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2018-12-10
Impasse Lega-5 stelle: zitto zitto Conte, con l'aiuto di Alpa, apparecchia le proprie nomine
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Ansa
Giuseppe Conte non è solo l'ago della bilancia del governo gialloblu nelle trattative sulla manovra economica, ma appare sempre di più un metronomo che batte il tempo delle nomine pubbliche. Zitto zitto impara a muoversi nei corridoi dei Palazzi e districarsi tra Palazzo Chigi e il Quirinale. Nei primi sei mesi l'esecutivo ha piazzato una serie di nomi. Altri ne restano. Tanti dovranno essere sfilati dal cilindro a partire dalla prossima primavera. Se il tema Cassa depositi e perestiti e Rai sono stati archiviati, sullo sfondo torna ad affacciarsi la grande tornata delle nomine della grandi aziende pubbliche che avrà il suo clou nel biennio 2019-2020. E' il risiko che coinvolgerà i primari gruppi italiani, da Enel, Eni, Fincantieri a Poste, Leonardo, Enav, Mps passando per Terna, Mps, Snam, Italgas, che dovranno rinnovare i propri consigli di amministrazione. Un giro di poltrone che scottano visto che ridisegnerà la geografia del potere economico del Paese. E' stato calcolato che in gioco ci siano 350 incarichi tra consigli di amministrazione e collegi sindacali. Senza dimenticare che il prossimo aprile sarà da affrontare anche il rinnovo di Mario Parente (prorogato per un anno) all'Aisi e la scelta del futuro comandante della Guardia di finanza. Sarà anch'essa una nomina importante visto il ruolo che ricoprono le Gialle gialle su delega gialloblù. Basti pensare al peso nel comparto dell'intelligence, ma anche al vertice dell'Agenzia delle entrate e soprattutto al fatto che nei momenti di difficoltà e di attrito tra la componente leghista e quella grillina del governo un nome proveniente dal Corpo sia riuscito a mettere tutti d'accordo. Ovviamente non si può nominare un generale della Gdf per tutte le poltrone ed ecco che nel frattempo nello stallo perenne che ormai caratterizza i vuoti in Consob, Antitrust o Anas, il presidente del Consiglio si sta muovendo con grande capacità e sta continuando a piazzare pedine con la propria personale benedizione. Come dire, tra i due litiganti il terzo gode.
Lo si è visto pochi giorni fa in Enav, società di assistenza al volo controllata dal ministero dell'Economia e quotata in Borsa. Dopo le dimissioni di Roberto Scaramella, al suo posto è stato nominato Nicola Maione. Il manager, già nel board di Enav, è un avvocato che conosce molto bene Guido Alpa, mentore di Conte, con cui negli anni ha organizzato corsi di diritto privato a La Sapienza. Ma non è l'unica casella che il mite numero uno di palazzo Chigi vuole portare a casa. Voci ben informate spiegano che terminata la manovra economica potrebbe finalmente sbloccarsi la presidenza di Consob, posto vacante dal 13 settembre. Tra i grillini c'è una corrente che continua a sostenere Marcello Minenna, già assessore di Virginia Raggi, ma contro la sua nomina al posto di Mario Nava continuano a lavorare diverse forze, tra cui a quanto pare quelle ben inserite alla presidenza della Repubblica di Sergio Mattarella. Sulla casella dell'autorità di controllo della Borsa, però, secondo Il Fatto Quotidiano, si starebbe consumando l'ennesima manovra di Conte, che avrebbe sponsorizzato la diffusione della notizia del veto quirinalizio su Minenna per premere invece su Mirella Pellegrini, professore di Diritto dell'Economia presso alla Luiss di Roma. Pellegrini non è un nome qualunque. Fu tra i firmatari insieme con lo stesso Alpa di un appello alla fine del maggio scorso per sostenere Conte come presidente del Consiglio. In Consob sono molto titubanti sull'idea di inserire un nome come quello della Pellegrini anche perchè non troverebbe il sostegno della componente leghista del governo. D'altra parte il mentore del premier pugliese, devoto di padre Pio, è uomo trasversale, già nel consiglio di amministrazione di Leonardo, con buone entrate sia nel centrodestra, vedi sponda nel gran ciambellano Gianni Letta, sia nel centrosinistra, anche perché grande amico di Andrea Zoppini, avvocato, grande amico di Giulio Napolitano, il figlio dell'ex presidente della Repubblica.
Claudio Antonelli e Alessandro Da Rold
Per il Dis è ora della sfida della cyber security.
Giphy I saluti sono incominciati già da qualche settimana, quando sono state comunicate le nuove nomine, ma sarà oggi il vero ultimo giorno di permanenza delle direzioni di Dis e Aise, con l'addio di Alessandro Pansa e Alberto Manenti. Da quel che trapela i sostituti, Gennaro Vecchione e Luciano Carta, entrambi generali della Guardia di finanza, hanno due profili molto diversi tra loro. D'altronde si troveranno a operare in due ambienti molto differenti. I due direttori troveranno nelle rispettive organizzazioni situazioni opposte, con aspettative e stati d'animo del tutto contrastanti. Del resto alle nomine si è arrivati dopo mesi di trattative, non è stato un percorso facile, soprattutto dopo che l'ex presidente del consiglio, Paolo Gentiloni, aveva rinnovato allo scadere del suo mandato gli incarichi sia di Pansa sia di Manenti, oltre che quello dell'ex comandante del Ros, Marco Parente, all'Aisi. Il governo del cambiamento, attraverso le nuove nomine dei vertici dell'intelligence, sta cercando di dare una svolta alla propria azione di governo, in particolare dal punto di vista diplomatico, in Libia. La visita del generale, Khalifa Haftar, la scorsa settimana a Roma segna un cambio di rotta. Il comandante della Cirenaica è sbarcato due volte nel nostro Paese in meno di trenta giorni, inimmaginabile fino a qualche mese fa. Del resto l'Italia sta tornando a svolgere una propria azione di politica internazionale, e scegliendo la strada molto difficile e rischiosa del dialogo con gli Usa, la Russia e la Cina, si è ormai affrancata dall'asse franco-tedesco.
Allo stesso tempo non va dimenticato che il Dis ha negli ultimi anni sviluppato il ruolo di vera e propria guida dell'intelligence italiana, attribuito dalle ultime riforme, interpretato attraverso l'indirizzo di personalità come l'ambasciatore Giampiero Massolo, ora presidente di Fincantieri, approdato al Dipartimento di pubblica sicurezza dopo aver ricoperto l'incarico di segretario generale della Farnesina, e dello stesso Pansa che prima di diventare direttore è stato Capo della polizia. Vecchione, insomma, rispetto ai suoi predecessori non avrebbe lo stesso curriculum, e come precedente incarico ha ricoperto quello di Direttore della Scuola interforze. Il Dis è una macchina complessa e collaudata. Per questo motivo in molti si attendevano che il presidente del consiglio, Giuseppe Conte, optasse per premiare una soluzione interna. Conte ha invece sorpreso tutti, tirando fuori dal cilindro il nome di Vecchione, a quanto pare a lui vicino dal punto di vista famigliare e religioso: la moglie del generale è una devota di padre Pio. Parlando con chi ha avuto modo di conoscerlo c'è chi dipinge Vecchione come un ufficiale molto scrupoloso ma con poca esperienza di comando territoriale. Fortunatamente al Dis potrà contare su una struttura che saprà supportarlo nella risoluzione dei dossier più importanti, tra questi spicca sicuramente il trasferimento dei servizi nella nuova sede di Piazza Dante. Si tratta di un progetto molto ambizioso – portato avanti negli anni sin dai tempi di Gianni De Gennaro, ora presidente di Leonardo, e dall'attuale vicedirettore Enrico Savio - giunto ormai nella fase conclusiva. Non solo. C'è un altro dossier che riguarda il Dis molto delicato. E' il ruolo della struttura di sicurezza cibernetica (Nis) con a capo il professor Roberto Baldoni, detto il cyber zar, dove c'è chi attende un contributo maggiore in termini di apporto qualitativo in fase di progettualità a supporto della sicurezza cyber. Ma considerata la mancanza di esperienza di Vecchione su questi specifici temi, non è escluso che almeno in una prima fase ci possa esser un incarico proprio per Pansa come consigliere per la sicurezza del presidente del consiglio. Si tratterebbe di un ruolo che nel concreto si tradurrebbe nella funzione di un vero e proprio "tutor" necessario per colmare l'inesperienza di Vecchione e trasferirgli le conoscenze fondamentali di un sistema così articolato e complesso.
Per quanto riguarda l'Aise siamo di fornte a una soluzione interna. E' stato per due anni vice di Manenti, proviene dagli ufficiali della Guardia di finanza e se non fosse stato per Matteo Renzi, che gli preferì Giorgio Toschi, sarebbe diventato il comandante generale delle fiamme gialle. Il ruolo di Carta all'Aise sarà di sicuro diverso. A quanto pare quello che gli agenti del servizio estero chiedono a Carta è di riportare equilibrio e serenità a Forte Braschi, dopo anni difficili, anche per l'allontanamento e la promozione di diversi agenti. Per questo motivo il mandato di Carta all'Aise sarà molto più ostico e complesso anche perché troverà nei posti chiave dirigenti nominati dall'ex ministro Marco Minniti e vicini anche al vice Gianni Caravelli, sponsorizzato (senza successo) in questa ultima corsa dal ministro della Difesa, Elisabetta Trenta. Ma soprattutto l'obiettivo sarà quello di ridare serenità al nostro operato in situazioni complesse coma Libia o l'Egitto. Anche il caso Regeni rappresenta l'ulteriore sintomo del fallimento della precedente gestione estera dell'intelligence.
Alessandro Da Rold
Fincantieri saldamente nelle mani di Giuseppe Bono. Giordo da Riad osserva l'Italia
Giphy
Il manager italiano, Giuseppe Giordo, è stato nominato dal Fondo sovrano dell'Arabia Saudita Pif (Public Investment Fund) consigliere di Sami (Saudi arabian military industry), società costituita per lo sviluppo dell'industria della Difesa saudita.L'ex ad di Alenia Aeronautica, è stato scelto dopo una selezione internazionale. Rimarrà, comunque, Amministratore delegato di Aero Vodochody di Praga dove lavora dal 16 maggio 2016. L'anno prima, nel 2015, Mauro Moretti allora ad di Leonardo (già Finmeccanica) non volle confermarlo nel suo ruolo. Aero Vodochody, fondata nel 1919 come Aero, è attiva nel settore metalmeccanico con principale attività in campo aeronautico. Venduta alla Boeing dopo il crollo del comunismo, ma presto ricomprata dallo stato ceco, nel gennaio 2007 è stata nuovamente privatizzata e attualmente è di proprietà del gruppo finanziario ceco Penta investments.
L'azienda realizza componenti per conto di terzi, collaborando a numerosi progetti di Alenia, quali C-27J, F/A-18, JAS-39 Gripen, Embraer 170/190, Airbus 320/340, Boeing 767, oltre agli elicotteri Sikorsky S-76 per conto della Sikorsky Aircraft. Giordo è stato un grande protagonista della vendita degli Eurofighter al Kuwait, ma soprattutto sarebbe un ingranaggio fondamentale per l'attuale Leonardo per capire quanto quest'ultima possa essere coinvolta nella produzione del Tempest, il velivolo di quinta generazione, prodotto da Gran Bretagna e Svezia con il supporto di Bae system e indirettamente da Sami, la più grande cassaforte per sviluppo di tecnologia militare. In molti osservano le mosse di Giordo in vista delle prossime nomine al vertice di Leonardo. Alcuni analisti osservano che potrebbe accettare solo portando in dote l'azienda ceca, mentre altri spiegano che il desiderio del manager sarebbe quello di dedicarsi ad altri comparti come l'oil & gas. Osserverebbe da lontano quindi altre società partecipate dallo Stato come Snam o altre collegate a San Donato Milanese. Strada molto difficile da percorrere perchè allo stato attuale il governo nel settore energetico non vorrebbe ribaltoni, mentre al contrario potrebbe essere interessato a rafforzare il progetto Tempest.
I gialloblù sanno di dover trovare un sostituto dell'Eurofighter che però non confligga con il caccia Usa prodotto da Lockheed Martin. La nostra fedeltà al programma Jsf con una novantina di F 35 è un pilastro indiscusso della politica industriale militare tricolore. Un passaggio a parte lo merita, infine, Fincantieri. Giuseppe Bono storico patron del colosso statale della cantieristica veleggia veros una nuova stagione di leadership. Probabilmente da presidente della quotata ma con un particolare occhio di riguardo alla ristrutturazione che Cassa depositi e prestiti potrebbe avere nel cassetto. Non a caso gira il nome di Salvatore Sardo al vertice di Fintecna, la holding che potrebbe acquisire sotto di sè, oltre a Fincantieri, anche Enav e Leonardo. Lasciando alla holding poteri più che raddoppiati rispetto alla situazione attuale. Sarebbe per Bono una grande rivincita dopo essere stato - come più spesso lui stesso ha dichiarato - cacciato da Piazza Montegrappa. Diventerebbe il padre costituente della Difesa pubblica del nuovo millennio.
Claudio Antonelli
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Il premier non è solo l'ago della bilancia del governo nelle trattative sulla manovra economica, ma appare sempre più un metronomo che batte il tempo delle nomine pubbliche. Sta imparando a muoversi nei corridoi dei Palazzi e a districarsi tra Palazzo Chigi e il Quirinale. Basta osservare il caso di Enav dove è stato nominato Nicola Maione: il manager, già nel board della società, è un avvocato che conosce molto bene Guido Alpa, mentore del presidente del consiglio, con cui negli anni ha organizzato corsi di diritto privato a La Sapienza.Nella primavera del 2019 scadono i vertici di Terna, Mps, Italgas. Po tocca a Snam, Leonardo, la Guardia di finanzia e l'Aisi, il controspionaggio. Giuseppe Bono saldo nel controllo di Fincantieri. Dall'Arabia Saudita Giuseppe Giordo guarda con interesse al nostro colosso della Difesa.Oggi è l'ultimo giorno di servizio per Alessandro Pansa e Alberto Manenti. Al loro posto Gennaro Vecchione e Luciano Carta.Per il Dis è l'ora dello sviluppo della ciber security. All'Aise si parla di trasloco e di nuovi rapporti con l'Egitto.Lo speciale contiene tre articoliGiuseppe Conte non è solo l'ago della bilancia del governo gialloblu nelle trattative sulla manovra economica, ma appare sempre di più un metronomo che batte il tempo delle nomine pubbliche. Zitto zitto impara a muoversi nei corridoi dei Palazzi e districarsi tra Palazzo Chigi e il Quirinale. Nei primi sei mesi l'esecutivo ha piazzato una serie di nomi. Altri ne restano. Tanti dovranno essere sfilati dal cilindro a partire dalla prossima primavera. Se il tema Cassa depositi e perestiti e Rai sono stati archiviati, sullo sfondo torna ad affacciarsi la grande tornata delle nomine della grandi aziende pubbliche che avrà il suo clou nel biennio 2019-2020. E' il risiko che coinvolgerà i primari gruppi italiani, da Enel, Eni, Fincantieri a Poste, Leonardo, Enav, Mps passando per Terna, Mps, Snam, Italgas, che dovranno rinnovare i propri consigli di amministrazione. Un giro di poltrone che scottano visto che ridisegnerà la geografia del potere economico del Paese. E' stato calcolato che in gioco ci siano 350 incarichi tra consigli di amministrazione e collegi sindacali. Senza dimenticare che il prossimo aprile sarà da affrontare anche il rinnovo di Mario Parente (prorogato per un anno) all'Aisi e la scelta del futuro comandante della Guardia di finanza. Sarà anch'essa una nomina importante visto il ruolo che ricoprono le Gialle gialle su delega gialloblù. Basti pensare al peso nel comparto dell'intelligence, ma anche al vertice dell'Agenzia delle entrate e soprattutto al fatto che nei momenti di difficoltà e di attrito tra la componente leghista e quella grillina del governo un nome proveniente dal Corpo sia riuscito a mettere tutti d'accordo. Ovviamente non si può nominare un generale della Gdf per tutte le poltrone ed ecco che nel frattempo nello stallo perenne che ormai caratterizza i vuoti in Consob, Antitrust o Anas, il presidente del Consiglio si sta muovendo con grande capacità e sta continuando a piazzare pedine con la propria personale benedizione. Come dire, tra i due litiganti il terzo gode.Lo si è visto pochi giorni fa in Enav, società di assistenza al volo controllata dal ministero dell'Economia e quotata in Borsa. Dopo le dimissioni di Roberto Scaramella, al suo posto è stato nominato Nicola Maione. Il manager, già nel board di Enav, è un avvocato che conosce molto bene Guido Alpa, mentore di Conte, con cui negli anni ha organizzato corsi di diritto privato a La Sapienza. Ma non è l'unica casella che il mite numero uno di palazzo Chigi vuole portare a casa. Voci ben informate spiegano che terminata la manovra economica potrebbe finalmente sbloccarsi la presidenza di Consob, posto vacante dal 13 settembre. Tra i grillini c'è una corrente che continua a sostenere Marcello Minenna, già assessore di Virginia Raggi, ma contro la sua nomina al posto di Mario Nava continuano a lavorare diverse forze, tra cui a quanto pare quelle ben inserite alla presidenza della Repubblica di Sergio Mattarella. Sulla casella dell'autorità di controllo della Borsa, però, secondo Il Fatto Quotidiano, si starebbe consumando l'ennesima manovra di Conte, che avrebbe sponsorizzato la diffusione della notizia del veto quirinalizio su Minenna per premere invece su Mirella Pellegrini, professore di Diritto dell'Economia presso alla Luiss di Roma. Pellegrini non è un nome qualunque. Fu tra i firmatari insieme con lo stesso Alpa di un appello alla fine del maggio scorso per sostenere Conte come presidente del Consiglio. In Consob sono molto titubanti sull'idea di inserire un nome come quello della Pellegrini anche perchè non troverebbe il sostegno della componente leghista del governo. D'altra parte il mentore del premier pugliese, devoto di padre Pio, è uomo trasversale, già nel consiglio di amministrazione di Leonardo, con buone entrate sia nel centrodestra, vedi sponda nel gran ciambellano Gianni Letta, sia nel centrosinistra, anche perché grande amico di Andrea Zoppini, avvocato, grande amico di Giulio Napolitano, il figlio dell'ex presidente della Repubblica.Claudio Antonelli e Alessandro Da Rold<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="True" data-href="https://www.laverita.info/impasse-gialloblu-zitto-zitto-conte-con-laiuto-di-alpa-apparecchia-le-proprie-nomine-2622871360.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="per-il-dis-e-ora-della-sfida-della-cyber-security" data-post-id="2622871360" data-published-at="1765657765" data-use-pagination="False"> Per il Dis è ora della sfida della cyber security. Giphy I saluti sono incominciati già da qualche settimana, quando sono state comunicate le nuove nomine, ma sarà oggi il vero ultimo giorno di permanenza delle direzioni di Dis e Aise, con l'addio di Alessandro Pansa e Alberto Manenti. Da quel che trapela i sostituti, Gennaro Vecchione e Luciano Carta, entrambi generali della Guardia di finanza, hanno due profili molto diversi tra loro. D'altronde si troveranno a operare in due ambienti molto differenti. I due direttori troveranno nelle rispettive organizzazioni situazioni opposte, con aspettative e stati d'animo del tutto contrastanti. Del resto alle nomine si è arrivati dopo mesi di trattative, non è stato un percorso facile, soprattutto dopo che l'ex presidente del consiglio, Paolo Gentiloni, aveva rinnovato allo scadere del suo mandato gli incarichi sia di Pansa sia di Manenti, oltre che quello dell'ex comandante del Ros, Marco Parente, all'Aisi. Il governo del cambiamento, attraverso le nuove nomine dei vertici dell'intelligence, sta cercando di dare una svolta alla propria azione di governo, in particolare dal punto di vista diplomatico, in Libia. La visita del generale, Khalifa Haftar, la scorsa settimana a Roma segna un cambio di rotta. Il comandante della Cirenaica è sbarcato due volte nel nostro Paese in meno di trenta giorni, inimmaginabile fino a qualche mese fa. Del resto l'Italia sta tornando a svolgere una propria azione di politica internazionale, e scegliendo la strada molto difficile e rischiosa del dialogo con gli Usa, la Russia e la Cina, si è ormai affrancata dall'asse franco-tedesco. Allo stesso tempo non va dimenticato che il Dis ha negli ultimi anni sviluppato il ruolo di vera e propria guida dell'intelligence italiana, attribuito dalle ultime riforme, interpretato attraverso l'indirizzo di personalità come l'ambasciatore Giampiero Massolo, ora presidente di Fincantieri, approdato al Dipartimento di pubblica sicurezza dopo aver ricoperto l'incarico di segretario generale della Farnesina, e dello stesso Pansa che prima di diventare direttore è stato Capo della polizia. Vecchione, insomma, rispetto ai suoi predecessori non avrebbe lo stesso curriculum, e come precedente incarico ha ricoperto quello di Direttore della Scuola interforze. Il Dis è una macchina complessa e collaudata. Per questo motivo in molti si attendevano che il presidente del consiglio, Giuseppe Conte, optasse per premiare una soluzione interna. Conte ha invece sorpreso tutti, tirando fuori dal cilindro il nome di Vecchione, a quanto pare a lui vicino dal punto di vista famigliare e religioso: la moglie del generale è una devota di padre Pio. Parlando con chi ha avuto modo di conoscerlo c'è chi dipinge Vecchione come un ufficiale molto scrupoloso ma con poca esperienza di comando territoriale. Fortunatamente al Dis potrà contare su una struttura che saprà supportarlo nella risoluzione dei dossier più importanti, tra questi spicca sicuramente il trasferimento dei servizi nella nuova sede di Piazza Dante. Si tratta di un progetto molto ambizioso – portato avanti negli anni sin dai tempi di Gianni De Gennaro, ora presidente di Leonardo, e dall'attuale vicedirettore Enrico Savio - giunto ormai nella fase conclusiva. Non solo. C'è un altro dossier che riguarda il Dis molto delicato. E' il ruolo della struttura di sicurezza cibernetica (Nis) con a capo il professor Roberto Baldoni, detto il cyber zar, dove c'è chi attende un contributo maggiore in termini di apporto qualitativo in fase di progettualità a supporto della sicurezza cyber. Ma considerata la mancanza di esperienza di Vecchione su questi specifici temi, non è escluso che almeno in una prima fase ci possa esser un incarico proprio per Pansa come consigliere per la sicurezza del presidente del consiglio. Si tratterebbe di un ruolo che nel concreto si tradurrebbe nella funzione di un vero e proprio "tutor" necessario per colmare l'inesperienza di Vecchione e trasferirgli le conoscenze fondamentali di un sistema così articolato e complesso. Per quanto riguarda l'Aise siamo di fornte a una soluzione interna. E' stato per due anni vice di Manenti, proviene dagli ufficiali della Guardia di finanza e se non fosse stato per Matteo Renzi, che gli preferì Giorgio Toschi, sarebbe diventato il comandante generale delle fiamme gialle. Il ruolo di Carta all'Aise sarà di sicuro diverso. A quanto pare quello che gli agenti del servizio estero chiedono a Carta è di riportare equilibrio e serenità a Forte Braschi, dopo anni difficili, anche per l'allontanamento e la promozione di diversi agenti. Per questo motivo il mandato di Carta all'Aise sarà molto più ostico e complesso anche perché troverà nei posti chiave dirigenti nominati dall'ex ministro Marco Minniti e vicini anche al vice Gianni Caravelli, sponsorizzato (senza successo) in questa ultima corsa dal ministro della Difesa, Elisabetta Trenta. Ma soprattutto l'obiettivo sarà quello di ridare serenità al nostro operato in situazioni complesse coma Libia o l'Egitto. Anche il caso Regeni rappresenta l'ulteriore sintomo del fallimento della precedente gestione estera dell'intelligence. Alessandro Da Rold <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem2" data-id="2" data-reload-ads="false" data-is-image="True" data-href="https://www.laverita.info/impasse-gialloblu-zitto-zitto-conte-con-laiuto-di-alpa-apparecchia-le-proprie-nomine-2622871360.html?rebelltitem=2#rebelltitem2" data-basename="fincantieri-saldamente-nelle-mani-di-giuseppe-bono-giordo-da-riad-osserva-l-italia" data-post-id="2622871360" data-published-at="1765657765" data-use-pagination="False"> Fincantieri saldamente nelle mani di Giuseppe Bono. Giordo da Riad osserva l'Italia Giphy Il manager italiano, Giuseppe Giordo, è stato nominato dal Fondo sovrano dell'Arabia Saudita Pif (Public Investment Fund) consigliere di Sami (Saudi arabian military industry), società costituita per lo sviluppo dell'industria della Difesa saudita.L'ex ad di Alenia Aeronautica, è stato scelto dopo una selezione internazionale. Rimarrà, comunque, Amministratore delegato di Aero Vodochody di Praga dove lavora dal 16 maggio 2016. L'anno prima, nel 2015, Mauro Moretti allora ad di Leonardo (già Finmeccanica) non volle confermarlo nel suo ruolo. Aero Vodochody, fondata nel 1919 come Aero, è attiva nel settore metalmeccanico con principale attività in campo aeronautico. Venduta alla Boeing dopo il crollo del comunismo, ma presto ricomprata dallo stato ceco, nel gennaio 2007 è stata nuovamente privatizzata e attualmente è di proprietà del gruppo finanziario ceco Penta investments. L'azienda realizza componenti per conto di terzi, collaborando a numerosi progetti di Alenia, quali C-27J, F/A-18, JAS-39 Gripen, Embraer 170/190, Airbus 320/340, Boeing 767, oltre agli elicotteri Sikorsky S-76 per conto della Sikorsky Aircraft. Giordo è stato un grande protagonista della vendita degli Eurofighter al Kuwait, ma soprattutto sarebbe un ingranaggio fondamentale per l'attuale Leonardo per capire quanto quest'ultima possa essere coinvolta nella produzione del Tempest, il velivolo di quinta generazione, prodotto da Gran Bretagna e Svezia con il supporto di Bae system e indirettamente da Sami, la più grande cassaforte per sviluppo di tecnologia militare. In molti osservano le mosse di Giordo in vista delle prossime nomine al vertice di Leonardo. Alcuni analisti osservano che potrebbe accettare solo portando in dote l'azienda ceca, mentre altri spiegano che il desiderio del manager sarebbe quello di dedicarsi ad altri comparti come l'oil & gas. Osserverebbe da lontano quindi altre società partecipate dallo Stato come Snam o altre collegate a San Donato Milanese. Strada molto difficile da percorrere perchè allo stato attuale il governo nel settore energetico non vorrebbe ribaltoni, mentre al contrario potrebbe essere interessato a rafforzare il progetto Tempest. I gialloblù sanno di dover trovare un sostituto dell'Eurofighter che però non confligga con il caccia Usa prodotto da Lockheed Martin. La nostra fedeltà al programma Jsf con una novantina di F 35 è un pilastro indiscusso della politica industriale militare tricolore. Un passaggio a parte lo merita, infine, Fincantieri. Giuseppe Bono storico patron del colosso statale della cantieristica veleggia veros una nuova stagione di leadership. Probabilmente da presidente della quotata ma con un particolare occhio di riguardo alla ristrutturazione che Cassa depositi e prestiti potrebbe avere nel cassetto. Non a caso gira il nome di Salvatore Sardo al vertice di Fintecna, la holding che potrebbe acquisire sotto di sè, oltre a Fincantieri, anche Enav e Leonardo. Lasciando alla holding poteri più che raddoppiati rispetto alla situazione attuale. Sarebbe per Bono una grande rivincita dopo essere stato - come più spesso lui stesso ha dichiarato - cacciato da Piazza Montegrappa. Diventerebbe il padre costituente della Difesa pubblica del nuovo millennio.Claudio Antonelli
Gabriele D'Annunzio (Ansa)
Il patrimonio mondiale dell’umanità rappresentato dalla cucina italiana sarà pure «immateriale», come da definizione Unesco, ma è fatto di carne, ossa, talento e creatività. È il risultato delle centinaia di migliaia di persone che, nel corso dei secoli e dei millenni, hanno affinato tecniche, scoperto ingredienti, assemblato gusti, allevato animali con amore e coltivato la terra con altrettanta dedizione. Insomma, dietro la cucina italiana ci sono... gli italiani.
Ed è a tutti questi peones e protagonisti della nostra storia che il riconoscimento va intestato. Ma anche a chi assapora le pietanze in un ristorante, in un bistrot o in un agriturismo. Alla fine, se ci si pensa, la cucina italiana siamo tutti noi: sono i grandi chef come le mamme o le nonne che si danno da fare tra le padelle della cucina. Sono i clienti dei ristoranti, gli amanti dei formaggi come dei salumi. Sono i giornalisti che fanno divulgazione, sono i fotografi che immortalano i piatti, sono gli scrittori che dedicano pagine e pagine delle loro opere ai manicaretti preferiti dal protagonista di questo o quel romanzo. Insomma, la cucina è cultura, identità, passato e anche futuro.
Giancarlo Saran, gastropenna di questo giornale, ha dato alle stampe Peccatori di gola 2 (Bolis edizioni, 18 euro, seguito del fortunato libro uscito nel 2024 vincitore del Premio selezione Bancarella cucina), volume contenente 13 ritratti di personaggi di spicco del mondo dell’italica buona tavola («Un viaggio curioso e goloso tra tavola e dintorni, con illustri personaggi del Novecento compresi alcuni insospettabili», sentenzia l’autore sulla quarta di copertina). Ci sono il «fotografo» Bob Noto e l’attore Ugo Tognazzi, l’imprenditore Giancarlo Ligabue e gli scrittori Gabriele D’Annunzio, Leonardo Sciascia e Andrea Camilleri. E poi ancora Lella Fabrizi (la sora Lella), Luciano Pavarotti, Pietro Marzotto, Gianni Frasi, Alfredo Beltrame, Giuseppe Maffioli, Pellegrino Artusi.
Un giro d’Italia culinario, quello di Saran, che testimonia come il riconoscimento Unesco potrebbe dare ulteriore valore al nostro made in Italy, con risvolti di vario tipo: rispetto dell’ambiente e delle nostre tradizioni, volano per l’economia e per il turismo, salvaguardia delle radici dal pericolo di una appiattente omologazione sociale e culturale. Sfogliando Peccatori 2, si può possono scovare, praticamente a ogni pagina, delle chicche. Tipo, la passione di D’Annunzio per le uova e la frittata. Scrive Saran: «D’Annunzio aveva un’esperienza indelebile legata alle frittate, che ebbe occasione di esercitare in diretta nelle giornate di vacanza a Francavilla con i suoi giovani compagni di ventura in cui, a rotazione, erano chiamati “l’uno a sfamare tutti gli altri”. Lasciamogli la cronaca in diretta. Chi meglio di lui. “In un pomeriggio di luglio ci attardavamo nella delizia del bagno quando mi fu rammentato, con le voci della fame, toccare a me le cura della cucina”. La affronta come si deve. “Non mancai di avvolgermi in una veste di lino rapita a Ebe”, la dea della giovinezza, “e di correre verso la vasta dimora costruita di tufo e adornata di maioliche paesane”. Non c’è storia: “Ruppi trentatré uova e, dopo averle sbattute, le agguagliai (mischiai) nella padella dal manico di ferro lungo come quello di una chitarra”. La notte è illuminata dal chiaro di luna che si riflette sulle onde, silenziose in attesa, e fu così che “adunai la sapienza e il misurato vigore... e diedi il colpo attentissimo a ricevere la frittata riversa”. Ma nulla da fare, questa, volando nel cielo non ricadde a terra, ovvero sulla padella. E qui avviene il miracolo laico. “Nel volgere gli occhi al cielo scorsi nel bagliore del novilunio la tunica e l’ala di un angelo”. Il finale conseguente. “L’angelo, nel passaggio, aveva colta la frittata in aria, l’aveva rapita, la sosteneva con le dita” con la missione imperativa di recarla ai Beati, “offerta di perfezione terrestre...”, di cui lui era stato (seppur involontario) protagonista. “Io mi vanto maestro insuperabile nell’arte della frittata per riconoscimento celestiale”.
La buona e sana cucina, dunque, ha come traino produttori e ristoratori «ma ancor più valore aggiunto deriva da degni ambasciatori e, con questo, i Peccatori di gola credo meritino piena assoluzione», conclude l’autore.
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Dal primo luglio 2026, in tutta l’Unione europea entrerà in vigore un contributo fisso di tre euro per ciascun prodotto acquistato su internet e spedito da Paesi extra-Ue, quando il valore della spedizione è inferiore a 150 euro. L’orientamento politico era stato definito già il mese scorso; la riunione di ieri del Consiglio Ecofin (12 dicembre) ne ha reso operativa l’applicazione, stabilendone i criteri.
Il prelievo di 3 euro si applicherà alle merci in ingresso nell’Unione europea per le quali i venditori extra-Ue risultano registrati allo sportello unico per le importazioni (Ioss) ai fini Iva. Secondo fonti di Bruxelles, questo perimetro copre «il 93% di tutti i flussi di e-commerce verso l’Ue».
In realtà, la misura non viene presentata direttamente come un’iniziativa mirata contro la Cina, anche se è dalla Repubblica Popolare che proviene la quota maggiore di pacchi. Una delle preoccupazioni tra i ministri è che parte della merce venga immessa nel mercato unico a prezzi artificialmente bassi, anche attraverso pratiche di sottovalutazione, per aggirare le tariffe che si applicano invece alle spedizioni oltre i 150 euro. La Commissione europea stima che nel 2024 il 91% delle spedizioni e-commerce sotto i 150 euro sia arrivato dalla Cina; inoltre, valutazioni Ue indicano che fino al 65% dei piccoli pacchi in ingresso potrebbe essere dichiarato a un valore inferiore al reale per evitare i dazi doganali.
«La decisione sui dazi doganali per i piccoli pacchi in arrivo nell’Ue è importante per garantire una concorrenza leale ai nostri confini nell’era odierna dell’e-commerce», ha detto il commissario per il Commercio, Maroš Šefčovič. Secondo il politico slovacco, «con la rapida espansione dell’e-commerce, il mondo sta cambiando rapidamente e abbiamo bisogno degli strumenti giusti per stare al passo».
La decisione finale da parte di Bruxelles arriva dopo un iter normativo lungo cinque anni. La Commissione europea aveva messo sul tavolo, nel maggio 2023, la cancellazione dell’esenzione dai dazi doganali per i pacchi con valore inferiore a 150 euro, inserendola nel pacchetto di riforma doganale. Nella versione originaria, l’entrata in vigore era prevista non prima della metà del 2028. Successivamente, il Consiglio ha formalizzato l’abolizione dell’esenzione il 13 novembre 2025, chiedendo però di anticipare l’applicazione già al 2026.
C’è poi un secondo balzello messo a punto dall’esecutivo Meloni. Si tratta di un emendamento che prevede l’introduzione di un contributo fisso di due euro per ogni pacco spedito con valore dichiarato fino a 150 euro.
La misura, però, non sarebbe limitata ai soli invii provenienti da Paesi extra-Ue. Rispetto alle ipotesi circolate in precedenza, l’impostazione è stata ampliata: se approvata, la tassa finirebbe per applicarsi a tutte le spedizioni di piccoli pacchi, indipendentemente dall’origine, quindi anche a quelle spedite dall’Italia. In origine, l’idea sembrava mirata soprattutto a intercettare le micro-spedizioni generate da piattaforme come Shein o Temu. Il punto, però, è che colpire esclusivamente i pacchi extra-europei avrebbe reso la misura assimilabile a un dazio, materia che rientra nella competenza dell’Unione europea e non dei singoli Stati membri. Per evitare questo profilo di incompatibilità, l’emendamento alla manovra 2026 ha quindi «generalizzato» il prelievo, estendendolo all’intero perimetro delle spedizioni. L’effetto pratico è evidente: la tassa non impatterebbe solo sulle piattaforme asiatiche, ma anche sugli acquisti effettuati su Amazon, eBay e, in generale, su qualsiasi negozio online che spedisca pacchi entro quella soglia di valore dichiarato.
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Ansa
Insomma: il vento è cambiato. E non spinge più la solita, ingombrante, vela francese che negli ultimi anni si era abituata a intendere l’Italia come un’estensione naturale della Rive Gauche.
E invece no. Il pendolo torna indietro. E con esso tornano anche ricordi e fantasie: Piersilvio Berlusconi sogna la Francia. Non quella dei consessi istituzionali, ma quella di quando suo padre, l’unico che sia riuscito a esportare il varietà italiano oltre le Alpi, provò l’avventura di La Cinq.
Una televisione talmente avanti che il presidente socialista François Mitterrand, per non farla andare troppo lontano, decise di spegnerla. Letteralmente.
Erano gli anni in cui gli italiani facevano shopping nella grandeur: Gianni Agnelli prese una quota di Danone e Raul Gardini mise le mani sul più grande zuccherificio francese, giusto per far capire che il gusto per il raffinato non ci era mai mancato. Oggi al massimo compriamo qualche croissant a prezzo pieno.
Dunque, Berlusconi – quello junior, stavolta – può dirlo senza arrossire: «La Francia sarebbe un sogno». Si guarda intorno, valuta, misura il terreno: Tf1 e M6.
La prima, dice, «ha una storia imprenditoriale solida»: niente da dire, anche le fortezze hanno i loro punti deboli. Con la seconda, «una finta opportunità». Tradotto: l’affare che non c’è, ma che ti fa perdere lo stesso due settimane di telefonate.
Il vero punto, però, è che mentre noi guardiamo a Parigi, Parigi si deve rassegnare. Lo dimostra il clamoroso stop di Crédit Agricole su Bpm, piantato lì come un cartello stradale: «Fine delle ambizioni». Con Bank of America che conferma la raccomandazione «Buy» su Mps e alza il target price a 11 euro. E non c’è solo questo. Natixis ha dovuto rinunciare alla cassaforte di Generali dov’è conservata buona parte del risparmio degli italiani. Vivendi si è ritirata. Tim è tornata italiana.
Il pendolo, dicevamo, ha cambiato asse. E spinge ben più a Ovest. Certo Parigi rimane il più importante investitore estero in Italia. Ma il vento della geopolitica e cambiato. Il nuovo asse si snoda tra Washington e Roma Gli americani non stanno bussando alla porta: sono già entrati.
E non con due spicci.
Ieri le due sigle più «Miami style» che potessero atterrare nel dossier Ilva – Bedrock Industries e Flacks Group – hanno presentato le loro offerte. Americani entrambi. Dall’odore ancora fresco di oceano, baseball e investimenti senza fronzoli.
E non è un caso isolato.
In Italia operano oltre 2.700 imprese a partecipazione statunitense, che generano 400.000 posti di lavoro. Non esattamente compratori di souvenir. Sono radicati nei capannoni, nella logistica, nelle tecnologie, nei servizi, nella manifattura. Un pezzo intero di economia reale. Poi c’è il capitolo dei giganti della finanza globale: BlackRock, Vanguard, i soliti nomi che quando entrano in una stanza fanno più rumore del tuono. Hanno fiutato l’aria e annusato l’Italia come fosse un tartufo bianco d’Alba: raro, caro e conveniente.
Gli incontri istituzionali degli ultimi anni parlano chiaro: data center, infrastrutture, digitalizzazione, energia.
Gli americani non si accontentano. Puntano al core del futuro: tecnologia, energia, scienza della vita, space economy, agritech.
Dopo l’investimento di Kkr nella rete fissa Telecom - uno dei deal più massicci degli ultimi quindici anni - la direzione è segnata: Washington ha scoperto che l’Italia rende.
A ottobre 2025 la grande conferma: missione economica a Washington, con una pioggia di annunci per oltre 4 miliardi di euro di nuovi investimenti. Non bonus, non promesse, ma progetti veri: space economy, sostenibilità, energia, life sciences, agri-tech, turism. Tutti settori dove l’Italia è più forte di quanto creda, e più sottovalutata di quanto dovrebbe.
A questo punto il pendolo ha parlato: gli americani investono, i francesi frenano.
E chissà che, alla fine, non si chiuda il cerchio: gli Usa tornano in Italia come investitori netti, e Berlusconi torna in Francia come ai tempi dell’avventura di La Cinq.
Magari senza che un nuovo Mitterrand tolga la spina.
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