
Il ministro dell'Interno, in visita nel Paese nordafricano, cerca l'intesa dopo l'incidente per la frase sui «galeotti» esportati sulle nostre coste. L'obiettivo è poter avere maggiori rimpatri in cambio di aiuti.Dall'inizio dell'anno, secondo il ministero dell'Interno, sono arrivati in Italia 4.487 migranti che, allo sbarco, hanno dichiarato nazionalità tunisina. Sono il 21% del totale (la seconda nazionalità dichiarata sono gli eritrei, che rappresentano il 15%). L'importanza del dossier tunisino, per l'Italia, è tutta racchiusa in questi numeri. E anche in altri che Matteo Salvini, ieri nel suo primo viaggio a Tunisi da ministro, sembrava avere bene impressi in mente. Come quando ha proposto di «promuovere nuovi investimenti italiani e il sostegno alle 800 imprese nazionali che operano in Tunisia e garantiscono 63 mila posti di lavoro diretti più l'indotto». Le due cose, come è facile immaginare, si tengono. Soldi in cambio di rimpatri veloci e partenze azzerate? Detta così è brutale, ma la formula potrebbe non essere molto lontana dalla verità. Fatto sta che il viaggio del ministro italiano nel Paese nordafricano sembra essersi svolto all'insegna dell'intesa più totale. L'incidente di giugno, quando Salvini aveva fatto notare (peraltro a ragione) che Tunisi «spesso e volentieri esporta galeotti», sembra definitivamente archiviato, per il maggior rosicamento dei media di sinistra, che sembrano scoprire ora che la politica internazionale non si basa su bronci e rancori personali, ma sulle ferree regole della realpolitik. E infatti i tunisini, che come tutti gli arabi hanno la cultura del mercanteggiare nel sangue, hanno steso tappeti rossi al ministro italiano. Ad accogliere Salvini c'era l'ambasciatore italiano, Lorenzo Fanara, e il direttore generale della Cooperazione internazionale del ministero tunisino dell'Interno, Ezzedine El Amri. Le dichiarazioni alla stampa sono piene di parole al miele: «Siamo qui per migliorare accordi già esistenti e ottenere passi avanti», ha detto il leader leghista. Le relazioni bilaterali Italia-Tunisia, ha aggiunto, «sono ottime. Tunisi è un modello di democrazia per tutta l'Africa e intendiamo sostenerla con determinazione anche in difesa dalle minacce terroristiche». Ma, attenzione: i tunisini, ha detto ancora Salvini, «stanno facendo sforzi notevoli, non sempre sostenuti da grandi risultati». Insomma, c'è ancora da lavorare. Ed ecco poi spiegato il legame tra investimenti e blocco dell'immigrazione: « Ringrazio chi fa impresa», ha spiegato il vicepremier italiano, «perché è l'unico modo per garantire migrazione fuori controllo, io posso portare motovedette, convincere la Ue, ma l'unico modo è fare impresa e convincere i ragazzi tunisini a stare qua. Questo vale anche in Egitto, purtroppo c'è la crisi libica e l'interesse nostro e tunisino è lo stesso, mentre c'è chi preferisce fughe in avanti e instabilità per motivi commerciali». Contrastare l'immigrazione clandestina, insomma, «costituisce una priorità condivisa dai due Paesi per combattere i gruppi criminali che si arricchiscono con i flussi illegali ed evitare tragedie in mare».Ma l'ordine delle priorità è preciso e, pur fra i sorrisi, costituisce un messaggio chiaro ai partner nordafricani: «Una volta bloccata l'immigrazione irregolare», ha detto Salvini parlando in conferenza stampa, «potremo dedicarci solo alle relazioni economiche tra i due Paesi». Prima i fatti concreti sull'immigrazione, poi gli investimenti, insomma. «Salvare ogni vita umana è diritto e dovere, bloccare i trafficanti è altrettanto un diritto e dovere di ogni governo», ha poi detto Salvini rispondendo a una domanda sulla tragedia delle morti in mare. «Quando penso ai canali regolari penso ai ragazzi tunisini che vogliono un futuro migliore».Poi l'annuncio in diretta Facebook: «Entro ottobre consegneremo due motovedette sistemate dal governo italiano e altre quattro nei prossimi tempi». Non è mancato un inedito asse che potremmo chiamare «sovranista»: «So che voi, come noi, avete dei problemi con gli organismi economici internazionali. Vedremo di affrontare queste battaglie insieme», ha detto Salvini al suo omologo Hichem Fourati. Il quale ha replicato: «Ecco perché dobbiamo ragionare insieme e riflettere su soluzioni comuni, in particolare il tema dell'immigrazione. Non possiamo contrastare questo fenomeno solo parlando di sicurezza e in questa riunione presso il ministro dell'Interno parleremo anche di come le autorità italiane possono aiutare e sostenere la Tunisia anche con materiale, con attrezzatura per contrastare questo fenomeno». In che modo tale collaborazione potrà essere fattiva fino in fondo, tuttavia, è cosa che ancora va precisata. Parlando nel dettaglio delle espulsioni dei clandestini tunisini sbarcati in Italia, Fourati ha detto di volersi assumere le responsabilità del proprio Paese, ma ha anche mostrato una certa cautela: I rimpatri dei cittadini irregolari tunisini dall'Italia avverranno «solo con viaggi organizzati e settimanali» e non con «rimpatri istantanei», ha spiegato il ministro tunisino. «Attualmente vengono fatti viaggi per 40 persone settimanali, dopo che è stato accertato che quelle persone siano tunisine», ha aggiunto Fourati, che esclude al momento «i rimpatri istantanei». L'esponente dall'esecutivo ha comunque ha assicurato che «la Tunisia non ha problemi a riprendersi i suoi cittadini».
Un frame del video dell'aggressione a Costanza Tosi (nel riquadro) nella macelleria islamica di Roubaix
Giornalista di «Fuori dal coro», sequestrata in Francia nel ghetto musulmano di Roubaix.
Sequestrata in una macelleria da un gruppo di musulmani. Minacciata, irrisa, costretta a chiedere scusa senza una colpa. È durato più di un’ora l’incubo di Costanza Tosi, giornalista e inviata per la trasmissione Fuori dal coro, a Roubaix, in Francia, una città dove il credo islamico ha ormai sostituito la cultura occidentale.
Scontri fra pro-Pal e Polizia a Torino. Nel riquadro, Walter Mazzetti (Ansa)
La tenuità del reato vale anche se la vittima è un uomo in divisa. La Corte sconfessa il principio della sua ex presidente Cartabia.
Ennesima umiliazione per le forze dell’ordine. Sarà contenta l’eurodeputata Ilaria Salis, la quale non perde mai occasione per difendere i violenti e condannare gli agenti. La mano dello Stato contro chi aggredisce poliziotti o carabinieri non è mai stata pesante, ma da oggi potrebbe diventare una piuma. A dare il colpo di grazia ai servitori dello Stato che ogni giorno vengono aggrediti da delinquenti o facinorosi è una sentenza fresca di stampa, destinata a far discutere.
Mohamed Shahin (Ansa). Nel riquadro, il vescovo di Pinerolo Derio Olivero (Imagoeconomica)
Per il Viminale, Mohamed Shahin è una persona radicalizzata che rappresenta una minaccia per lo Stato. Sulle stragi di Hamas disse: «Non è violenza». Monsignor Olivero lo difende: «Ha solo espresso un’opinione».
Per il Viminale è un pericoloso estremista. Per la sinistra e la Chiesa un simbolo da difendere. Dalla Cgil al Pd, da Avs al Movimento 5 stelle, dal vescovo di Pinerolo ai rappresentanti della Chiesa valdese, un’alleanza trasversale e influente è scesa in campo a sostegno di un imam che è in attesa di essere espulso per «ragioni di sicurezza dello Stato e prevenzione del terrorismo». Un personaggio a cui, già l’8 novembre 2023, le autorità negarono la cittadinanza italiana per «ragioni di sicurezza dello Stato». Addirittura un nutrito gruppo di antagonisti, anche in suo nome, ha dato l’assalto alla redazione della Stampa. Una saldatura tra mondi diversi che non promette niente di buono.
Nei riquadri, Letizia Martina prima e dopo il vaccino (IStock)
Letizia Martini, oggi ventiduenne, ha già sintomi in seguito alla prima dose, ma per fiducia nel sistema li sottovaluta. Con la seconda, la situazione precipita: a causa di una malattia neurologica certificata ora non cammina più.
«Io avevo 18 anni e stavo bene. Vivevo una vita normale. Mi allenavo. Ero in forma. Mi sono vaccinata ad agosto del 2021 e dieci giorni dopo la seconda dose ho iniziato a stare malissimo e da quel momento in poi sono peggiorata sempre di più. Adesso praticamente non riesco a fare più niente, riesco a stare in piedi a malapena qualche minuto e a fare qualche passo in casa, ma poi ho bisogno della sedia a rotelle, perché se mi sforzo mi vengono dolori lancinanti. Non riesco neppure ad asciugarmi i capelli perché le braccia non mi reggono…». Letizia Martini, di Rimini, oggi ha 22 anni e la vita rovinata a causa degli effetti collaterali neurologici del vaccino Pfizer. Già subito dopo la prima dose aveva avvertito i primi sintomi della malattia, che poi si è manifestata con violenza dopo la seconda puntura, tant’è che adesso Letizia è stata riconosciuta invalida all’80%.






