2022-09-25
In passerella torna l’eleganza anni Trenta
Le sfilate di Milano ospitano giochi di colore e forme che ricordano la Riviera francese e le dive del passato. Ma anche ricami e cashmere dipinto a mano, all’insegna della femminilità e di uno chic senza tempo con giacche da uomo, bustier e spolverini.«Adoro l’Italia altrimenti non sarei rimasto qui, e in un certo senso sono anch’io diventato la visione italiana di una persona inglese», racconta Ian Griffiths, stilista di Max Mara e da 35 anni nella grande azienda fondata nel 1951 da Achille Maramotti. «Ho sempre amato l’aspetto umano degli italiani, magari è un Paese dove niente funziona a livello sistematico, ma a livello personale è un popolo molto generoso e simpatico. E direi ai giovani inglesi di venire qui a costruirsi il futuro perché in questo Paese sono nati tantissimi imprenditori e imprenditrici, è un Paese che premia le persone che osano fare cose nuove. È un Paese dove tutto è possibile, che non ha perso la sua attenzione sull’artigianalità. Qui si applicano processi tradizionali a concetti nuovi, innovativi». La collezione Max Mara, come sempre, riflette i chiari concetti di moda di Griffiths che guarda al passato per scoprire una strada per il futuro. Questa stagione «ho guardato alla Riviera degli anni Trenta, soprattutto il mondo creativo che si trovava in Francia in quegli anni, il mondo di Picasso e Scott Fitzgerald, ovviamente mettendo in risalto il contributo delle donne che spesso venivano sottovalutate». Una femminilità moderna con linee pulite. Gli iconici cappotti di Max Mara si reinventano nell’uso. Il tocco architettonico è merito di Eileen Grey, «che creò una casa per lei e il suo amante costruendo un modernismo femminile e introducendo l’idea delle curve che offese Le Courbusier, che non accettava che una donna avesse creato un tale capolavoro». In realtà «ci ha fatto venire in testa l’idea di sciogliere i nostri cappotti per dare un’aria da beach robe, una vestaglia per la spiaggia in tessuto lavato, più sciolta per l’estate». Nei colori giallo burro, carta da zucchero e verde menta, questi cappotti sono la dimostrazione che il capo iconico di Max Mara travalica le stagioni, cambia il materiale, ed è perfetto perfino portato con sotto una lingerie. Una filosofia da sempre sposata anche da Ermanno Scervino, che mise la sottoveste sotto piumini e paltò ormai tanti anni fa. I codici del poetico stilista fiorentino sono sempre all’insegna di un alto tasso di femminilità dove sartorialità, artigianalità e tecnologia si sposano in una perfetta unione a tre. «La bellezza non è più sufficiente», dice il couturier. «Ho lavorato guardando al futuro mettendo insieme più fattori per farne qualcosa di più esclusivo e moderno. In Italia abbiamo industrie straordinarie ma poi serve lo stilista». Senso del colore, «ho lavorato sui beige, sui panna, tocchi di rosa e giallo per finire al nero». Declinati su giacche in pelle ricamate a mano con fettucce di pelle, maglie ricoperte di paillettes applicate con il laser e che richiedono un procedimento di sei passaggi, tailleur camouflage sbiadito in seta. «Il made in Italy si riconosce, non hai bisogno di guardare l’etichetta». Infatti, inconfondibile Tod’s, dove hanno sfilato Carla Bruni e Naomi. Walter Chiapponi, stilista del marchio da tre anni, si è concentrato su quelle icone di stile come Manuela Pavesi, Romy Schneider, Caroline Besset, donne che ispirano uno chic senza tempo che non passa mai, e che si trasforma in pezzi essenziali ma mai scontati. La giacca maschile si porta sull’abito sottoveste in pelle, il pantalone da uomo è abbinato a un bustier che segna la vita, lo spolverino è in stampa pitone. La nuova ballerina Bubble ha la suola di gommini giganti mentre la Di Bag è, per la prima volta, realizzata in un mosaico di pelli diverse. Da Etro è iniziata l’era di Marco De Vincenzo, nuovo direttore creativo del marchio la cui maggioranza è in mano al fondo di Lvmh, L Catterton: non un caso la presenza in sala di molte personalità legate al gruppo francese, da Pietro Beccari (ceo di Dior), a Silvia Fenturini Fendi, da Serge Brunschwig (ceo di Fendi) a Stefano Sassi (ex ceo di Valentino) e Francesca Ruffini Stoppani (brand F.R.S.). Ma in prima fila non mancava la grande famiglia Etro che ha applaudito il lavoro di De Vincenzo, che accanto alla storica stampa paisley ha inserito un linguaggio nuovo dal cashmere dipinto a mano a simboleggiare artigianalità, al pizzo intarsiato fino alle borse in tessuto di recupero. «Mai avrei pensato a un debutto così vicino - ha detto De Vincenzo - Visto il poco tempo mi sono affidato alla mia immaginazione. Mi sono chiesto cosa fosse Etro per me e, senza sforzarmi, è venuto tutto spontaneo». Altro grande gruppo, quello di Calzedonia di Sandro Veronesi, presente alla sfilata, ha rilevato l’80% di Antonio Marras. «Quella di Veronesi mi è sembrata un’azienda che potesse avere un rispetto per quanto ho fatto ma soprattutto capacità e visibilità», spiega lo stilista sardo. Il progetto sul retail c’è e «ci saranno aperture di negozi Marras in futuro». Avere un partner, «non ha cambiato nulla nella mia esistenza, ora però faccio le cose in maniera meno stressante». La storia di Marras è tutta nella sua collezione dove «ci sono grandi scambi di tessuti, di materiali e volumi», che ha realizzato anche 7 abiti, un omaggio al teatro e a Maria Callas, realizzati dalla sartoria del Piccolo Teatro di Milano. «Mi piaceva ci fosse manualità, interpretazione e volontà di creare». Sempre molto scenografico Fausto Puglisi, direttore creativo di Roberto Cavalli i cui abiti sono un omaggio alla Hollywood degli anni Quaranta, ai lavori del genio dell’oreficeria Fulco di Verdura, di stilisti come Charles James e di costumisti come Adrian. «Siamo tutti bad girl - dice - guai a essere una good girl, che poi si finisce per cedere il potere a qualcun altro».