2020-06-27
Il pianto della coop dei migranti. «Con Salvini ci salta il business»
Nelle intercettazioni il presidente della struttura coinvolta si lamenta con l'assessore in quota Pd al Comune orobico: «Questo ci toglie tutto». Nelle carte le precedenti pressioni del sindaco Giorgio Gori per salvare il sistema Mondragone, il consigliere di sinistra: «C'è ignoranza totale, sono zingari». Scorrendo le carte dell'inchiesta bergamasca sul sistema di gestione dell'immigrazione, ancora una volta si capisce come - all'origine di tante storture e di tanto malaffare - ci sia sempre lo stesso approccio ideologizzato alla questione migratoria: la fatale commistione fra la politica e le varie organizzazioni che si occupano di ospitare gli stranieri. A questo proposito è molto interessante leggere alcune conversazioni intercettate dagli inquirenti bergamaschi. La prima è quella tra Maria Carolina Marchesi, assessore alle Politiche sociali della giunta Gori in quota Pd e Bruno Goisis, presidente della cooperativa Ruah, attualmente indagato. Secondo gli investigatori, il dialogo tra i due «dimostra in modo evidente la complementarietà tra la “politica" in senso stretto e le strutture private ad essa collegate» È il primo agosto del 2018. La Marchesi chiama Goisis per discutere un problema stringente. Un altro indagato, Francesco Bezzi dell'associazione Diakonia legata alla Caritas bergamasca, si è rivolto all'assessore per chiedere più soldi. Bezzi vorrebbe che fosse aumentata la retta giornaliera corrisposta dalle istituzioni per i minori stranieri ospitati nella struttura «Casa anche me», utilizzata per i progetti Sprar. Nello specifico, la richiesta è che la cifra versata salga da 57 a 75 euro al giorno. La Marchesi spiega a Goisis che il Comune di Bergamo non è in grado di sostenere costi simili: «Non riusciamo ad arrivare a 75 nella maniera più assoluta, io i soldi non li ho non me li danno neanche, già faccio fatica a tenere quelli che eh... vabbé che dobbiamo, ma io non ce la faccio eh... io a questo punto veramente sarei costretta a dire mi dispiace e li porterò da un altra parte dove mi costano 67 euro 66 euro». Fin qui sembra tutto normale: la coop vuole più denaro, il Comune si tira indietro. Dal seguito della conversazione, però, sembra di capire che - se fosse per l'assessore - i soldi arriverebbero eccome. I problemi riguardano piuttosto il momento politico. Nell'agosto 2018, infatti, al ministero dell'Interno c'è Matteo Salvini. «Io non ce la faccio per 4 ragazzi 75 euro al giorno eh..., non ce la faccio assolutamente, quindi sto facendo anche quella roba lì. Hai visto che lo Sprar minori non arriverà mai più», spiega la Marchesi, facendo capire che i denari per la gestione dei migranti verranno tagliati dal nuovo governo. A queste condizioni, non si può stipulare una nuova convenzione che consenta di aumentare la retta giornaliera per i migranti. Le associazioni, aggiunge la Marchesi, avrebbero dovuto muoversi prima: «Ma gliel'avevo detto, gliel'avevo detto, guarda gli avevo detto uno facciamola entro marzo perché così ci portiamo avanti. […] Hanno voluto aspettare giugno e questo è il risultato. Se l'avessimo fatto a marzo, probabilmente lo portavamo a casa». Adesso però è troppo tardi, perché al potere ci sono i temibili sovranisti. Goisis concorda: «Ci taglia tutto questo», dice, riferendosi a Salvini. L'assessore Marchesi spiega che loro, come Pd, le hanno provate tutte. Dice che Elena Carnevali, deputato dem, ha fatto un'interpellanza in proposito, ma non è stata ascoltata. Goisis: «Non è servito a nulla». Marchesi: «Ma no anzi peggiora la situazione perché́ guarda che noi avevamo anche contattato il Belotti (Daniele Belotti, deputato della Lega, ndr)». Goisis: «Eh... e lui?». Marchesi: «Siccome Gaspare (Passanante, dirigente del Comune di Bergamo, ndr) gioca a pallone con lui…». Goisis: «Sì». Marchesi: «Eh, gli aveva mandato un messaggino dicendo “oh non è che ci lasciate nelle pezze come Comune che ci servono quei soldi lì", quindi in maniera molto informale». Goisis: «E lui?». Marchesi: «Gli ha risposto, no, no gli ha risposto e gli ha detto che eh... “se Gori non avesse fatto le cazzate che ha fatto prendendosi i profughi, adesso il Comune non avrebbe bisogno di soldi"». Goisis: «Ma non è proprio così». Marchesi: «E comunque i soldi non ci sono, si, si, si, si giuro». Goisis: «Che stronzo!». Marchesi: «Chiedi a Gaspare, e chiedi a Gaspare uhm chiedi a Gaspare che tra l'altro ha cancellato il messaggio perché ha detto “mica che qualcuno mi venga a dire qualcosa poi"». Goisis: «Ah (ride)». Marchesi: «Sì,sì«. Goisis: «Che stronzi». Chiaro: se fosse per il Pd, i soldi per aumentare le rette si troverebbero, ma con «gli stronzi» al governo, i rubinetti sono chiusi. Nell'estate del 2018 la questione del cambio di esecutivo è oggetto di parecchie conversazioni tra i protagonisti dell'inchiesta bergamasca. Qualcuno ci scherza pure su. Ad esempio don Alessandro Sesana, presidente della coop Nuova cascina dell'Agro, dice a Bruno Goisis (riferendosi ai migranti): «E non hai più il lavoro adesso... Salvini te li porta via tutti, quindi?». È una battuta, ma indicativa del clima. Il succo delle discussioni fra i professionisti dell'accoglienza è più o meno sempre lo stesso: il vento è cambiato, e i nuovi arrivati vogliono vederci chiaro. Chiedono documenti, rendicontazioni, fatture. I funzionari delle Prefetture si adeguano, diventano più scrupolosi, e i responsabili delle varie coop e associazioni si irritano. Il 6 luglio del 2018, ad esempio, Bruno Goisis di Ruah parla con Luca Bassis della Caritas. Quest'ultimo è arrabbiato, perché gli viene richiesto di presentare documenti che evidentemente gli uffici pubblici non hanno mai preteso prima. E, ovviamente, quelle carte non ci sono. Bassis prima se la prende in modo volgare con una donna della Prefettura di Bergamo: «Questa qua è una... posso dire una zoccola perché la conosco di persona, che fa tanto la figa con me, perché era in classe con me alle superiori e ti dico zoccola a ragion veduta perché l'ha data a tutti tranne che a me ovviamente negli anni ti posso dire nomi e cognomi e le posizioni assunte durante l'accoppiamento (ride) perché ovviamente poi tra ragazzi si parlava», dice Bassis. Goisis suggerisce di risolvere i problemi con la prefettura a modo suo: «Andiamo a trovarli e gli diciamo non rompere i coglioni». Ma, nonostante l'atteggiamento battagliero, i guai per i documenti mancanti restano. Sempre il 6 luglio 2018, spiegano gli investigatori, Luca Bassis chiama «don Roberto Trussardi, vicedirettore della Caritas, affinché si facesse carico delle problematiche emerse con la prefettura di Bergamo […]. Di fatto quest'ultimo restava neutrale criticando anzi le scelte del suo superiore (don Claudio Visconti, ndr) che spesso si è dimostrato uso a chiedere interventi alla “politica" nella persona del sindaco di Bergamo Giorgio Gori affinché l'ente pubblico si allineasse alle sue volontà e procedesse ai pagamenti». Bassis è furente, spiega che - mancando i documenti - la Prefettura non vuole versare i soldi per l'accoglienza. «O si dà una risposta istituzionale», sbuffa, «che si dice “signori non rompeteci i coglioni ci pagate o no?". Oppure intervengono, non io, non te magari neanche, ma a livelli istituzionali superiori e ti dicono “allora cosa facciamo ci prendiamo per il culo o adesso voi smettete di pagare solo perché avete paura di Salvini?". E allora a questo punto ditemelo che chiudiamo le strutture stasera... che così quello che è stato fatto, è stato fatto e via». Anche don Roberto sembra irritato con i funzionari della prefettura, li accusa di essere degli «emeriti fannulloni» e sostiene che hanno paura del nuovo ministro dell'Interno: «Forse dicono che questo qua è in riga, il sig. Salvini». Il problema è esattamente questo: nessuno, per lungo tempo, ha mai «messo in riga» il sistema dell'accoglienza. Ed ecco perché, ciclicamente, ci imbattiamo in inchieste come quella di Bergamo.
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