2024-11-06
In Francia spunta un certificato medico: «Imane Khelif ha testicoli interni»
Non solo cromosomi e testosterone: l’atleta avrebbe anche genitali maschili non palesi. La medaglia d’oro fu un bluff?Tutti sapevano, eppure si sarebbe deciso di non fare nulla. Questo il quadro che sta emergendo sul caso di Imane Khelif, pugile dell’Algeria, medaglia d’oro alle Olimpiadi di Parigi tra le polemiche scatenate dalla sua non chiara identità sessuale. Dopo lo sfoggio di femminilità alla Fashion week di Milano e sulla copertina di Vogue Arabia, un tassello alla vicenda lo ha aggiunto il giornale investigativo francese Le Correspondant.Il giornalista Djaffer Ait Aoudia sarebbe riuscito a scovare i report stilati da due medici che avevano visitato Imane già un anno prima delle olimpiadi di Parigi, dai quali risulterebbe che Imane sarebbe biologicamente maschio. Un quadro rispetto al quale, molti elementi erano già emersi ma che ora troverebbe un ulteriore riscontro. Quello delle cartelle cliniche redatte da Soumaya Fedala, endocrinologa dell’ospedale Mohamed Lamine Debaghine di Algeri, e Jacques Young del Kremlin Bicetre di Parigi, delle quali la testata francese pubblica alcuni stralci.Come si legge, Imane avrebbe un deficit di Alfa 5 reduttasi, un disturbo dello sviluppo sessuale che colpisce prevalentemente i soggetti maschi. Come nel caso di Khelif, che da test genetico presenterebbe cromosomi maschili XY e caratteri sessuali primari simili, apparentemente, a quelli di una femmina. Tipico di questa condizione infatti sarebbe la presenza di una sorta di canale vaginale cieco per cui, in assenza di buone diagnosi, alla nascita questi soggetti solitamente vengono identificati come femmine e crescono come tali. Fino all’adolescenza. Qui di solito iniziano a comparire segni di mascolinizzazione, dai peli sul corpo ad un forte accrescimento della massa muscolare, mentre il seno e il ciclo mestruale sarebbero del tutto assenti. A questo punto, un esame clinico approfondito permette di scoprire anche l’assenza dell’utero, delle ovaie, e la presenza invece di testicoli interni. Una condizione che secondo il giornale francese sarebbe stata riscontrata tramite risonanza magnetica anche nel caso di Khelif. La stessa condizione della velocista sudafricana Caster Semenya, protagonista di vari ricorsi contro la World Athletics e di una lunga battaglia contro le discriminazioni. Sempre a quanto riportato da Le Correspondant, un test ormonale su Khelif avrebbe rilevato livelli di testosterone troppo alti per essere quelli di una donna. Un quadro molto dettagliato sulla base del quale i medici avrebbero consigliato a Khelif di sottoporsi ad una «correzione chirurgica e ad una terapia ormonale» così da potersi meglio allinearsi fisicamente con l’identità di genere autopercepita, a ennesima conferma di una realtà biologica assai diversa da quella raccontata al mondo.Per il momento, dei report in oggetto sono stati pubblicati solo pochi stralci ma a quanto pare nell’ambiente erano noti, soprattutto al Cio (Comitato Olimpico Internazionale) visto che erano stati redatti nel giugno del 2023. Ben un anno prima di Parigi e tre mesi dopo la decisione da parte dell’Iba (International Boxing Association) di squalificare la Khelif dai campionati mondiali di Nuova Deli perché «non soddisfaceva i criteri di ammissibilità necessari e presentava vantaggi competitivi rispetto ad altre donne». Dichiarazioni che per motivi di privacy, l’Iba non aveva esplicitato ma che, come si è poi capito dalla conferenza stampa tenuta a margine delle olimpiadi, non essendo stati eseguiti test sui livelli di testosterone, dovevano per forza fare riferimento al corredo cromosomico dell’atleta. In una curiosa successione degli eventi però, sempre nel giugno 2023, l’Iba viene esclusa dal Cio e così non ha modo di portare avanti le proprie posizioni sul caso Khelif.Stando a quanto dichiarato da Ioannis Filippatos, medico ginecologo, ex presidente del comitato medico dell’Iba e attuale presidente dell’European Union Boxing Committee affiliata all’Iba, che Khelif non potesse partecipare nelle categorie riservate alle donne però, era già piuttosto chiaro. Di qui l’esclusione, come ribadito anche a margine delle Olimpiadi dove Filippatos senza tanti giri di parole aveva fatto sapere che il cariotipo di Khelif era quello di un maschio. Una posizione in netto contrasto con la decisione del Cio, deciso a selezionare gli atleti semplicemente sulla base del genere indicato sul passaporto.«So di questo report», conferma Filippatos, «ma non è mai arrivato all’Iba perché gli avvocati di Khelif si sono opposti». Per il medico però non sarebbe nulla di nuovo visto che, come già raccontato alla Verità, lui stesso aveva ipotizzato il suddetto quadro clinico. Una patologia che l’Iba avrebbe potuto confermare tramite appositi test se Khelif avesse collaborato. Invece niente di tutto questo. Anzi, non solo gli avvocati avrebbero diffidato l’Iba dal mostrare i risultati dei test genetici, ma si sarebbero ben guardati dal diffondere le cartelle cliniche stilate dai due medici, che invece sarebbero ben conservate nei cassetti della Federazione algerina di pugilato.A quanto pare, proprio un algerino membro del Comitato Olimpico, tale Mustapha Berraf, presidente dell’Anoca (Associazione dei Comitati Olimpici Nazionali dell’Africa) e amico del presidente del Cio Thomas Bach, e nonostante fosse a conoscenza della condizione di Khelif, avrebbe avuto un ruolo centrale nella vicenda, spingendo per l’ammissione dell’atleta ai Giochi di Parigi. Ignorando, evidentemente, le possibili ricadute in termini di fair play in discipline sportive dove la divisione tra maschi e femmine non sono certo un vezzo, bensì condizione necessaria per salvaguardare l’equità agonistica.