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2020-06-12
In attesa della trappola del Mes siamo noi a regalare soldi a loro
Ursula von der Leyen (Thierry Monasse:Getty Images)
Ieri i ministri delle Finanze dell'Eurozona sono saltati da una videoconferenza all'altra, senza nemmeno cambiare stanza. Prima hanno indossato la giacca di membri del consiglio dei governatori del Mes e poi quella di membri dell'Eurogruppo.
La prima riunione era finalizzata all'approvazione del bilancio 2019 del Mes e le sorprese, nonostante lo sforzo propagandistico, non sono mancate. A partire dai sontuosi 177.000 euro annui di costo medio dei suoi 186 addetti. I cui sforzi per esaltare le virtù dell'istituzione in cui lavorano non convincono affatto. Come i 14 miliardi di risparmio realizzati dalla Grecia grazie ai tassi favorevoli dei prestiti del Mes, rispetto a un ipotetico ricorso al mercato. Peccato che tale mercato di fatto non esista e, quando c'è la Bce, i tassi li orienti lei e non ce n'è per nessuno. Il bilancio rivela un sostanziale immobilismo del Mes nel 2019:
1Non ha erogato nuovi prestiti, né ha ricevuto rimborsi. Ha solo emesso obbligazioni per rimborsare quelle in scadenza. Tutto questo al modico costo di 72 milioni l'anno di costi operativi (personale incluso).
2 Detiene circa 99 miliardi tra liquidità e strumenti finanziari, per buona parte derivanti dagli 80 miliardi di capitale versati dagli Stati membri, e cerca di impiegarli al meglio sui mercati. Tra i diversi impieghi possibili c'è anche quello del deposito presso le banche centrali di Germania e Francia che però applicano un tasso negativo pari al -0,50%. Ma, per tenerlo indenne da questo costo, una decisione dei rispettivi Parlamenti nazionali ha disposto il rimborso al Mes di 238 milioni. Tutto questo avrebbe avuto forse un senso se il bilancio fosse stato in perdita. Ma invece i 238 milioni si sommano a ulteriori 52 per costituire l'utile totale di 290 milioni. Incredibilmente, l'Italia ha pensato bene di aderire a questo sistema di sovvenzione del Mes che, si ribadisce, serve solo per imbellettare il suo bilancio. Infatti, i commi 537-539 della Legge di bilancio 2020 dispongono che la Banca d'Italia, quando comunicherà al Tesoro gli utili del 2020, evidenzierà la quota (circa 77 milioni) riferibile ai depositi del Mes. Il Tesoro quindi rinuncerà a quella quota e provvederà a girare la somma al Mes.
3 Ai limiti del grottesco il documento pubblicato a proposito della valutazione delle conseguenze dell'intervento in Grecia. L'ex commissario Ue Joaquin Almunia, nella veste di valutatore indipendente, ha accertato che l'intervento (tenere la Grecia nell'euro) è riuscito ma il paziente è morto (8 anni di riduzioni di bilancio hanno prodotto conseguenze sociali devastanti). Per dimostrare comunque la sua utilità, il Mes ritorna a parlare della sua riforma. E lo fa puntando sul suo ruolo di «paracadute» del fondo comune di risoluzione delle crisi bancarie. Nel caso quest'ultimo avesse esaurito i fondi necessari per il salvataggio di una banca, il Mes farebbe un prestito a 3 anni fino a 68 miliardi per sostenerlo. Peccato che se saltasse una banca significativa quei soldi sarebbero noccioline e comunque dovrebbe intervenire lo Stato. Negli altri casi, ci sono già le procedure nazionali. Come si vede, è proprio complicato trovare un ruolo per il Mes.
Ma anche l'Eurogruppo non se la passa molto bene. Da qualche settimana appare relegato in un ruolo periferico tra Bce, il vero attore decisivo per attutire l'impatto della crisi da Covid-19, e Commissione Ue, che ha ora il pallino in mano con la proposta del 27 maggio sul Recovery fund. Tanto che ne hanno discusso solo ieri, dopo alcune settimane dalla proposta franco-tedesca. Ieri è pure partita la selezione del prossimo presidente che vede favorita la spagnola Nadia Calvino. Ma questi tre mesi di defatigante confronto per trovare strumenti idonei a fronteggiare la crisi, hanno lasciato sul campo solo sfiducia reciproca. E allora l'Eurogruppo, per confermare la sua vocazione di istituzione divisiva, vuole rientrare in gioco proprio sul tema esplosivo delle riforme a cui sarà condizionata l'erogazione del Recovery fund. I ministri hanno discusso della relazione tra il piano di aiuti e le raccomandazioni del semestre europeo. Questa è la vera posta in gioco. Il blocco nordico sta maturando la convinzione che la promessa dei fondi, i cui tempi di erogazione sono molto in là nel tempo, è una formidabile occasione per disciplinarci e costringerci a sottostare alla caterva di raccomandazioni all'insegna dell'austerità espansiva che cercano di somministrarci da anni e che invece concorrono solo alla nostra crescita asfittica. Ad aprile di ogni anno, il nostro governo è costretto a dargli retta nelle centinaia di pagine del Piano nazionale delle riforme, ma i risultati non arrivano, e allora quale idea migliore di quella di costringerci ad applicarle nella forma di un programma di aggiustamento macroeconomico stringente che condizioni il Recovery fund? L'Eurogruppo ieri ha cominciato a lavorarci.
Potrebbe essere un modo per tenere buoni anche i 4 Paesi del patto di Visegrad che ieri hanno ribadito che i «fondi devono essere distribuiti equamente», con Repubblica Ceca e Ungheria tra i più critici.
Il richiamo alla realtà ieri è arrivato dai risultati delle aste dei Btp: 9,5 miliardi raccolti sulle scadenze di 3, 7 e 15 anni con rendimenti rispettivamente pari a 0,46%, 1,10% e 1,91% in netta discesa di circa 40 punti base rispetto alle precedenti aste. La Bce ha ribadito che non tollererà frammentazioni del mercato finanziari. Et de hoc satis.
E l’Antitrust europeo vuole rovinare le nozze miliardarie tra Fca e Psa
L'Antitrust europeo rende più ripido il cammino verso l'altare delle nozze da 50 miliardi di dollari tra Fca e Psa. Entro pochi giorni i due gruppi automobilistici dovranno smorzare i timori a Bruxelles sulla loro unione nel «redditizio» segmento dei piccoli van, altrimenti Bruxelles avvierà un'indagine. La scadenza per la Commissione per prendere una decisione è il 17 di giugno.
Unendo le divisioni van, Fca e Psa controllerebbero un terzo del mercato europeo, più del 16% di Renault e Ford. «Le due società sarebbero state riluttanti a vendere le divisioni, che sono molto redditizie», ha scritto il Financial Times riportando per primo le indiscrezioni sulla mossa dell'authority Ue. Protagonista di un film che rischia di diventare assai simile a quello visto negli ultimi tre anni sull'operazione Fincantieri-Stx lungo l'asse Roma-Parigi. Con sullo sfondo il fortino alzato da Emmanuel Macron a tutela e difesa degli asset nazionali che sembra destinato a portare i rapporti con il nostro Paese in tutt'altra direzione. Il 26 maggio l'Eliseo ha lanciato un piano di otto miliardi di euro per mettere benzina al mercato rimasto a secco con il lockdown. Ha deciso di finanziare direttamente i progetti di sviluppo della mobilità elettrica d'Oltralpe, vincolandoli però a una forte connotazione nazionalistica. Renault ha quindi aderito e riceverà dei fondi, rendendo più complessa la partita per Psa, che nella nuova costruzione societaria avrà la sede legale in Olanda come Fca. Che, parallelamente sta portando avanti una sua piattaforma già al lavoro a Mirafiori, da dove dal 4 luglio usciranno le prime 500 Bev. «I termini della fusione sono scritti nella pietra», ha sottolineato nelle scorse settimane il presidente del Lingotto, John Elkann, mandando così un messaggio anche all'Eliseo. Per altro a poche settimane da quando è saltata la cessione della controllata della cassaforte di famiglia Exor, PartneRe, alla francese Covea perché questa all'ultimo momento ha chiesto uno sconto di 2,5 miliardi sui 9 miliardi del prezzo pattuito. Ora potrebbero esserci degli effetti anche sull'operazione a sostegno della filiera dell'automotive varata con il prestito da 6,3 miliardi concesso a Fca da Intesa Sanpaolo che prevede la garanzia pubblica sull'80 per cento.
Nel frattempo, il rischio che le nozze fra le case automobilistiche debba passare le forche caudine di un'analisi lunga e su vasta scala da parte delle autorità comunitarie ha affondato i titoli in Borsa. Fca ha chiuso la seduta di ieri lasciando sul terreno di Piazza Affari il 7,7% a 8,07 euro, Cnh Industrial ha addirittura accusato un tonfo di quasi il 12% dopo essere stata anche sospesa per eccesso di ribasso, mentre a Parigi Psa Peugeot ha ceduto il 10 per cento. «Il closing si sposterebbe dal primo al secondo trimestre del 2021», evidenziano gli analisti di Equita, secondo cui «sapendo che sia Carlo Tavares che Mike Manley hanno sempre dichiarato che avrebbero fatto qualunque cosa pur di arrivare a risolvere i problemi sollevati dall`Antitrust». Per gli analisti di Banca Akros possibili soluzioni potrebbero passare per la cessione del 38% in Tofas, una partecipata turca di Fca che produce veicoli leggeri, o per quella di Sevel, la joint venture tra i due gruppi. Ma, aggiunge lo studio, si potrebbe anche pensare che «sia un modo per prendere più tempo per finalizzare il deal» e limare alcuni punti, compreso l'extra dividendo di 5,5 miliardi di Fca atteso nel 2021.
La tabella di marcia iniziale prevedeva di mettere il sigillo alle nozze entro il primo trimestre del prossimo anno. Ma con l'eventuale istruttoria Ue i tempi potrebbero allungarsi di quattro mesi. Se non di più. Perché gli orologi di Bruxelles a volte si fermano. Come è successo per la fusione varata ormai tre anni fa tra Fincantieri e Stx (Chantiers de l'Atlantique) perché le due società non sono riuscite a fornire le informazioni richieste nei tempi previsti a causa della crisi del coronavirus. Nei giorni scorsi la responsabile dell'Antitrust Ue, Margrethe Vestager, ha detto che misurare l'impatto sul mercato dell'offerta della società italiana di cantieristica navale si sta rivelando difficile e probabilmente richiederà del tempo.
Intanto, il rischio di blocco delle grandi fusioni italo-francesi- nei cantieri e nelle auto - si intreccia con una possibile redistribuzione dei fondi destinati alla Difesa attraverso il Recovery fund e può quindi avere dei riflessi anche su questo settore strategico, nonché sugli equilibri geopolitici. I piani della difesa devono essere inquadrati all'interno di un panorama più ampio che tocca necessariamente la Nato. «Vanno rispettati tempi e livello di bilancio previsti dalla Commissione europea per l'European defence fund», ha spiegato l'ad di Leonardo, Alessandro Profumo, al Parlamento nei giorni scorsi. Il riferimento è diretto alla Francia che ha presentato un suo piano di rilancio del settore aerospaziale, senza dimenticare che Macron ha più volte colpito la Nato per attaccare le scelte Usa.
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Italia, Francia e Germania sconteranno al Fondo salvastati i tassi sui depositi lasciati presso le banche centrali: un favore che vale molti milioni. Eurogruppo: per il dopo Mario Centeno in pole la spagnola Nadia Calvino.Entro pochi giorni i due gruppi dovranno smorzare i timori di Bruxelles sulla loro unione da 50 miliardi di dollari È solo l'ultimo bastone fra le ruote dell'Ue alle strategie aziendali italiane.Lo speciale contiene due articoliIeri i ministri delle Finanze dell'Eurozona sono saltati da una videoconferenza all'altra, senza nemmeno cambiare stanza. Prima hanno indossato la giacca di membri del consiglio dei governatori del Mes e poi quella di membri dell'Eurogruppo.La prima riunione era finalizzata all'approvazione del bilancio 2019 del Mes e le sorprese, nonostante lo sforzo propagandistico, non sono mancate. A partire dai sontuosi 177.000 euro annui di costo medio dei suoi 186 addetti. I cui sforzi per esaltare le virtù dell'istituzione in cui lavorano non convincono affatto. Come i 14 miliardi di risparmio realizzati dalla Grecia grazie ai tassi favorevoli dei prestiti del Mes, rispetto a un ipotetico ricorso al mercato. Peccato che tale mercato di fatto non esista e, quando c'è la Bce, i tassi li orienti lei e non ce n'è per nessuno. Il bilancio rivela un sostanziale immobilismo del Mes nel 2019:1Non ha erogato nuovi prestiti, né ha ricevuto rimborsi. Ha solo emesso obbligazioni per rimborsare quelle in scadenza. Tutto questo al modico costo di 72 milioni l'anno di costi operativi (personale incluso).2 Detiene circa 99 miliardi tra liquidità e strumenti finanziari, per buona parte derivanti dagli 80 miliardi di capitale versati dagli Stati membri, e cerca di impiegarli al meglio sui mercati. Tra i diversi impieghi possibili c'è anche quello del deposito presso le banche centrali di Germania e Francia che però applicano un tasso negativo pari al -0,50%. Ma, per tenerlo indenne da questo costo, una decisione dei rispettivi Parlamenti nazionali ha disposto il rimborso al Mes di 238 milioni. Tutto questo avrebbe avuto forse un senso se il bilancio fosse stato in perdita. Ma invece i 238 milioni si sommano a ulteriori 52 per costituire l'utile totale di 290 milioni. Incredibilmente, l'Italia ha pensato bene di aderire a questo sistema di sovvenzione del Mes che, si ribadisce, serve solo per imbellettare il suo bilancio. Infatti, i commi 537-539 della Legge di bilancio 2020 dispongono che la Banca d'Italia, quando comunicherà al Tesoro gli utili del 2020, evidenzierà la quota (circa 77 milioni) riferibile ai depositi del Mes. Il Tesoro quindi rinuncerà a quella quota e provvederà a girare la somma al Mes.3 Ai limiti del grottesco il documento pubblicato a proposito della valutazione delle conseguenze dell'intervento in Grecia. L'ex commissario Ue Joaquin Almunia, nella veste di valutatore indipendente, ha accertato che l'intervento (tenere la Grecia nell'euro) è riuscito ma il paziente è morto (8 anni di riduzioni di bilancio hanno prodotto conseguenze sociali devastanti). Per dimostrare comunque la sua utilità, il Mes ritorna a parlare della sua riforma. E lo fa puntando sul suo ruolo di «paracadute» del fondo comune di risoluzione delle crisi bancarie. Nel caso quest'ultimo avesse esaurito i fondi necessari per il salvataggio di una banca, il Mes farebbe un prestito a 3 anni fino a 68 miliardi per sostenerlo. Peccato che se saltasse una banca significativa quei soldi sarebbero noccioline e comunque dovrebbe intervenire lo Stato. Negli altri casi, ci sono già le procedure nazionali. Come si vede, è proprio complicato trovare un ruolo per il Mes. Ma anche l'Eurogruppo non se la passa molto bene. Da qualche settimana appare relegato in un ruolo periferico tra Bce, il vero attore decisivo per attutire l'impatto della crisi da Covid-19, e Commissione Ue, che ha ora il pallino in mano con la proposta del 27 maggio sul Recovery fund. Tanto che ne hanno discusso solo ieri, dopo alcune settimane dalla proposta franco-tedesca. Ieri è pure partita la selezione del prossimo presidente che vede favorita la spagnola Nadia Calvino. Ma questi tre mesi di defatigante confronto per trovare strumenti idonei a fronteggiare la crisi, hanno lasciato sul campo solo sfiducia reciproca. E allora l'Eurogruppo, per confermare la sua vocazione di istituzione divisiva, vuole rientrare in gioco proprio sul tema esplosivo delle riforme a cui sarà condizionata l'erogazione del Recovery fund. I ministri hanno discusso della relazione tra il piano di aiuti e le raccomandazioni del semestre europeo. Questa è la vera posta in gioco. Il blocco nordico sta maturando la convinzione che la promessa dei fondi, i cui tempi di erogazione sono molto in là nel tempo, è una formidabile occasione per disciplinarci e costringerci a sottostare alla caterva di raccomandazioni all'insegna dell'austerità espansiva che cercano di somministrarci da anni e che invece concorrono solo alla nostra crescita asfittica. Ad aprile di ogni anno, il nostro governo è costretto a dargli retta nelle centinaia di pagine del Piano nazionale delle riforme, ma i risultati non arrivano, e allora quale idea migliore di quella di costringerci ad applicarle nella forma di un programma di aggiustamento macroeconomico stringente che condizioni il Recovery fund? L'Eurogruppo ieri ha cominciato a lavorarci.Potrebbe essere un modo per tenere buoni anche i 4 Paesi del patto di Visegrad che ieri hanno ribadito che i «fondi devono essere distribuiti equamente», con Repubblica Ceca e Ungheria tra i più critici.Il richiamo alla realtà ieri è arrivato dai risultati delle aste dei Btp: 9,5 miliardi raccolti sulle scadenze di 3, 7 e 15 anni con rendimenti rispettivamente pari a 0,46%, 1,10% e 1,91% in netta discesa di circa 40 punti base rispetto alle precedenti aste. La Bce ha ribadito che non tollererà frammentazioni del mercato finanziari. Et de hoc satis.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/in-attesa-della-trappola-del-mes-siamo-noi-a-regalare-soldi-a-loro-2646169883.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="e-lantitrust-europeo-vuole-rovinare-le-nozze-miliardarie-tra-fca-e-psa" data-post-id="2646169883" data-published-at="1591913904" data-use-pagination="False"> E l’Antitrust europeo vuole rovinare le nozze miliardarie tra Fca e Psa L'Antitrust europeo rende più ripido il cammino verso l'altare delle nozze da 50 miliardi di dollari tra Fca e Psa. Entro pochi giorni i due gruppi automobilistici dovranno smorzare i timori a Bruxelles sulla loro unione nel «redditizio» segmento dei piccoli van, altrimenti Bruxelles avvierà un'indagine. La scadenza per la Commissione per prendere una decisione è il 17 di giugno. Unendo le divisioni van, Fca e Psa controllerebbero un terzo del mercato europeo, più del 16% di Renault e Ford. «Le due società sarebbero state riluttanti a vendere le divisioni, che sono molto redditizie», ha scritto il Financial Times riportando per primo le indiscrezioni sulla mossa dell'authority Ue. Protagonista di un film che rischia di diventare assai simile a quello visto negli ultimi tre anni sull'operazione Fincantieri-Stx lungo l'asse Roma-Parigi. Con sullo sfondo il fortino alzato da Emmanuel Macron a tutela e difesa degli asset nazionali che sembra destinato a portare i rapporti con il nostro Paese in tutt'altra direzione. Il 26 maggio l'Eliseo ha lanciato un piano di otto miliardi di euro per mettere benzina al mercato rimasto a secco con il lockdown. Ha deciso di finanziare direttamente i progetti di sviluppo della mobilità elettrica d'Oltralpe, vincolandoli però a una forte connotazione nazionalistica. Renault ha quindi aderito e riceverà dei fondi, rendendo più complessa la partita per Psa, che nella nuova costruzione societaria avrà la sede legale in Olanda come Fca. Che, parallelamente sta portando avanti una sua piattaforma già al lavoro a Mirafiori, da dove dal 4 luglio usciranno le prime 500 Bev. «I termini della fusione sono scritti nella pietra», ha sottolineato nelle scorse settimane il presidente del Lingotto, John Elkann, mandando così un messaggio anche all'Eliseo. Per altro a poche settimane da quando è saltata la cessione della controllata della cassaforte di famiglia Exor, PartneRe, alla francese Covea perché questa all'ultimo momento ha chiesto uno sconto di 2,5 miliardi sui 9 miliardi del prezzo pattuito. Ora potrebbero esserci degli effetti anche sull'operazione a sostegno della filiera dell'automotive varata con il prestito da 6,3 miliardi concesso a Fca da Intesa Sanpaolo che prevede la garanzia pubblica sull'80 per cento. Nel frattempo, il rischio che le nozze fra le case automobilistiche debba passare le forche caudine di un'analisi lunga e su vasta scala da parte delle autorità comunitarie ha affondato i titoli in Borsa. Fca ha chiuso la seduta di ieri lasciando sul terreno di Piazza Affari il 7,7% a 8,07 euro, Cnh Industrial ha addirittura accusato un tonfo di quasi il 12% dopo essere stata anche sospesa per eccesso di ribasso, mentre a Parigi Psa Peugeot ha ceduto il 10 per cento. «Il closing si sposterebbe dal primo al secondo trimestre del 2021», evidenziano gli analisti di Equita, secondo cui «sapendo che sia Carlo Tavares che Mike Manley hanno sempre dichiarato che avrebbero fatto qualunque cosa pur di arrivare a risolvere i problemi sollevati dall`Antitrust». Per gli analisti di Banca Akros possibili soluzioni potrebbero passare per la cessione del 38% in Tofas, una partecipata turca di Fca che produce veicoli leggeri, o per quella di Sevel, la joint venture tra i due gruppi. Ma, aggiunge lo studio, si potrebbe anche pensare che «sia un modo per prendere più tempo per finalizzare il deal» e limare alcuni punti, compreso l'extra dividendo di 5,5 miliardi di Fca atteso nel 2021. La tabella di marcia iniziale prevedeva di mettere il sigillo alle nozze entro il primo trimestre del prossimo anno. Ma con l'eventuale istruttoria Ue i tempi potrebbero allungarsi di quattro mesi. Se non di più. Perché gli orologi di Bruxelles a volte si fermano. Come è successo per la fusione varata ormai tre anni fa tra Fincantieri e Stx (Chantiers de l'Atlantique) perché le due società non sono riuscite a fornire le informazioni richieste nei tempi previsti a causa della crisi del coronavirus. Nei giorni scorsi la responsabile dell'Antitrust Ue, Margrethe Vestager, ha detto che misurare l'impatto sul mercato dell'offerta della società italiana di cantieristica navale si sta rivelando difficile e probabilmente richiederà del tempo. Intanto, il rischio di blocco delle grandi fusioni italo-francesi- nei cantieri e nelle auto - si intreccia con una possibile redistribuzione dei fondi destinati alla Difesa attraverso il Recovery fund e può quindi avere dei riflessi anche su questo settore strategico, nonché sugli equilibri geopolitici. I piani della difesa devono essere inquadrati all'interno di un panorama più ampio che tocca necessariamente la Nato. «Vanno rispettati tempi e livello di bilancio previsti dalla Commissione europea per l'European defence fund», ha spiegato l'ad di Leonardo, Alessandro Profumo, al Parlamento nei giorni scorsi. Il riferimento è diretto alla Francia che ha presentato un suo piano di rilancio del settore aerospaziale, senza dimenticare che Macron ha più volte colpito la Nato per attaccare le scelte Usa.
(IStock)
Tecnologia e innovazione, poi, vanno in scena nel centro di intrattenimento multidisciplinare Area15, che ha di recente ampliato la sua offerta con nuove installazioni di realtà virtuale e aumentata, rendendo ogni visita un’esperienza immersiva e coinvolgente. Qui si può vivere il brivido di un viaggio nello spazio, partecipare a giochi interattivi o assistere a performance artistiche che uniscono arte, musica e tecnologia.
Per chi cerca un’esperienza più avventurosa, sono state inaugurate nuove attrazioni come il Flyover Las Vegas, un’attività di volo simulato che permette di sorvolare paesaggi spettacolari di tutto il mondo, e la Zero Gravity Experience, un volo parabolico che permette di provare la sensazione di assenza di gravità. L’High Roller presso il Linq Hotel è uno straordinario esempio di architettura e ingegneria moderna. Con un’altezza di 167 metri, questa meraviglia di vetro e acciaio è la ruota panoramica più alta degli Stati Uniti e la seconda più alta del mondo. Insomma, ce n’è davvero per tutti i gusti. Las Vegas, la città che non dorme mai, rappresenta da decenni uno dei poli turistici più iconici al mondo. Famosa per i suoi casinò sfavillanti, i suoi spettacoli di livello mondiale e la vita notturna sfrenata, questa città del Nevada ha saputo reinventarsi nel tempo, offrendo ai visitatori esperienze sempre nuove e coinvolgenti.
Uno degli aspetti più evidenti delle novità della città riguarda il settore alberghiero. Accanto ai famosissimi e spettacolari Caesars Palace; Circus Circus, Bellagio, Paris, The Venetian, la destinazione ha visto l’apertura di hotel di lusso e resort innovativi, capaci di attirare un pubblico sempre più eterogeneo. Tra i progetti più importanti va segnalato il Resorts World Las Vegas, un complesso di oltre 6.000 camere che combina tecnologia all’avanguardia, design sostenibile e un’offerta di intrattenimento di livello superiore. Questo resort si distingue per le sue strutture eco-compatibili, tra cui sistemi di risparmio energetico e gestione sostenibile delle risorse idriche.
D’altronde Las Vegas è nata negli anni Cinquanta dal nulla in mezzo al deserto al termine dalla «Valle della Morte» e, grazie alla monumentale diga di Hoover, è completamente autonoma dal punto di vista di acqua ed energia per tutte le luci, i neon, le insegne e la potente aria condizionata che consente di resistere anche a temperature esterne che raggiungono i cinquanta gradi.
L’attrazione più popolare della città è il Las Vegas Boulevard, comunemente noto come The Strip. Tutti i nuovi e lussuosi casinò sono costruiti su questa strada.
Nel centro della città «vecchia» degli anni Cinquanta ci sono, invece, alcuni hotel e casinò più retrò. Qui una delle attrazioni più distintive dell’area urbana è Fremont Street. Questa strada ha un enorme schermo sul soffitto dove vengono proiettate immagini di ogni tipo, e offre anche una divertente zipline, che permette di restare sospesi in aria da un’estremità all’altra della strada.
La parte di ristorazione è davvero molto variegata e va dai ristoranti gourmet a quelli etnici. Molti i piatti interessanti, nessuno a buon mercato. Ovviamente, come in tutti gli Stati Uniti, si trovano fast food a ogni angolo per chi non vole spendere troppo. Tra questi, l’ottimo e moderno Washin Patato at Fontainebleau o al Stubborn Seed at Resorts World.
Per raggiungere Las Vegas una delle combinazioni più interessanti è quella con la compagnia aerea Condor (www.condor.com/it) via Francoforte con ottimi orari di volo, coincidenze e comodità a bordo. Per maggiori informazioni sulla destinazione: www.lvcva.com.
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Bill Clinton e Jeffrey Epstein (Ansa)
Neanche a dirlo, è scoppiato uno scontro tra il Dipartimento di Giustizia e alcuni parlamentari. «La legge approvata dal Congresso e firmata dal presidente Trump era chiarissima: l’amministrazione Trump aveva 30 giorni di tempo per pubblicare tutti i file di Epstein, non solo alcuni. Non farlo equivale a violare la legge. Questo dimostra che il Dipartimento di Giustizia, Donald Trump e Pam Bondi sono determinati a nascondere la verità», ha tuonato il capogruppo dell’Asinello al Senato, Chuck Schumer, mentre il deputato dem Ro Khanna ha ventilato l’ipotesi di un impeachment contro la Bondi. Strali all’amministrazione Trump sono arrivati anche dai deputati Thomas Massie e Marjorie Taylor Greene: due dei principali critici repubblicani dell’attuale presidente americano.
«Il Dipartimento di Giustizia sta pubblicando una massiccia tranche di nuovi documenti che le amministrazioni Biden e Obama si sono rifiutate di divulgare. Il punto è questo: l’amministrazione Trump sta garantendo livelli di trasparenza che le amministrazioni precedenti non avevano mai nemmeno preso in considerazione», ha replicato il dicastero guidato dalla Bondi, per poi aggiungere: «La scadenza iniziale è stata rispettata mentre lavoriamo con diligenza per proteggere le vittime». Insomma, se per i critici di Trump la deadline di venerdì era assoluta e perentoria, il Dipartimento di Giustizia l’ha interpretata come una «scadenza iniziale». Ma non è finita qui. Ulteriori polemiche sono infatti sorte a causa del fatto che numerosi documenti pubblicati venerdì fossero pesantemente segretati: un’accusa a cui il Dipartimento di Giustizia ha replicato, sostenendo di aver voluto tutelare le vittime di Epstein.
Ma che cosa c’è di interessante nei file divulgati venerdì? Innanzitutto, tra i documenti pubblicati l’altro ieri, compare la denuncia presentata all’Fbi nel 1996 contro Epstein da una sua vittima, Maria Farmer. In secondo luogo, sono rispuntate le figure di Trump e Bill Clinton, anche se in misura differente. «Trump è appena visibile nei documenti, con le poche foto che lo ritraggono che sembrano essere di pubblico dominio da decenni. Tra queste, due in cui Trump ed Epstein posano con l’attuale first lady Melania Trump nel febbraio 2000 durante un evento nel suo resort di Mar-a-Lago», ha riferito The Hill. Svariate foto riguardano invece Bill Clinton. In particolare, una ritrae l’ex presidente dem in una piscina insieme alla socia di Epstein, Ghislaine Maxwell, e a un’altra donna dal volto oscurato. In un’altra, Clinton è in una vasca idromassaggio sempre in compagnia di una donna dall’identità celata: una donna che, secondo quanto affermato su X dal portavoce del Dipartimento di Giustizia Gates McGavick, risulterebbe una «vittima». In un’altra foto ancora, l’ex presidente dem è sul sedile di un aereo, con una ragazza che gli cinge il collo con un braccio. Clinton compare infine in foto anche con i cantanti Mick Jagger e Michael Jackson.
«La Casa Bianca non ha nascosto questi file per mesi, per poi pubblicarli a tarda notte di venerdì per proteggere Bill Clinton», ha dichiarato il portavoce di Clinton, Angel Ureña, che ha aggiunto: «Si tratta di proteggersi da ciò che verrà dopo, o da ciò che cercheranno di nascondere per sempre. Così possono pubblicare tutte le foto sgranate di oltre 20 anni che vogliono, ma non si tratta di Bill Clinton». «Persino Susie Wiles ha detto che Donald Trump si sbagliava su Bill Clinton», ha concluso. «Questa è la sua resa dei conti», ha invece dichiarato al New York Post un ex assistente di Clinton, riferendosi proprio all’ex presidente dem. «Voglio dire, se accendete la Cnn, è di questo che stanno parlando. Ho ricevuto un milione di messaggi a riguardo», ha proseguito. «La gente pensa: non posso credere che fosse in una vasca idromassaggio. Chi è quella donna lì dentro?», ha continuato, per poi aggiungere: «Voglio dire, è incredibile. È semplicemente scioccante», ha continuato. Vale la pena di sottolineare che né Trump né Clinton sono accusati di reati in riferimento al caso Epstein. Caso su cui i coniugi Clinton si sono tuttavia recentemente rifiutati di testimoniare alla Camera. Per questo, il presidente della commissione Sorveglianza della Camera stessa, il repubblicano James Comer, ha offerto loro di deporre a gennaio: in caso contrario, ha minacciato di avviare un procedimento per oltraggio al Congresso contro la coppia.
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Il Tribunale dei minori de l'Aquila. Nel riquadro, la famiglia Trevallion Birmingham (Ansa)
Un bambino è un teste fragile estremamente suggestionabile, perché è abituato al fatto che non deve contraddire un adulto, e, soprattutto se il bambino è spaventato, tende a compiacere l’adulto e a dire quello che l’adulto vuole. Ricordiamo che esiste la Carta di Noto, un protocollo di linee guida per l’ascolto del minore in caso di presunti abusi sessuali o maltrattamenti, elaborato da esperti di diverse discipline (magistrati, avvocati, psicologi, ecc.), che sono state sistematicamente disattese per esempio a Bibbiano. Un bambino deportato dalla sua famiglia è per definizione terrorizzato. Il termine corretto per i bambini tolti dalle famiglie dalle assistenti sociali è deportazione. La deportazione avviene all’improvviso, da un istante all’altro, con l’interruzione totale di tutti gli affetti, genitori, nonni, amici, eventuali animali domestici. Il deportato è privato dei suoi oggetti e del suo ambiente e con la proibizione di contatti con la sua vita precedente. Il deportato non ha nessuna padronanza della sua vita. Questo è lo schema della deportazione. Assistenti sociali possono mentire e psicologi possono avvallare queste menzogne con interrogatori suggestivi che portano i bambini a mentire. I motivi sono tre: compiacenza verso superiori o colleghi (è già successo), interesse economico (è già successo), fanatismo nell’applicare le proprie teorie: l’abuso sessuale dei padri sui bambini è diffusissimo, una famiglia non ha il diritto di vivere in un bosco, una madre povera non ha diritto ad allevare suo figlio, i bambini appartengono allo Stato, a meno che non siano rom allora appartengono al clan, un non vaccinato è un nemico del popolo oltre che della scienza e va deportato e vaccinato (è già successo).
Un’assistente sociale può mentire. E dato che la menzogna è teoricamente possibile deve essere necessario, per legge, che a qualsiasi interazione tra lo psicologo e l’assistente sociale e il bambino sia presente un avvocato di parte o un perito di parte, psicologo o altra figura scelta dalla famiglia. È necessario quindi che venga fatta immediatamente una legge che chiarisca che sia vietato una qualsiasi interazione tra il bambino e un adulto, assistente sociale, psicologo, ovviamente magistrato, dove non sia presente un perito di parte o un avvocato. Facciamo un esempio a caso. Supponiamo (siamo nell’ambito delle supposizioni, il posto fantastico dei congiuntivi e dei condizionali) che l’assistente sociale che ha dichiarato che i bambini della famiglia del Bosco sono analfabeti, oltre ad aver compiuto il crimine deontologico gravissimo della violazione di segreto professionale, abbia mentito. Certo è estremamente probabile che i figli di una famiglia con un livello culturale alto, poliglotta, la cui madre lavora in smart working siano analfabeti. È la cosa più logica che ci sia, però supponiamo per ipotesi fantastica che l’assistente sociale abbia mentito. In questo caso è evidente che i bambini non possono tornare a casa per Natale. Se i bambini tornassero a casa in tempi brevi, non sarebbe difficile fare un video dove si dimostra che scrivono benissimo, che leggono benissimo, molto meglio dei coetanei in scuole dove il 90% degli utenti sono stranieri che non sanno nemmeno l’italiano e meno che mai l’inglese, si potrebbe dimostrare che sono perfettamente in grado di farsi una doccia da soli e anche di cucinare un minestrone.
La deportazione di un bambino, coi rapporti troncati da un colpo di ascia, produce danni incalcolabili. I bambini sono stati sottratti ai loro affetti per darli in mano a una tizia talmente interessata al loro interesse che sputtana loro e la loro famiglia davanti a tutta l’Italia e per sempre (il Web non dimentica) con affermazioni (vere?) sul loro analfabetismo e sulla loro incapacità a fare una doccia. Questi bambini rischiano di essere aggrediti e sfottuti dai coetanei per questo, si è spianata la strada a renderli vittime di bullismo per decenni. Con impressionante sprezzo di qualsiasi straccio di deontologia gli operatori, tutti felici di squittire a cani e porci informazioni che dovrebbero essere assolutamente riservate (anche questi il segreto professionale e la deontologia non sanno che cosa siano), ci informano che i bambini annusano con perplessità i vestiti che profumano di pulito. I vestiti non profumano di pulito. Hanno l’odore dei pessimi detersivi industriali reclamizzati alla televisione che deve essere la fonte principale se non l’unica da cui nasce la cultura degli operatori. I loro componenti sono pessimi, non solo inquinanti, ma anche pericolosi per la salute umana a lungo termine: stesso discorso per lo sciampo e il bagno schiuma, soprattutto negli orfanatrofi di Stato, le cosiddette case famiglie, dove si comprano i prodotti meno cari, quindi quelli con i componenti peggiori.
Nessuno dei libricini su cui hanno studiato gli operatori ha spiegato che ci sono ben altri sistemi per garantire una pulizia impeccabile. In tutte le foto che li ritraggono con i genitori, ai tempi distrutti per sempre in cui erano felici, i bambini sono pulitissimi. Tra l’altro tutte queste incredibili esperte di comportamento infantile, non hanno mai sentito parlare di comportamento oppositivo? Un bambino normale, una volta deportato con arbitrio dalla sua vita e dalla sua famiglia, può spezzarsi ed essere malleabile o può resistere ed essere oppositivo. Fai la doccia. Non la voglio fare. Scrivi. Non sono capace. Il bambino oppositivo deve essere frantumato. Non ti mando a casa nemmeno per Natale.
Sia fatta una legge immediatamente. Subito. I bambini del bosco devono avere di fianco un avvocato. Noi popolo italiano, che con le nostre tasse paghiamo i servizi sociali e la deportazione dei bambini, abbiamo il diritto a pretendere che non siano soli. I bambini nel bosco passeranno un Natale da deportati. Qualcuno si sentirà in dovere di informarci che in vita loro non avevano mai mangiato un qualche dolce industriale a base di zucchero, grassi idrogenati e coloranti e che grazie alla deportazione questa lacuna è stata colmata.
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La famiglia Trevallion-Birmingham (Ansa)
È infatti una prepotenza senza significato confrontare una bomba affettiva e esistenziale come tre fratellini che giocano e si vogliono evidentemente bene, accompagnata da genitori altrettanto uniti, e naturalmente affettivi con norme e abitudini di un Paese dove il nucleo abitativo più frequente nelle città più prestigiose consiste in un cittadino singolo. Pretendere che i pochi figli superstiti in qualche «terra di nessuno», con i suoi boschi e le affettuosità (che ancora esistono fuori dalle famiglie-tipo), si uniformino ai secchi diritti e cupe abitudini del sociologico e disperato «gruppo dei pari» è un’operazione di una freddezza stalinista, per fortuna destinata allo scacco. È coltivata da burocrazie che scambiano relazioni profonde e vere, comunque indispensabili alla vita e alla sua felicità, con strumenti tecnici, adoperabili solo quando la famiglia purtroppo non c’è più, molto spesso per l’ottusità e la corruzione dello Stato stesso che le subentra (come racconta Hanna Arendt) quando è riuscito a distruggerla. Se non si vuole creare danni inguaribili, tutti, anche i funzionari dello Stato, dovrebbero fare attenzione a non sostituire gli aspetti già legati all’umano fin dalla creazione del mondo, con pratiche esterne magari infiocchettate dalle burocrazie ma che non c’entrano nulla con la sostanza dell’uomo e la sua capacità di sopravvivere.
Certo, la bimba Utopia Rose, citata nel bel pezzo di Francesco Borgonovo del 18 dicembre, è una testimone insostituibile di un’altra visione del mondo rispetto alle varie ideologie che prevalgono in questo momento, unendo ferocia e ricchezza, cinismo e follia. Impossibile di fronte ai fratellini che tanto scandalizzano le burocrazie perbene non ricordare (oltretutto a pochi giorni dal Natale) l’ordine di Gesù: «Lasciate che questi piccoli vengano a me». Nessuno dubita che entreranno nel Regno prima degli assistenti sociali. Utopia Rose, la più grande, è affettuosa e impegnata, lavoratrice e giocattolona, organizzatrice e sognatrice. Però non è sola (Come si fa a non amarla, e anche un po’ invidiarla?). Non soltanto perché ha i suoi due fratellini, e i tre quarti del pubblico fa il tifo per loro. Ma perché questa visione loro e dei genitori di cercare una vita buona e naturale, semplicemente felice e affettuosa verso sé e verso gli altri e tutto il mondo vivente, cresce con la stessa velocità con la quale si sviluppa l’idolatria verso tutto ciò che è artificiale, fabbricato, mentale, non affettivo. È già qualche anno che chi viene in analisi scopre soprattutto questo: l’urgenza di mettersi al riparo dagli egoismi e pretese grandiose, vuote e fredde, e invece amare. Ormai il fenomeno trasborda nelle cronache. Trasgressione conclusiva, dialettale e popolaresca (milanese): «Spérèm»!
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