Oggi l'Opec voterà il taglio della produzione. Scelta che potrebbe portare all'addio dell'Iraq dopo quello del Qatar. Azioni e obbligazioni dipendono troppo dall'andamento delle singole compagnie. Più sicuri i fondi.Questo non è un momento facile per il settore petrolifero. Il prezzo dell'oro nero è crollato (il Brent un anno fa era a 85,92 dollari, oggi è intorno ai 62) e il Qatar ha reso noto che uscirà dall'Opec. Ad agitare i mercati, ci sono anche le parole di Michael Cohen, analista di Barclays, che ha detto alla Cnbc che l'Iraq potrebbe accodarsi. «Se i tagli dovessero essere troppo duri», ha detto, «Il Paese (che per il 90% dipende dall'oro nero, ndr) potrebbe pensare che lasciare l'Opec sia il suo miglior interesse». A fronte di tutte queste novità, molti esperti ritengono che nella riunione dell'Opec in programma a Vienna oggi e domani verrà decretata, nonostante le pressioni contrarie di Donald Trump, una riduzione della produzione con conseguente rialzo dei prezzi. A questo punto la domanda per gli investitori è chiara: qual è il migliore strumento peravere vantaggi in questo scenario? In primis ci sono le azioni di società petrolifere. «Sicuramente», spiega Alfonso Maglio, capo del dipartimento di ricerca di Marzotto investment house, «queste aziende sono interessate dal prezzo del petrolio: in linea di massima, più sale più guadagnano. Non bisogna trascurare però che un'azienda è impattata anche da dinamiche diverse (dividendi, indebitamento, dichiarazioni della dirigenza) che possono amplificare oppure attenuare le dinamiche settoriali, vanificando gli effetti positivi di un eventuale rialzo del petrolio». Tra questi titoli, ad esempio, Total ha reso il 13,76% in tre anni. Le azioni Saipem, da sempre considerate una roccaforte, in una anno sono cresciute del 12,5% (anche se in tre anni hanno visto un calo). Ci sono poi gli Etf e i fondi sul petrolio: «Essendo costituiti da molti titoli beneficiano sicuramente dell'effetto di diversificazione e di costi di gestione molto bassi. La prima caratteristica consente di minimizzare gli eventuali fattori di disturbo di ogni singola società», spiega Maglio. In questo caso, ad esempio, come spiega Salvatore Gaziano, direttore investimenti di Soldiexpert scf, lo Spdr msci Europe energy ucits etf è cresciuto del 30,6% in 36 mesi. Il Lyxor stoxx Europe 600 oil & gas ucits etf in tre anni ha offerto il 24,66%. Oppure c'è l'Xtrackers brent crude oil opt. yield eur hdg, che in 36 mesi è salito del 7,72%. Tra i fondi comuni sul petrolio ci sono ad esempio il fondo Raiffeisen azionario energia r (circa il 4% in tre anni) oppure il Bnp paribas energie Europe clas cap eur che nello stesso arco temporale ha sfiorato il 20%. Le obbligazioni emesse da società petrolifere meritano, invece, un discorso un po' a parte. «Le obbligazioni, a prescindere dal settore delle aziende dalle quali sono emesse, sono molto influenzate dalla posizione finanziaria e dall'ammontare totale di debito dell'emittente. Le società petrolifere e di materie prime hanno un'importante struttura di debito, e quindi indirettamente l'appartenere al settore petrolifero ne caratterizza fortemente le dinamiche di prezzo e di rendimento», dice Maglio. In sintesi, anche se azioni e obbligazioni costituiscono uno strumento che consente un'azione più «chirurgica», è anche vero che richiedono un'elevata conoscenza dei mercati. «Pertanto», conclude Maglio, «con tutte le limitazioni dello strumento riteniamo che per un investitore retail fai da te, privo di una specifica competenza, l'Etf costituisca il mezzo migliore per beneficiare di un eventuale rialzo del prezzo del petrolio».
Sigfrido Ranucci (Imagoeconomica)
- La trasmissione lancia nuove accuse: «Agostino Ghiglia avvisò Giorgia Meloni della bocciatura del dl Riaperture». Ma l’attuale premier non ebbe alcun vantaggio. Giovanni Donzelli: «Il cronista spiava l’allora leader dell’opposizione?». La replica: «Sms diffusi dal capo dell’autorità».
- Federica Corsini: «Contro di me il programma ha compiuto un atto di violenza che non riconosce. Per difendersi usa la Rai».
Lo speciale contiene due articoli
La Philarmonie (Getty). Nel riquadro, l'assalto dei pro Pal
A Parigi i pro Pal interrompono con i fumogeni il concerto alla Philarmonie e creano il caos. Boicottato un cantante pop per lo stesso motivo. E l’estrema sinistra applaude.
In Francia l’avanzata dell’antisemitismo non si ferma. Giovedì sera un concerto di musica classica è stato interrotto da militanti pro Pal e, quasi nello stesso momento, un altro concerto, quello di un celebre cantante di origine ebraica, è stato minacciato di boicottaggio. In entrambi i casi, il partito di estrema sinistra La France Insoumise (Lfi) ha svolto un ruolo non indifferente.
Guido Crosetto (Cristian Castelnuovo)
Il ministro della Difesa interviene all’evento organizzato dalla «Verità» dedicato al tema della sicurezza con i vertici del comparto. Roberto Cingolani (Leonardo) e Nunzia Ciardi (Acn): bisogna prevenire le minacce con l’Ia.
Mai, come nel periodo storico nel quale stiamo vivendo, il mondo è stato più insicuro. Attualmente ci sono 61 conflitti armati attivi, il numero più alto dalla Seconda guerra mondiale, che coinvolgono oltre 92 Paesi. Ieri, a Roma, La Verità ha organizzato un evento dal titolo «Sicurezza, Difesa, Infrastrutture intelligenti», che ha analizzato punto per punto i temi caldi della questione con esponenti di spicco quali il ministro della Difesa Guido Crosetto intervistato dal direttore della Verità, Maurizio Belpietro.
Donald trump e Viktor Orbán (Ansa)
Il premier ungherese è stato ricevuto a pranzo dall’inquilino della Casa Bianca. In agenda anche petrolio russo e guerra in Ucraina. Mosca contro l’Ue sui visti.
Ieri Viktor Orbán è stato ricevuto alla Casa Bianca da Donald Trump, che ha definito il premier ungherese «un grande leader». Di più: tessendo le sue lodi, il tycoon ci ha tenuto a sottolineare che «sull’immigrazione l’Europa ha fatto errori enormi, mentre Orbán non li ha fatti». Durante la visita, in particolare, è stato firmato un nuovo accordo di cooperazione nucleare tra Stati Uniti e Ungheria, destinato a rafforzare i legami energetici e tecnologici fra i due Paesi. In proposito, il ministro degli Esteri magiaro, Péter Szijjártó, ha sottolineato che la partnership con Washington non preclude il diritto di Budapest a mantenere rapporti con Mosca sul piano energetico. «Considerata la nostra realtà geografica, mantenere la possibilità di acquistare energia dalla Russia senza sanzioni o restrizioni legali è essenziale per la sicurezza energetica dell’Ungheria», ha dichiarato il ministro.






