva: lei predicava cautela, lui voleva parlare subito coi pm, temendo misure restrittive.E già il venerdì precedente, giorno in cui aveva incontrato La Verità, Santini aveva studiato con ChatGpt una sentenza della Cassazione appena ricevuta, cercando chiarimenti su attenuanti generiche e obblighi verso la Siae in vista di appuntamenti elettorali con donazioni liberali, con particolare riferimento alla cena popolare organizzata da Ricci il 12 aprile 2024. Segnali evidenti di un indagato già proiettato verso nuove sponde legali. Ma chi ha presentato i due? Santini non sembrava il tipo in grado di pescare da solo un nome come quello dell’ex superpoliziotto. Noto sì, ma come investigatore e comunque non nel foro pesarese. Un suggeritore potrebbe nascondersi nella truppa pentastellata.L’uomo con il quale Santini continuava a interfacciarsi e a confrontarsi quotidianamente, come riferito nel colloquio con La Verità, era Stefano Esposto, presidente delle associazioni Opera maestra e Stella polare e figura centrale nell’inchiesta. Che con Santini condivideva anche lo stesso studio legale (Esposto è difeso dall’avvocato Gherardo Paragoni Lunghi, collega di studio e figlio della Righetti). Entrambi, inoltre, avevano scelto, al momento della convocazione, di non rispondere ai pm. Ed Esposto sarebbe anche un nome molto vicino ai 5 stelle, per essersi candidato alle elezioni amministrative del 2014, rimediando 38 preferenze. Come, del resto, una star per quel mondo è Genchi, blogger di punta del giornale più amato dai grillini, ovvero il Fatto quotidiano. È una ipotesi, ma il cerchio sembra chiudersi.C’è ancora, però, un ultimo passaggio della memoria depositata da Genchi: «Il signor Santini, nel condividere la strategia difensiva impostata, ha espresso la volontà di recidere ogni legame con i propri coindagati ed escludere ogni potenziale condizionamento delle proprie scelte difensive». Non è una formula di rito, né una clausola per tutelarsi. Sembra una dichiarazione politica prima ancora che un’affermazione giudiziaria. Un modo per dire che non si riconosce più nella rete di rapporti, interessi e coperture in cui, a leggere le carte della Procura, sarebbe incappato. Una frase che, con molta probabilità, suonerà come una sirena nelle stanze dem. Soprattutto per chi si è sentito toccato da un altro passaggio chiave dell’atto d’accusa: quel riferimento al presunto «beneficio» ottenuto da Ricci in termini di «accresciuta popolarità e consenso» grazie agli affidamenti concessi alle due associazioni di Esposto. E questa volta i tabulati li legge Genchi.
Sandro Mazzola (Getty Images)
Una foto di scena del fantasy «Snowpiercer» con Chris Evans e Tilda Swinton firmato dal coreano Bong Joon. Nel riquadro una tavola del fumetto
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