2018-12-27
Il tesoriere (pentito) dei Radicali perseguitato dagli eredi di Pannella
Danilo Quinto, 20 anni da dirigente, rischia una condanna per aver definito «servo sciocco» un ex compagno. «Marco mi volle punire dopo che mi liberai dalla sua sudditanza e perché ho abbracciato la fede cattolica».Aveva raccontato i retroscena del Partito radicale, facendo a pezzi la figura di Marco Pannella e documentando lo strapotere che lo storico leader (morto due anni fa) avrebbe esercitato per decenni e durante sei legislature. Nelle 208 pagine del libro Da servo di Pannella a figlio libero di Dio, pubblicato nel 2012 da Fede & Cultura e dedicato alla «più formidabile macchina mangiasoldi della partitocrazia italiana», come recita il sottotitolo, l'ex tesoriere dei radicali Danilo Quinto elencava vicende, particolari scottanti, rivolgeva accuse pesantissime all'osannato paladino dei diritti civili (ma anche ad Emma Bonino), che mai sono stati smentiti né hanno dato luogo a inchieste giudiziarie. Però è finito lui sotto processo, per aver utilizzato le parole «servo sciocco» riferendosi a un ex deputato radicale. Una grottesca accusa di diffamazione a mezzo stampa, una censura senza giustificazioni della libertà di espressione e opinione per la quale Quinto, 62 anni, giornalista, rischia di essere condannato il prossimo 16 gennaio nell'ultima delle otto udienze che sono state celebrate dal 2016, da quando venne rinviato a giudizio «senza essere ascoltato nella fase preliminare», ricorda tutt'oggi incredulo l'imputato. Querelato dai radicali, che nel Dna hanno la provocazione e sono campioni di affondo, solo per una «benevola metafora come quella che usava Goldoni nelle sue commedie, per far intendere come tutti, all'interno del Partito radicale, vivessero il legame di sudditanza nei confronti di Pannella», spiega Quinto, da anni «spogliato dei suoi diritti» per una «persecuzione che ho subito e sto subendo». Tutto iniziò nel 2005, quando si dimise dal partito dopo esserne stato per 20 anni un dirigente e per 10 il tesoriere. Chiese la liquidazione delle sue prestazioni lavorative e di fronte al no secco ricevuto, aprì la procedura della causa di lavoro poi persa in due gradi di giudizio. Venne condannato anche a pagare le spese processuali. L'anno dopo «ricevetti una denuncia per appropriazione indebita sugli stipendi che avevo percepito per prestazione occasionale, sui quali avevo pagato le tasse». Si sarebbe intascato 206.089,23 euro, che invece erano «spese effettuate con la carta di credito, erano scritte nei bilanci, conosciute da tutti, perché approvate dai revisori dei conti e dai congressi all'unanimità», ricorda l'ex dirigente. Non solo non aveva mai ricevuto una contestazione mentre era tesoriere dei radicali italiani, ma dal 1995 al 2005 aveva procurato al partito finanziamenti per 45 milioni di euro, maneggiato 19.651.357 euro di entrate e 20.976.086 di uscite. Davvero, se fosse stato un impostore, si sarebbe accontentato di un misero 0,32% di tanto denaro che passava per le sue mani? A suo dire fu solo una vendetta di Giacinto (detto Marco) Pannella, per fargli pagare il tremendo torto di aver voluto spezzare i legami con lui, leader incontrastato, e con il movimento che aveva messo in piedi. La sua «famiglia allargata dove tutto ciò che era privato diveniva anche pubblico, dove ci si accoppiava e ci si cornificava fra di noi, dove il massimo della gratificazione era salutare Pannella baciandolo sulle labbra quando si presentava alle riunioni mano nella mano con l'ultimo dei suoi fidanzati ventenni e lo imponeva come futuro dirigente o parlamentare». Ma c'è di peggio, un'ostilità più miserabile. L'ateo Pannella, bisex dichiarato pro divorzio, aborto ed eutanasia, non avrebbe sopportato la conversione di Quinto, il matrimonio religioso con la soprano Lydia Tamburrino, il percorso di fede che il suo stretto collaboratore aveva iniziato dopo aver conosciuto l'attuale moglie, sposata nel 2003 nell'indifferenza, anzi nell'ostilità dei colleghi di partito. Condannato dalla Cassazione a 10 mesi per appropriazione indebita di pochi spiccioli, dopo tre gradi di giudizio nel tempo record di quattro anni, Quinto ha dovuto privarsi della pensione e della liquidazione, non ha casa né auto. «Ho raccontato le gesta dei radicali, scandagliato la loro ideologia, ho smascherato la complicità con quell'ideologia di una buona parte dei cattolici, che hanno abortito, hanno divorziato, hanno usato i sistemi anticoncezionali, sono favorevoli all'eutanasia», ripete nell'indifferenza generale. Ha documentato il fiume di denaro speso per candidare Emma Bonino al Quirinale nel 1999 (si parla di 1,5 miliardi di lire), il miliardo di lire prestato nello stesso anno ai radicali dal finanziere George Soros «in stretti rapporti con la Bonino», come pure «strettissimi» erano «i rapporti con la massoneria di Marco Pannella». Ha denunciato i 10 milioni di euro l'anno «che Radio Radicale incassa dal 1998, senza gara d'appalto, per mandare in onda le sedute parlamentari», un servizio pubblico che dovrebbe svolgere la Rai e grazie al quale, invece, «ripiana i debiti della Lista Pannella». Non sa che fine abbia fatto questo suo esposto, come tanti altri. Uomo scomodo, che non risparmia critiche alla Chiesa attuale e al Pontefice perdendo così la collaborazione con l'Agenzia di stampa cattolica Sir, l'ex tesoriere oggi dice: «Ai miei nemici dedico le mie povere preghiere». Soffre e si considera «un grande peccatore» per gli anni passati lavorando con Pannella «alimentando l'opera di devastazione che ha compiuto sull'identità cristiana di questo Paese. Ha confuso la libertà col desiderio. Ha portato l'Italia a non distinguere più il bene dal male. Ha distrutto milioni di vite umane con l'ideologia abortista».
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