2020-04-29
Impariamo da Pericle come non comportarci
La Germania non ha né avrà alcuna «solidarietà» nei confronti dell'Italia, semplicemente ha bisogno delle nostre industrie. Per approfittarne, il premier deve studiare l'antica Atene, che perì per la paura della peste e per l'abbandono del senso religioso.Dovremmo cercare di affrontare la crisi in corso anche grazie a una lezione dalla storia: la peste di Atene del 430 a.C. Ben 2.500 anni fa, come oggi, si dovettero gestire sia l'emergenza sia i bisogni economici. Giovedì scorso al Consiglio europeo la cancelliera Angela Merkel ha dato buone ragioni all'Italia per sentirsi sostenuta dai partner europei. Ha di fatto dato il via libera al Recovery fund e ha in pratica invitato l'Olanda a «lasciarci in pace». Soprattutto, la Bce ha confermato che è pronta a comperare «junk bond» come collaterali in caso di declassamento del rating di banche e Stati. Ora aspettiamo la reazione e le controproposte del nostro governo nel prossimo incontro dell'Eurogruppo del 6 maggio.Sono convinto che il nostro esecutivo sappia che la «riapertura» con la fase due deve conciliarsi con la fase due tedesca, visto che abbiamo almeno una intera regione (il Veneto) che lavora strettamente con la Germania, la quale non può farne a meno, pena impedire il suo stesso riavvio. Sappiamo che la Germania, ben più abituata al ruolo dello Stato forte (per cultura protestante consolidatasi in cinque secoli, al fine di compensare i rischi di eccessiva «libertà di coscienza» luterana), ci considera un popolo ricco di capacità creativa ma con vocazione all'anarchia.Poiché mi pare comprensibile che in futuro l'Europa vedrà una maggior guida economica nella Germania, non mi stupirei affatto che la sua amabile attenzione al nostro Paese sia anche dovuta al ruolo economico di alcune regioni industrialmente a lei collegate. Pertanto anche la Germania non ci sta sostenendo tanto per generosità quanto per comprensibile interesse. Ma stavolta Berlino ha ben inteso che, per la prima volta nella storia, stiamo affrontando uno shock di domanda e offerta, di deficit e di debito, comune a tutti. Ma ha pure capito che stavolta sarebbe errato e controproducente per tutti riferirsi matematicamente ai soliti rischi italiani (sostenibilità del debito, problema spread, eccetera).Nella storia moderna recente abbiamo assistito a molte grandi crisi finanziarie, da quella del 1929 a quelle dei Paesi emergenti del 1998 , fino alla bolla del 2008. Ma nessuna è dovuta a un fenomeno come questa pandemia, che impatta la vita e l'economia per tutti. Ne usciremo, perché non possiamo non uscirne, tutti insieme, e la Cancelliera lo sa. Sarà solidarietà forzata? O praticata per amore cristiano? Lo sarà quanto lo fu per il famoso macellaio o panettiere di Adam Smith. È bene esserne consapevoli per il prossimo Eurogruppo.Propongo al premier Giuseppe Conte una riflessione sul crollo della civiltà greca del V secolo a.C., avvenuta grazie a un fenomeno assimilabile alla pandemia Covid 19 e alle sue conseguenze. Lo storico greco Tucidide, riferendosi alla famosa peste di Atene del 430 a.C. narra che la città, governata da Pericle, fu distrutta dalla paura della peste, più che dalla peste stessa. Paura che provocò anarchia e disperazione, spingendo ognuno a pensare a sé stesso e a cercare di salvare la propria vita, i propri beni, perdendo anche il senso religioso, e sentendosi abbandonati dagli dei.Questa peste, una specie di ebola, dicono gli storici, fu importata dall'Etiopia grazie ai traffici marittimi di beni alimentari che in Grecia arrivavano al Pireo, porto di Atene. Dalle campagne, per paura, tutti si riversarono in città, creando caos, contagio e fame per mancanza di alimenti. Anzitutto gli abitanti di Atene non obbedirono alle disposizioni di Pericle per arginare la peste (l'isolamento di Atene); poi, visto che Pericle non aveva pensato a predisporre forniture di alimenti, gli abitanti disperarono di poter risolvere i problemi vitali e adottarono un comportamento egoistico verso il prossimo. Infine, disertarono i templi nella indifferenza di Pericle.Attenzione perciò alle celebrazioni religiose, caro premier! Gli ateniesi, sentendosi lasciati soli nel contagio, nella fame e senza conforto religioso, si abbandonarono alla disperazione e a ogni disordine. Due terzi di essi, incluso lo stesso Pericle, perirono ed ebbe così iniziò il declino di Atene e della civiltà ateniese. Duemilacinquecento anni fa non si poteva parlare di «conseguenze della globalizzazione»; direi piuttosto di conseguenze dell'anarchia e della disperazione e dell'errore di Pericle di non attuare governance adeguata per isolare, sfamare, fare sperare nella forza della provvidenza. Lezione per quel che accade oggi , è pertanto evitare che «per proteggere i polmoni di un malato gli si impedisca di respirare e di volgere gli occhi al cielo».