Il sindaco di Genova sfida la candidata dem Salis: «Tira fuori il libretto universitario della Link»

Problemi di occupazione e con un’immigrazione che ha trasformato molti quartieri in sobborghi stranieri. E così il centrosinistra per sfruttare questa delusione, figlia anche delle politiche delle giunte precedenti a guida progressista, ha puntato su un’operazione di maquillage che ha sorpreso la destra. La vecchia nomenklatura cittadina ha estratto dal cilindro un’ex lanciatrice del peso (campionessa italiana e dei Giochi del Mediterraneo), Silvia Salis, senza esperienza di amministrazione, ma dal volto fresco.
La trentanovenne genovese è attualmente dipendente, in aspettativa, delle Fiamme azzurre, il gruppo sportivo della polizia penitenziaria, con cui ha effettuato l’attività agonistica sino al 2016. Da allora è stata, quasi subito, distaccata prima alla Fidal e poi al Coni.
Il suo avversario è l’attuale sindaco facente funzioni di Genova, il quarantasettenne avvocato amministrativista Pietro Piciocchi.
Nel 2008, quasi per caso, è entrato nella segreteria tecnica dell’allora ministro dell’Interno Roberto Maroni e ha lavorato al Viminale per tre anni. In quel contesto ha conosciuto persone che lo hanno valorizzato nella politica locale, anche se non è mai stato iscritto a un partito. Nel 2017 e nel 2022 si è candidato nelle liste civiche che sostenevano l’ex sindaco Marco Bucci ed è stato eletto.
Profondamente cattolico (è vicino all’Opus Dei e ha fatto esperienze di volontariato missionario), ha costruito, insieme con la moglie Emma, una grande famiglia (ha sei figli e due affidi). Nel 2024 ha dichiarato un reddito di 524.000 euro (di cui 417.000 provenienti dal lavoro del suo studio legale), mentre la sua avversaria, nell’ultima dichiarazione disponibile, ha denunciato compensi per 53.000 euro, frutto dello stipendio versato dall’amministrazione penitenziaria (34.000) e dell’indennità da vicepresidente vicario del Coni. Ma anche lei, che viveva in un edificio popolare con la famiglia d’origine (il padre era guardiano di un campo sportivo), ha intrapreso una rapida scalata sociale. A Roma abita nella casa del marito regista, Fausto Brizzi, un loft di 291 metri, «arredato con un gusto unico e lussuoso, dallo stile vintage» (così recitano le cronache), e nel 2022 ha acquistato a Genova 7,5 vani a picco sul mare e un negozio nell’elegante quartiere di Quinto al mare.
Ma la vera differenza tra i due candidati, oltre alla predisposizione per lo sport (la Salis è un’iron woman, Piciocchi, ex canoista, oggi si limita ad allevare le sue galline) potrebbe essere il percorso di studi. Il primo cittadino in carica, per 14 anni docente di diritto pubblico alla Bocconi di Milano, si è laureato in giurisprudenza in un ateneo prestigioso come quello genovese, dove ha anche completato il dottorato di ricerca. La Salis ha conseguito, nel 2018, una triennale in scienze della politica e delle relazioni internazionali presso la controversa (prima del cambio di proprietà e management avvenuto nel 2020) università Link campus. Per i presunti esami facilitati garantiti dall’università (gli studenti non frequentavano le lezioni obbligatorie e venivano giudicati da impiegati, anziché da professori, in sedi non autorizzate, come la sala di un mercato ortofrutticolo) i vecchi vertici sono finiti alla sbarra a Firenze, mentre per la laurea del ministro Marina Elvira Calderone, con tanto di doppi esami domenicali, la Procura di Roma, dopo aver ricevuto un esposto, ha aperto un fascicolo esplorativo. La Salis ha frequentato il proprio corso in veste di studente lavoratore («executive»), alla pari di altri atleti del Coni, uno status che garantiva, come si legge su Internet, orari flessibili e modalità di apprendimento personalizzate. Un tema quello della formazione scolastica su cui, come vedremo, Piciocchi è pronto a dare battaglia.
In questa intervista l’attuale sindaco lancia alla sua avversaria la sfida del libretto universitario e rimarca le differenze con l’ex atleta olimpica, una «figurina» dietro a cui si nasconderebbero i soliti noti che hanno portato Genova e la Liguria sull’orlo del crac.
Carlo Calenda l’ha definita una «liberale tosta», Matteo Renzi l’ha celebrata alla Leopolda…
«E adesso la troviamo a giustificare i fischi indirizzati contro di me dalla piazza il 25 aprile e a rivendicare in modo ossessivo il suo essere figlia di un operaio comunista, quasi dovesse giustificare la sua attuale condizione di vita, non propriamente proletaria».
A proposito dei fischi del 25 aprile: è arrivata la solidarietà della sua avversaria?
«Assolutamente no. Anzi li ha giustificati in ragione del fatto che la posizione della nostra coalizione sul fascismo sarebbe equivoca. Un’affermazione che francamente mi offende, anche per motivi famigliari».
Che cosa intende?
«La mia amatissima nonna, maestra elementare, fu espulsa dall’insegnamento perché rifiutò di giurare fedeltà al regime. Credo di non dovere aggiungere altro. Se non che nella vita ci vuole coerenza».
È una frecciata alla Salis?
«Oggi va in piazza al grido di “Ora e sempre Resistenza”, ma appena un anno fa, in un giorno sacro come il 25 aprile, mentre noi eravamo in piazza, lei si concedeva una vacanza glamour negli Emirati arabi. Non ci si può scoprire “partigiani” solo in campagna elettorale».
Che cosa pensa della finta aggressione fascista al sindacalista della Cgil?
«Si tratta di un episodio molto triste che, purtroppo, è stato subito cavalcato dalla sinistra e dalla Salis per cercare di screditare la nostra parte politica. La mia avversaria ha dimostrato con l’immediata adesione alla manifestazione di non possedere quelle doti di equilibrio e di moderazione che sono indispensabili per governare una grande città nel nome di tutti i cittadini. Troppo facile dirsi parte lesa con il senno del poi».
È vero che la Salis aveva uno stretto legame con l’ex presidente della Regione Giovanni Toti?
«Non conosco quali fossero i rapporti tra i due. Ci sono foto che li ritraggono insieme e, certamente, c’è stata una collaborazione. So che suo marito, il regista Fausto Brizzi, ha avuto dei contratti per girare spot della Regione Liguria. È stata persino nominata ambasciatrice di Genova nel mondo dall’ex sindaco Bucci e fino al momento della sua candidatura parlava bene dell’amministrazione cittadina di centro-destra».
Non è che adesso vi porterà via i voti dei moderati?
«Non vedo come il mondo moderato possa guardare con fiducia a una persona che da un lato si dice civica e dall’altro si è fatta ritrarre sotto una gigantesca falce e martello. Abbraccia le tipiche posizioni della sinistra radicale, vuole togliere alla donna la cura dei figli, promette in giunta tre assessori di Avs e dice spudoratamente che da sindaco nominerà solo persone della propria parte politica».
La Salis è stata nel consiglio d’amministrazione di Lottomatica, con un contratto da 30.000 euro, ma dice che non c’è contraddizione con le campagne contro il gioco d’azzardo della sua parte politica. Che cosa ne pensa?
«Anche in questo caso non vedo coerenza tra quello che predica e quello che fa. Se ti dichiari apertamente contro l’azzardo, non entri in una fondazione che usa i soldi delle scommesse per riparare i danni del gioco. Ma forse anche la Salis non va fiera di questa cosa e non l’ha mai inserita nel suo curriculum».
Lei ha detto che nel 2017, quando è entrato in Comune, non sarebbe stato pronto a fare il sindaco. Invece la sinistra adesso candida una persona senza nessuna esperienza, calandola dall’alto.
«La politica, come ogni mestiere serio, richiede una solida formazione e la necessaria gavetta. Il Pd, con la candidatura della Salis, ha chiamato una persona che da anni vive a Roma e che faceva tutt’altro. Ha puntato su un’operazione di immagine e umiliato il territorio, dimostrando di non avere una classe dirigente all’altezza e una cultura di governo».
Che cosa pensa della laurea alla Link campus della sua avversaria?
«Della sua formazione e di questa laurea, mi sembra in scienze politiche, ottenuta a più di 30 anni, parla molto poco. Un atteggiamento curioso da parte di chi sostiene ossessivamente che tutto debba essere pubblico. Io non ho problemi a darvi copia del mio libretto universitario. Sfido la mia avversaria a fare altrettanto».
Che tipo di campagna elettorale sta conducendo la Salis?
«La loro mi sembra una fiction. Hanno fatto grandi investimenti, anche sulla parte social. Cercano di pompare molto il racconto del personaggio, evitando rigorosamente di entrare sui temi che non sanno affrontare, anche per non spaccare la coalizione prima del voto».
Che cosa non le piace della sua avversaria?
«Soprattutto la mancanza di modestia: ha un atteggiamento molto saccente e sostenuto. Ostenta una sicurezza artefatta che in realtà denota, a mio giudizio, un’enorme debolezza».
A che cosa fa riferimento?
«A me pare che Salis sia priva di un pensiero politico autonomo e, forse, proprio per questo sta evitando un confronto a quattr’occhi con me, di quelli cosiddetti all’americana. Ha dichiarato che questa è una scelta precisa, siccome è in vantaggio nei sondaggi. Ma così toglie ai cittadini la possibilità di valutarci in un faccia a faccia».
In Liguria la sinistra ha messo insieme un campo larghissimo. Che cosa pensa della loro «gioiosa macchina da guerra»?
«Che è un accrocchio elettorale privo di un progetto solido per la città e che ha come unico collante la fame di potere. Il loro programma è infarcito di stereotipi e frasi fatte, ma non indica un solo progetto concreto, per evitare litigi e prese di distanza preelettorali nella loro eterogenea alleanza. È un documento che sembra più un album di fotografie della Salis. La quale è un perfetto paravento. Ha un’immagine fresca, è una candidatura certamente inusuale per la sinistra locale ed è digerita a fatica da molti dei loro. Ma la domanda che gli elettori devono farsi è: chi sta dietro a lei?».
E qual è la risposta?
«Sempre i soliti burattinai: Claudio Burlando, Andrea Orlando e tanti dirigenti locali del Pd che hanno già devastato questa città e a cui ora non pare vero di potersi mettere a tramare dietro a questo volto giovane e, secondo me, alla fine anche un po’ ingenuo».
Come sta finanziando la sua campagna? Il caso Toti insegna che occorre prudenza…
«Con risorse personali, una cena di fundraising, contributi dei partiti e di qualche privato. Tutto sarà reso pubblico nei termini di legge».
E la sua avversaria da chi è sostenuta economicamente?
«Non lo so: la sensazione, guardando al suo imponente apparato di propaganda, è che stiano spendendo davvero tanti soldi. Alcuni autorevoli esponenti locali del Pd sono stati massicciamente sostenuti dal finanziere statunitense George Soros attraverso un’associazione italiana. Sarebbe interessante sapere se sostenga anche la Salis e che cosa chieda in cambio».
Se a Genova vincesse il centrosinistra che rapporti avrebbe la giunta con il governo regionale e con quello centrale, che sono di centro-destra?
«I segnali di un possibile cortocircuito ci sono tutti: Salis si è montata la testa. Ha dato del bullo al presidente della Regione Bucci, lo ha aggredito in aeroporto, a favore di telecamere, mettendogli una mano addosso, ha giustificato i fischi contro di lui, assecondando tutte le campagne d’odio della peggiore sinistra massimalista».
Come pensa di convincere gli elettori scontenti a rivotare il centrodestra?
«Devono guardare alle cose fatte in questi anni, e non sono poche, alla reputazione nazionale e internazionale della nostra città che è migliorata moltissimo; ai posti di lavoro che sono aumentati; alla popolazione che ha ripreso a crescere; al turismo che registra numeri da record; alle infrastrutture avversate dagli ecologisti e che, invece, il centrodestra punta a realizzare per risolvere i problemi di viabilità e per rompere l’isolamento di Genova. Mi riferisco, tra le altre, alla metropolitana sopraelevata, all’ingrandimento dell’aeroporto e all’Alta velocità. Devono considerare che non si portano a termine questi progetti senza avere un asse forte con la Regione e con Roma».
Come mai, dopo otto anni di buon governo e il trionfo del 2022, il centrodestra a Genova ha perso punti?
«Perché si è bruscamente interrotto un ciclo in Regione con una vicenda, quella di Toti, che ha comprensibilmente turbato l’opinione pubblica. Ma io, in quella storia, non sono stato minimamente coinvolto. Al contrario, negli atti processuali, sono citati anche autorevoli esponenti del Partito democratico. Qualcuno di loro è pure salito sul famoso yacht dell’imprenditore Aldo Spinelli».
Sul fronte della sicurezza vi siete impegnati abbastanza?
«È stato fatto un investimento enorme per modernizzare la polizia locale e renderla efficiente nel contrasto alla criminalità. Oggi la nostra polizia locale è tra le più attrezzate del Paese. Quando siamo arrivati, nel 2017, giravano con auto scassate. Oggi è tutto un altro film. Nel centro storico abbiamo dispiegato oltre 90 agenti, ma secondo la sinistra, da sempre allergica alle divise, abbiamo speso troppo e questi uomini non si dovrebbero occupare di contrasto allo spaccio degli stupefacenti. È evidente che, se vincerà la sinistra, la polizia locale verrà ridimensionata. E anche la sicurezza in città diminuirà».
A proposito di droga e spacciatori, lei si sente credibile per questo tipo di battaglia? Ha mai assunto sostanze vietate?
«Non mi sono mai fatto neppure uno spinello. Anzi penso che tutti i candidati dovrebbero fare un test per dimostrare di essere “puliti” ed estranei a questo mondo».