2019-06-04
Il polo delle costruzioni di Cdp vale 500.000 posti
Pronto il conglomerato di Fabrizio Palermo con Salini e altri privati: rilancerebbe il lavoro senza alcun rischio per i risparmi dei pensionati.«Il comparto delle costruzioni è importante per l'intero sistema Paese. Cdp quindi ha la responsabilità di valutare un'operazione che punti al consolidamento del settore, che abbia una governance trasparente e condivisa e anche aperta ad altri partner industriali e finanziari in un'operazione di sistema e di mercato». Così l'amministratore delegato della Cassa depositi e prestiti, Fabrizio Palermo, mette un punto fermo nel progetto che porterebbe alla creazione di un polo nazionale delle costruzioni a cui lavora Salini Impregilo a partire dal salvataggio di Astaldi. D'altronde è arrivato il momento di fare chiarezza e partire una volta per tutte. Risolvere le ripicche di piccolo cabotaggio e andare oltre e ai puntelli della governance. Il settore è in crisi da tempo e l'intervento di Cdp in questo caso è come direbbero a Londra win-win. La Cassa fornirebbe la leva finanziaria per la ripartenza e colmerebbe le lacune dello Stato. Molte delle aziende andate a gambe all'aria avevano crediti pubblici rilevanti. Basti pensare a Condotte che da tempo aspettava qualcosa come due miliardi di incassi dallo Stato. Cdp potrebbe avviare un percorso di rilancio della situazione occupazionale e al tempo stesso non metterebbe a rischio i risparmi dei pensionati. A differenza di quanto Luigi Di Maio ha più volte chiesto per il dossier Alitalia, il polo delle infrastrutture non ha rischi. Oltre l'80% dei fondi destinati ai cantieri congelati dalla crisi è già stato stanziato. Si tratta quindi di una semplice cartolarizzazione di cui Cdp è motore immobile e a cui i privati aggiungono know how. Ecco perché l'operazione andrebbe fatta al più presto e senza indugi. Questo dovrebbero capirlo anche gli azionisti privati. Invece, il progetto nei mesi scorsi ha avuto più di una impasse proprio sul tema della governance. Le indiscrezioni più recenti parlano di un sostanziale accordo secondo cui Pietro Salini resterebbe ad mentre la Cdp esprimerebbe il presidente. Il nuovo socio forte punta a una nuova governance con deleghe per un sistema più condiviso, in linea con le migliori pratiche del mercato. «La volontà di tutti i soggetti coinvolti è quella di fare un'operazione di mercato», ha detto il dg di Salini Massimo Ferrari . «Anche la governance dovrà essere di mercato, perché altrimenti sarebbe bocciata dagli investitori. C'è grande disponibilità di tutti a ragionare per raggiungere il migliore assetto». Sugli aspetti fondamentali la trattativa tra le varie parti coinvolte (oltre Cdp, anche le banche più esposte sul settore) è «in fase avanzata» ha aggiunto Ferrari, mentre i passaggi formali nei cda sono previsti tra un mese. La nuova entità che nascerà dall'aggregazione attorno a Salini di Astaldi e società in crisi come Trevi (di cui Cdp è già azionista) potrebbe attrarre anche operatori non in difficoltà (circolano i nomi di Vianini e Pizzarotti) per raggiungere quella dimensione che manca alle società italiane per competere sul fronte internazionale. La nuova creatura cambierebbe anche nome, ha annunciato Pietro Salini: «stiamo lavorando con i creativi per rappresentare l'idea di un gruppo internazionale con ambizioni globali». Il business plan del polo, per Ferrari, prevederebbe circa 70 miliardi di valore dei contratti al 2021, un fatturato tra i 12 e i 14 miliardi, un Ebit tra 500-700 milioni, con dividendi già dal 2020. L'obiettivo è tenere aperti i cantieri con un impatto su 500.000 posti di lavoro e un contributo al Pil annuo italiano dello 0,2-0,3%. Per Salini, secondo Ferrari, si prospetta un rafforzamento da circa 600 milioni, la metà a carico di Cdp, con un contributo delle banche e un 25% riservato al mercato. Al termine, ha aggiunto, «Salini-Impregilo resterà azionista di controllo» ed è proprio su questa affermazione che resta da fare tutto il lavoro di valutazione politica. Nel frattempo Astaldi ha formalizzato la nomina di Paolo Amato come chief restructuring officer per supportare il gruppo nella ristrutturazione aziendale. Le prossime settimane sono decisive. Chissà se il premier Giuseppe Conte troverà il tempo per riunione tutti gli attori attorno un tavolo e dare la sveglia. Sarebbe il caso, ne va di 500.000 posti di lavoro.
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