
Matteo Salvini impugna le decisioni pro immigrati prese dai tribunali di Bologna e Firenze. E poi mette tre magistrati nel mirino dell'Avvocatura dello Stato: «Ideologicamente contrari alla nostra politica».Matteo Salvini va all'attacco della magistratura politicizzata. Due giorni fa il Tar di Firenze aveva bocciato le «zone rosse» a tutela dei centri cittadini, varate lo scorso aprile con un'ordinanza dal ministero dell'Interno? Bene: ieri il Viminale ha annunciato che impugnerà la sentenza, dicendosi comunque «pronto a riformulare l'ordinanza per allontanare da alcune aree balordi e sbandati». Ma il braccio di ferro è molto più ampio, e più duro, perché il ministro annuncia ricorsi anche contro i Tribunali di Firenze e di Bologna che nei mesi scorsi avevano dato ragione ad alcuni richiedenti asilo ai quali, grazie al Decreto sicurezza, gli uffici comunali avevano negato la possibilità di iscriversi all'anagrafe usando il permesso di soggiorno temporaneo. Lo scontro Salvini-giudici rischia però di diventare materia incandescente. Non solo perché parte in uno dei momenti di maggiore difficoltà nella storia della magistratura italiana, devastata dallo scandalo «toghe sporche» che a fine maggio ha scoperchiato il verminaio delle oscure manovre correntizie per condizionare le nomine ai vertici delle più importanti Procure. E non soltanto perché le indagini e le scoperte sull'osceno «mercato delle promozioni» da qualche giorno stanno addirittura azzoppando lo stesso Consiglio superiore della magistratura. Il contrasto rischia di trasformarsi in sfida all'ultimo sangue perché il leader leghista ha deciso d'impostarlo sullo stesso binario giuridico-politico che negli ultimi anni ha già causato polemiche al calor bianco: Salvini, infatti, ha annunciato che «intende rivolgersi all'Avvocatura dello Stato per valutare se i magistrati che hanno emesso le sentenze avrebbero dovuto astenersi, lasciando il fascicolo ad altri, per l'assunzione di posizioni in contrasto con le politiche del governo in materia di sicurezza, accoglienza e difesa dei confini».Dalle «zone rosse» si passa insomma alle «toghe rosse». Sì, perché Salvini lamenta che i giudici che hanno sentenziato contro i provvedimenti del Viminale non siano propriamente neutrali, in quanto avrebbero «espresso in pubblico le loro idee, avverse al governo». Il comunicato del ministero descrive quella che, tra Firenze e Bologna, assomiglia a una «rete» giudiziaria ideologicamente allineata, con «rapporti di collaborazione o di vicinanza con riviste sensibili al tema degli stranieri come Diritto, immigrazione e cittadinanza, o con avvocati dell'Associazione studi giuridici per l'immigrazione (Asgi) che hanno difeso gli immigrati contro il Viminale».Il comunicato fa il nome di tre magistrati: il primo è quello di Luciana Breggia, il giudice fiorentino autore della sentenza che per prima, in marzo, ha detto no al Decreto sicurezza, garantendo l'iscrizione all'anagrafe di un richiedente asilo. Si legge nella nota: «In dibattiti pubblici, come quello organizzato a Firenze l'8 aprile 2019 e disponibile online, il giudice Breggia ha chiarito la sua idea d'immigrazione censurando l'uso della parola “clandestini"». Secondo il ministro, il giudice avrebbe partecipato anche alla presentazione di un libro sull'emergenza migratoria dalla Libia, un saggio scritto da un avvocato dell'Asgi, Maurizio Veglio. Mentre un altro legale dell'Asgi, Noris Morandi, «ha assistito il cittadino straniero che ha fatto ricorso contro il Viminale e al quale proprio il giudice Breggia ha dato ragione». E sempre Luciana Breggia sarebbe stata anche «coordinatrice della onlus Rete per l'ospitalità nel mondo».Il Viminale sostiene poi che gli altri due giudici «anti governo» sarebbero tra i collaboratori della rivista online Diritto, immigrazione e cittadinanza, che come obiettivo ha la difesa «dei diritti, dell'eguaglianza e dell'integrazione nel rispetto della diversità». I due magistrati sono Rosaria Trizzino, «che ha appena bocciato le “zone rosse" in qualità di presidente della seconda sezione del Tar della Toscana», e la presidente della prima sezione del Tribunale civile di Bologna, Matilde Betti, che in marzo ha respinto il ricorso del ministero contro l'iscrizione nel registro anagrafico di due immigrati. E qui rispunterebbe di nuovo la «rete» di giudici e avvocati anti governo, perché secondo il Viminale uno dei due stranieri «era difeso dall'avvocato dell'Asgi Nazzarena Zorzella, per anni condirettrice di Diritto, immigrazione e cittadinanza e ora membro del comitato editoriale della rivista dove siede anche la giudice Betti». L'Associazione nazionale magistrati, ieri, non ha perso un attimo: l'organizzazione sindacale delle toghe ha subito espresso «sconcerto per gli attacchi del ministro Salvini alla giudice Breggia» e ha sollecitato il Csm affinché «effettui tutti i passi necessari a tutela della collega e a tutela dell'autonomia e dell'indipendenza della magistratura». Vedremo che cosa risponderà il Csm, che al momento in materia di «indipendenza della magistratura» ha altre grossissime (e pelosissime) gatte da pelare.Salvini, intanto, ha replicato che il governo non intende «controllare nessuno né creare problemi alla magistratura, soprattutto in un momento così particolare e delicato come quello che sta vivendo il Csm», e ha aggiunto di attendere il consiglio dell'Avvocatura dello Stato. Poi ha concluso: «Ci chiediamo solo, col dovuto rispetto, se alcune iniziative pubbliche e alcune evidenti prese di posizione di certi magistrati siano compatibili con un'equa amministrazione della giustizia». La sfida, insomma, è lanciata.
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