Giallo sul raid contro la villa di Putin. Mosca schiera i missili in Bielorussia

Il processo diplomatico ucraino prosegue nei suoi percorsi tortuosi. Ieri, il ministro degli Esteri di Kiev, Andrii Sybiha, ha respinto l’accusa russa, secondo cui l’Ucraina avrebbe effettuato un attacco contro la residenza di Vladimir Putin. «Non è mai avvenuto alcun attacco del genere», ha dichiarato Sybiha, per poi aggiungere: «La Russia ha una lunga storia di false affermazioni: è la loro tattica distintiva». Del resto, l’altro ieri, Volodymyr Zelensky aveva bollato le accuse del Cremlino come «una completa invenzione volta a giustificare ulteriori attacchi contro l’Ucraina».
Di parere opposto continua invece a mostrarsi Mosca. Ieri, il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, ha accusato Kiev di aver condotto un «attacco terroristico», volto a «ostacolare gli sforzi del presidente Trump per facilitare una risoluzione pacifica del conflitto ucraino». «Vediamo che lo stesso Zelensky sta cercando di negarlo, e molti media occidentali, facendo il gioco del regime di Kiev, stanno iniziando a diffondere la narrazione che ciò non è accaduto. Si tratta di affermazioni assurde», ha proseguito Peskov, specificando inoltre che «la Russia continuerà il processo di negoziazione e il dialogo principalmente con gli americani». «Non credo che dovrebbero esserci prove se viene condotto un attacco di droni di tale portata, che è stato fermato grazie al lavoro ben coordinato del sistema di difesa aerea», ha continuato il portavoce del Cremlino. Nel frattempo, il premier indiano, Narendra Modi, si è detto «profondamente preoccupato» per «le notizie relative all’attacco alla residenza» di Putin, sottolineando che «gli attuali sforzi diplomatici rappresentano la strada più praticabile per porre fine ai combattimenti e raggiungere la pace». Ricordiamo che Mosca e Nuova Delhi hanno ulteriormente rafforzato i loro rapporti, come testimoniato dal recente viaggio dello zar in India.
In questo quadro, le relazioni tra Stati Uniti e Russia appaiono articolate. Da una parte, i due Paesi mostrano un avvicinamento reciproco. «L’amministrazione statunitense sta conducendo un lavoro di intermediazione attivo e mirato», ha dichiarato il ministro degli Esteri russo, Sergej Lavrov, aggiungendo che «l’iniziativa strategica spetta interamente all’esercito russo». Tutto questo, mentre, lunedì, Donald Trump aveva ostentato irritazione per la notizia dell’attacco alla residenza del presidente russo. «Il presidente Putin me ne ha parlato stamattina presto. Ha detto di essere stato attaccato. Non va bene», aveva affermato l’inquilino della Casa Bianca. Dall’altra parte, Mosca ha tuttavia espresso preoccupazione per la linea dura, promossa da Trump nei confronti dell’Iran. Peskov, ieri, ha infatti difeso le strette relazioni tra la Russia e la Repubblica islamica, esortando sia Washington che Teheran a evitare un’escalation. La posizione del portavoce del Cremlino è stata espressa dopo che, lunedì, il presidente americano ha minacciato di «fare a pezzi» il regime khomeinista, qualora quest’ultimo dovesse riprendere il suo programma nucleare e balistico.
In tutto questo, Zelensky ha reso noto lunedì che gli Stati Uniti hanno proposto all’Ucraina garanzie di sicurezza per 15 anni: un’offerta che Kiev considera troppo timida, chiedendo che il termine sia invece fissato a 50 anni. Il presidente ucraino e quello americano restano inoltre distanti sulla questione del destino del Donbass: area da cui il Cremlino vuole che le forze di Kiev si ritirino completamente. Dall’altra parte, ieri Zelensky ha annunciato non solo che i leader della coalizione dei volenterosi si incontreranno in Francia il 6 gennaio ma anche che è in fase di discussione l’eventualità di un impiego di truppe americane per attività di peacekeeping in territorio ucraino. Un punto su cui, almeno fino a ieri sera, la Casa Bianca non ha rilasciato commenti.
Nel frattempo, i leader europei continuano a tentare di acquisire peso nel processo diplomatico. «Stiamo portando avanti il processo di pace», ha affermato Friedrich Merz, dopo aver tenuto nuove consultazioni con i partner europei e canadesi. «Ora servono trasparenza e onestà da parte di tutti, anche della Russia», ha continuato il cancelliere tedesco. «La pace è all’orizzonte, non c’è dubbio che siano accaduti fatti che lasciano sperare che questa guerra possa finire, e anche piuttosto in fretta, ma è pur sempre una speranza, ben lungi dall’essere certa al 100%», ha dichiarato, dal canto suo, il premier polacco, Donald Tusk, per poi specificare: «Quando dico che la pace è all’orizzonte, mi riferisco alle prossime settimane, non ai prossimi mesi o anni. Entro gennaio, dovremo unirci tutti per prendere decisioni sul futuro dell’Ucraina, sul futuro di questa parte del mondo». Secondo il Guardian, Tusk «ha suggerito che Kiev dovrà scendere a compromessi sulle questioni territoriali». Infine, fonti vicine a Emmanuel Macron hanno riferito che non ci sono prove dell’accusa russa di un attacco ucraino contro la residenza di Putin.
In tutto questo, ieri Mosca ha reso noto di aver schierato i propri missili Oreshnik, con capacità nucleare, in territorio bielorusso. Stando al ministero della Difesa russo, questi missili hanno una gittata di circa 5.000 chilometri. Nel frattempo, la Marina militare ucraina ha affermato che due navi civili sono state colpite a seguito di un attacco di Mosca nel Mar Nero.






