2025-03-30
Il pretocchio di corte che incensa il potere
L’ex «Piccolo diavolo», folgorato sulla via di Ventotene, è diventato un vero predicatore a comando. Per il toscanaccio Costituzione, manifesto di Spinelli e «Divina Commedia» pari sono, basta che il cachet sia milionario. Beati quelli come lui, a cui tutto è perdonato.Cognome e nome: Benigni Roberto. Aka - conosciuto anche come - «Robbertooo!», l’orgasmico urlo di Sophia Loren agli Oscar 1999 (tre a La vita è bella, su sette nomination: chapeau!). Ma anche per questo un «one man shoah», come lo sfregiò quella parte di America che non aveva apprezzato i toni da commedia della sua rivisitazione dell’Olocausto.Il «bollito di successo», per quello screanzato di Giuliano Ferrara, dopo l’ultima performance di Benigni, Il sogno, il 19 marzo su Rai 1.Un «focolarino che ringraziava e mandava baci a tutti» per Nanni Delbecchi sul Fatto Quotidiano.E in effetti i primi 15 minuti se ne sono andati in saluti ossequiosi a tutto il globo terracqueo. «Ha stranamente dimenticato Adamo ed Eva», ha infierito il critico. Fino al colpo di grazia: «Il pensatore di riferimento era il Sergio Endrigo di Girotondo intorno al mondo, ma Endrigo lo diceva con meno retorica e più ironia, al condizionale». Un sermone di due ore e un quarto senza pause pubblicitarie. Ben 4.400.000 telespettatori alla borsa dell’Auditel, 28% di share.«Il pubblico ha risposto: presente!», ha annotato un cronista, ammiccando alla replica a distanza a quella «fassista» di Giorgia Meloni, che nel pomeriggio aveva tirato fuori dal cilindro la provocazione su Ventotene e dintorni, e la sera si era beccata (nella Rai che la vulgata «de sinistra» vuole occupata manu militari dai suoi lanzichenecchi) un controcanto da premio Oscar.Una prima serata costata, pare, un milioncino all inclusive, produzione compresa. «Be’, vabbè, ma è Benigni», e comunque beato lui.Certo, si potrebbe inzigare che, la sera dopo, gli italiani smoccolanti davanti alla tv - per la sconfitta in casa delle volonterose «pippe» azzurre contro la Germania - erano quasi il doppio. Ma che il calcio «tiri» perfino più di Sanremo, è cosa arcinota, quindi il confronto è incongruo.Come lo è il paragone con l’audience del monologo sulla Costituzione, titolo: La più bella del mondo, che nel dicembre 2012 inchiodò 12.620.000 persone, con uno share di quasi il 44%.Stavolta sono stati un terzo di allora, ma è anche vero che oggi gli ascolti si sono «polverizzati» causa concorrenza delle piattaforme (che però, chissà perché, non incidono né sull’audience del calcio né su quella di Sanremo).All’epoca, i rilievi riguardavano i toni «buonisti» e liturgici, al limite del manierismo, cui il telepredicatore della Chiesa dei simboli trasformati in feticci - Dante, la Bibbia, la Costituzione, l’Europa - aveva attinto senza risparmiarsi. Visto l’exploit, comunque, la Rai cercò di bissare il colpaccio nel 2016. Replicandolo la sera del 2 giugno. Il risultato non fu disprezzabile, ma decisamente ridimensionato: 3,4 milioni di telespettatori, con il 15,4% di share. Al bis, viale Mazzini si decise dopo un parto travagliato.Il 2016 era l’anno del referendum voluto dal presidente del Consiglio Matteo Renzi (quell’appuntamento che «se perdo, lascio la politica»? Quello).Benigni aveva dato l’impressione di essere schierato per il «no» (che poi risulterà vincitore). Il 3 maggio aveva infatti dichiarato: «Sarei orientato a votare no al referendum di ottobre, per proteggere la nostra meravigliosa Costituzione». Una bella gatta da pelare, per la Rai a trazione renziana: che fare con la replica di un’esibizione (già costata alla tv di Stato, fonte Il Fatto Quotidiano, 1.800.000 euro con un appalto totale «chiavi in mano») che, con tale coming out, rischiava di apparire uno spot per il no? Semplice: aggiungere in testa sei minuti freschi di giornata, alla modica cifra di 200.000 euro, in cui il comico dichiarava con nonchalance di averci ripensato, aderendo al fronte del sì. Tra i lazzi irridenti di Leonardo Pieraccioni, che su Facebook a Renzi il 21 giugno scrisse (profetico): «Tranquillo, a ottobre fai il vero botto co’ i’ referendum! Facciamo prima un tour tutti insieme come i Pu! Io, te, Maria Elena Boschi, Benigni! L’ho chiamato: “Roberto, ci vieni a fare i tur co’ ragazzi?”. Mà risposto: “No... sì... no... sì”». Una retromarcia che peraltro spiazzò perfino Dario Fo, «sconvolto» da un ripensamento in cui, dirà, «c’è qualcosa del “dare e avere”». «Be’, vabbè, ma è Benigni». Benigni la Costituzione l’ha trasformata in tormentone. Nel 2023 a Sanremo ha reso omaggio ai padri costituenti, uno dei quali era Bernardo Mattarella, padre del nostro presidente della Repubblica presente all’Ariston.Benigni si è sdilinquito: «Lei e la Costituzione avete avuto lo stesso padre, quindi possiamo dire che è sua sorella». E vai con l’applauso, che ormai scatta non tanto per stracco conformismo, quanto per inerzia ideologica, per supina logica di appartenenza. Davanti a un toscanaccio assurto al ruolo di «poeta laureato». Ma che una volta era capace di spiazzarti. Certo: in un profluvio di scurrilità «genitali». Ma che goduria il Cioni Mario. L’Inno del corpo sciolto. L’inseguimento di Raffaella Carrà in un’orgia di «vulve station wagon» e «sventrapapaere». Lo strizzamento degli zebedei di Pippo Baudo. Anche lì: un pioniere che ha fatto scuola. Tanto che, in un processo in Sicilia, gli avvocati dell’imputato hanno mostrato la foto dell’assalto di Benigni al conduttore. Per dimostrare che «salutare toccando i genitali è pratica sdoganata», come no. Titolo di Ragusanews.com del 14 febbraio 2024: «Processo al prete pedofilo, la difesa si appella a Benigni».«Be’, vabbè, ma è Benigni». Cui tutto si perdona, anche ciò per cui altri sarebbero impiccati al pennone più alto dell’(ipocrita) esecrazione.2011. Per consentire al Nostro di sbarcare a Bruxelles, al fine di declamare Dante al Parlamento europeo, Stefania Giannini, rettore dell’università per stranieri di Perugia (poi ministro dell’Istruzione nel governo Renzi) affittò un jet privato per 16.400 euro. Motivo: l’artista, con scorta di quattro persone, aveva la gamba ingessata. «Be’, vabbè, ma è Benigni».2016. Viene sorpreso mentre, alla guida della sua auto, invade la corsia opposta per sorpassare le auto incolonnate in zona Parioli a Roma, con conseguente ritiro della patente, e inevitabile consegna del Tapiro di Striscia la notizia.Baci e abbracci, e tutto è finito in gloria (avessero beccato Pino Insegno, gli indignados lo avrebbero inseguito con le roncole, e Repubblica per giorni con titoli in prima pagina).«Be’, vabbè, ma è Benigni».2001. A due giorni dalle politiche, in chiusura di campagna elettorale, Benigni tenne - ospite (complice) di Enzo Biagi nel suo programma Il fatto, in onda dopo il Tg1 - un «comizio anti Cav» (così Repubblica). Quando l’anno dopo la Rai lo vorrà superospite a Sanremo, Ferrara annuncerà un boicottaggio contro di lui dentro l’Ariston a «colpi di uova e fiori freschi». Benigni sceglierà di non complicarsi la vita, preferendo parlare d’amore, con un afflato ecumenico. Le uova Ferrara si limitò a scagliarle contro la tv nella sua casa di Capalbio, ripreso da una troupe del Tg5, mentre urlava sghignazzante: «Ipocrita! Non parli di politica eh? Parla di Berlusconi se hai il coraggio». Timore, quello di Benigni? O calcolo? Come qualcuno perfidamente annotò mesi dopo, quando le 900 copie del suo Pinocchio, film italiano tra i più costosi della storia, 45 milioni di euro, furono distribuite dalla Medusa dell’inviso Berlusca. «Be’, vabbè, ma è Benigni».L’imperituro salvacondotto morale se l’è conquistato in due tappe.Nel 1983, prendendo in braccio Enrico Berlinguer. Un gesto imitato poi da altri ma reiterato dallo stesso Piccolo Diavolo, che per nemesi è finito preso in braccio da Clemente Mastella, il che è tutto dire. Nel 1999, con le statuette hollywoodiane per La vita è bella.Che Benigni - ha scritto Paolo Mereghetti nel suo Dizionario dei film - «diresse dopo che Radu Mihaileanu, regista di Train de vie (una satirica commedia degli equivoci sullo stesso tema), gli aveva fatto leggere la sceneggiatura, con inevitabili strascichi polemici», già.Edmondo Berselli, nel suo Post-italiani del 2003, recensì con affetto l’opera pluripremiata: «Poche le voci a sinistra che si levino a dire: ma signori, questo film è una stronzata. Se siamo ridotti a dover sostenere per ragioni di opportunità e di schieramento una boiatina simile, il nostro futuro è segnato». Basta? No: «Se poi per motivi indicibili, per incallimento del giudizio, arrivassimo a pensare che sia un capolavoro, una lezione di poesia e umanità, è inutile che ce lo nascondiamo: “Robberto” ha vinto. Ma siamo spacciati noi». In Sinistrati, 2008, fu altrettanto amorevole: «Per riconoscere un imbecille bisogna stare attenti ai suoi tic lessicali e alle frasi fatte». Tipo? «Se ripete che Benigni ha avvicinato il pubblico alla Divina commedia», ecco.Ammoniva Alberto Arbasino: «In Italia c’è un momento stregato in cui si passa dalla categoria di “giovane promessa” a quella di “solito stronzo”. Solo a pochi fortunati l’età concede poi di accedere alla dignità di “venerato maestro”».Di certo c’è che Benigni giovane promessa non è più, ha 72 anni. Decida quindi il lettore in quale fase della sua evoluzione artistica si trovi.
Ecco #DimmiLaVerità del 9 settembre 2025. Il deputato di Azione Fabrizio Benzinai commenta l'attacco di Israele a Doha, la vicenda di Flotilla e chiede sanzioni nei confronti dei ministri di Israele.
Nel riquadro il professor Andrea Fiorillo, presidente dell’Ente Europeo di Psichiatria e testimonial scientifico della giornata palermitana (iStock)
Il 10 ottobre Palermo celebra la Giornata Mondiale della Salute Mentale con eventi artistici, scientifici e culturali per denunciare abbandono e stigma e promuovere inclusione e cura, su iniziativa della Fondazione Tommaso Dragotto.
Il 10 ottobre, Palermo non sfila: agisce. In occasione della Giornata Mondiale della Salute Mentale, la città lancerà per il secondo anno consecutivo un messaggio inequivocabile: basta con l’abbandono, basta con i tagli, basta con lo stigma. Agire, tutti insieme, con la forza dei fatti e non l’ipocrisia delle parole. Sul palco dell’evento – reale e simbolico – si alterneranno concerti di musica classica, teatro militante, spettacoli di attori provenienti dal mondo della salute mentale, insieme con tavoli scientifici di livello internazionale e momenti di riflessione pubblica.
Di nuovo «capitale della salute mentale» in un Paese che troppo spesso lascia soli i più fragili, a Palermo si costruirà un racconto, fatto di inclusione reale, solidarietà vera, e cultura della comunità come cura. Organizzato dalla Fondazione Tommaso Dragotto e realizzato da Big Mama Production, non sarà solo un evento, ma una denuncia trasformata in proposta concreta. E forse, anche una lezione per tutta l’Italia che alla voce sceglie il silenzio, tra parole come quelle del professor Andrea Fiorillo, presidente dell’Ente Europeo di Psichiatria e testimonial scientifico della giornata palermitana che ha detto: «I trattamenti farmacologici e psicoterapici che abbiamo oggi a disposizione sono tra i più efficaci tra quelli disponibili in tutta la medicina. È vero che in molti casi si parla di trattamenti sintomatici e non curativi, ma molto spesso l’eliminazione del sintomo è di per sé stesso curativo. È bene - continua Fiorillo - diffondere il messaggio che oggi si può guarire dai disturbi mentali, anche dai più gravi, ma solo con un approccio globale che miri alla persona e non alla malattia».
Continua a leggereRiduci