2019-11-23
Il pentolino di latta che ci salva dalla fame
Il problema della conservazione del cibo nasce fin dall'antichità per esigenze militari o di lunghe navigazioni. A metà Ottocento si iniziò a produrre alimenti in scatola per l'esercito inglese. In Italia i precursori furono Lancia (poi passato alle auto) e Cirio.Il problema della conservazione del cibo fa parte della storia dell'uomo. Già i fenici, popolo di navigatori, sulle loro navi caricavano carne secca e pesce affumicato o sotto sale. I romani, dentro le anfore, conservavano molte derrate sottolio. Gabrio Apicio trattava svariati prodotti sotto aceto. L'affumicatura e la salagione conservano il cibo disidratandolo, cioè privandolo di acqua. L'olio protegge gli alimenti dal contatto con l'aria, mentre l'aceto, con la sua acidità, inattiva possibili microrganismi tossici. Nel corso del tempo varie tecniche si sono affinate, ma sempre su una base empirica. Stimolo alla ricerca furono le esigenze militari o le rotte oceaniche alla scoperta di nuovi mondi. Per i marinai alimentarsi solo di cibi conservati senza l'apporto di vitamine li esponeva al rischio di scorbuto, spesso letale. Gli eserciti, invece, depredavano terre e popolazioni teatro di guerra. Quando Napoleone, agli inizi del 1800, mise in campo truppe molto numerose per le sue campagne di guerra, creò un bando di concorso per chi fosse stato in grado di fornire cibi che, una volta preparati, potessero resistere anche a distanza di tempo. Il suo motto era «un esercito marcia con il suo stomaco». Nicolas Appert, basandosi su studi di Lazzaro Spallanzani, posti gli alimenti in un contenitore di vetro e portati a ebollizione, li sigillava poi ermeticamente, così da eliminare anche i batteri presenti nell'aria. Vinse il premio di 12.000 franchi di Napoleone, ma non registrò il brevetto. Ne fece tesoro Pierre Durand, un britannico di origini francesi. Sostituì i contenitori di vetro con scatole di latta: più leggera, duttile, meno fragile e più economica del vetro. Registrato il brevetto lo vendette subito a due imprenditori inglesi, John Hall e Bryan Donkin che iniziarono a produrre cibo in scatola per l'esercito inglese. I primi studi sulla realizzazione delle celle frigorifero iniziarono nel 1851, grazie a John Gorrie. Con lo sviluppo delle nuove reti di trasporto, sia ferroviarie che di navigazione, lo scambio di merci divenne una nuova opportunità anche per il normale commercio alimentare. Nel frattempo Louis Pasteur aveva ulteriormente perfezionato il protocollo scientifico. La tecnologia si sviluppò in parallelo con varie invenzioni atte alla lavorazione del prodotto, premessa indispensabile per lo sviluppo di un'industria di settore. All'inizio uscivano dalle fabbriche in grosse scatole di metallo per arrivare ai commercianti che poi provvedevano alla distribuzione al dettaglio. Le scatolette come le conosciamo oggi iniziarono a diffondersi nella seconda metà dell'Ottocento. In Italia tra i primi Giuseppe Lancia, padre di Vincenzo che poi fondò l'omonima fabbrica di automobili. Suo il cibo in scatola dell'esercito piemontese nella guerra di Crimea del 1853. Francesco Cirio era un commerciante piemontese che cominciò a produrre piselli in scatola nel 1856. Non ebbe subito grande fortuna. Poi si stabilì in Campania e, a partire dal 1875, cominciò a vendere le scatolette con pelati di pomodoro. Un grande pioniere è stato Pietro Sada, milanese. Rinomato per il suo bollito, decise di proporlo in scatola per la trasvolata del 1881 lungo le Alpi, in mongolfiera, organizzato dai Gondrand, facendo così diventare il suo prodotto ricercato e di moda. Nel 1923 il figlio Gino Alfonso fondò poi la Simmenthal. Durante la grande guerra il cibo in scatola fu fondamentale per l'alimentazione dei soldati in situazioni di emergenza. Ne furono preparate 200 milioni. Tra la seconda metà dell'800 e i primi del '900 queste confezioni si diffusero come normali abitudini di molte famiglie, andando oltre il consumo, anche come oggetti di uso quotidiano.La latta si prestava ad essere modellata in vari modi, decorata secondo il messaggio che le aziende volevano comunicare. Vennero incaricati famosi illustratori dell'epoca, quali Marcello Dudovich, Leonetto Cappiello, Gino Boccasile. Era punto d'onore, per molte aziende, riportare le menzioni di qualità che venivano loro concesse. A esempio quali fornitori della Real Casa dei Savoia. In Italia ci sono due Musei che hanno collezioni di questi oggetti. La Casa delle scatole di latta, a Gerano, in provincia di Roma, e un Museo a Grumarone, nell'aquilano. Un altro importante collezionista è il giornalista Paolo Stefanato. Nel Novecento si sono sviluppate molte altre tecnologie che hanno permesso di conciliare la conservazione del cibo con un consumo sempre più diffuso, svincolato dalla tradizionale produzione stagionale e dalla origine di raccolta. I prodotti surgelati derivano da una intuizione del canadese Clarence Birdseye, il quale applicò al pesce la stessa tecnica che aveva visto usare dagli eschimesi: uscito dall'acqua veniva immediatamente posto entro buche scavate nel ghiaccio. Nel 1928 creò dei primi freezer, precursori dei moderni congelatori, per poi iniziare la sua attività industriale con la commercializzazione di filetti di merluzzo, come spinaci, piselli e molto altro. Con questa catena del freddo si possono avere prodotti diversi lungo tutto l'arco dell'anno, con una ideale conservazione delle varie proprietà di ogni singolo alimento. I primi tentativi per confezionare le bevande all'interno delle lattine si ebbero agli inizi del Novecento, tuttavia vi furono diversi problemi. Si sviluppava anidride carbonica che faceva scoppiare la lattina, come il metallo all'interno del contenitore poteva alterare il gusto. Nel 1935, in America, venne proposta la prima lattina con il tappo avvitato. Le linguette arrivarono nel 1962, con successive modifiche che ne hanno ottimizzato non solo l'uso ma anche la dispersione dopo il consumo, con l'apertura e compressione verso l'interno del 1975. Le attuali lattine in commercio sono un piccolo gioiello sotto vari punti di vista. Sono leggerissime ma anche molto resistenti. Pochi sanno che sono utilissime come riciclo del materiale, con il 69% del prodotto riutilizzato, meglio di plastica e vetro. Con 640 lattine si può fare un cerchione d'auto, 37 per una caffettiera, 3 per un paio di occhiali. C'è un'azienda in Italia che, con 800 lattine, produce addirittura una bicicletta che, ovviamente, si chiama Ricicletta. A metà del Novecento uno svedese, Ruben Rausing, mise a punto un prodotto in cui il rivestimento plastico della carta si rivelò ottimo contenitore per la commercializzazione del latte, superando quindi la fragilità delle tradizionali bottiglie di vetro. Nacque così il Tetrapak che, oramai, oltre al latte, fa da contenitore ai prodotti più diversi, come formaggi, bevande, gelati. Dalla collaborazione tra Rausing e un'azienda svizzera prese avvio il latte Uht, cioè a lunga conservazione. Sterilizzato ad alta temperatura, è in grado di mantenere poi a lungo le sue caratteristiche nutrizionali, molto simili al latte fresco. Un'altra tecnologia che, negli ultimi anni, ha trovato notevole sviluppo nel commercio al dettaglio è la cosiddetta Map, o atmosfera modificata, in cui viene valorizzata l'interazione di gas diversi (anidride carbonica, ossigeno, azoto) per ottimizzare al meglio la durata di svariati prodotti. Tutte queste innovazioni hanno permesso di migliorare in maniera enorme il rapporto tra l'uomo e il cibo. Eliminando i pericoli legati alla scarsa igiene. Permettendo di fornire una corretta alimentazione in situazioni difficili quali guerre, epidemie, povertà. Non va dimenticato, tuttavia, che la scienza può migliorare enormemente la qualità della vita dell'uomo, ma ciò non toglie che vada mantenuta intatta la curiosità per le svariate bellezze e curiosità che la natura ci può offrire, legati al mutare delle stagioni come alla diversità dei luoghi, delle tradizioni, delle trasformazioni alimentari di cui l'Italia, da sempre, è particolarmente ricca (e imitata nel mondo).
Nel riquadro Roberto Catalucci. Sullo sfondo il Centro Federale Tennis Brallo
Sempre più risparmiatori scelgono i Piani di accumulo del capitale in fondi scambiati in borsa per costruire un capitale con costi chiari e trasparenti. A differenza dei fondi tradizionali, dove le commissioni erodono i rendimenti, gli Etf offrono efficienza e diversificazione nel lungo periodo.
Il risparmio gestito non è più un lusso per pochi, ma una realtà accessibile a un numero crescente di investitori. In Europa si sta assistendo a una vera e propria rivoluzione, con milioni di risparmiatori che scelgono di investire attraverso i Piani di accumulo del capitale (Pac). Questi piani permettono di mettere da parte piccole somme di denaro a intervalli regolari e il Pac si sta affermando come uno strumento essenziale per chiunque voglia crearsi una "pensione di scorta" in modo semplice e trasparente, con costi chiari e sotto controllo.
«Oggi il risparmio gestito è alla portata di tutti, e i numeri lo dimostrano: in Europa, gli investitori privati detengono circa 266 miliardi di euro in etf. E si prevede che entro la fine del 2028 questa cifra supererà i 650 miliardi di euro», spiega Salvatore Gaziano, responsabile delle strategie di investimento di SoldiExpert SCF. Questo dato conferma la fiducia crescente in strumenti come gli etf, che rappresentano l'ossatura perfetta per un PAC che ha visto in questi anni soprattutto dalla Germania il boom di questa formula. Si stima che quasi 11 milioni di piani di risparmio in Etf, con un volume di circa 17,6 miliardi di euro, siano già attivi, e si prevede che entro il 2028 si arriverà a 32 milioni di piani.
Uno degli aspetti più cruciali di un investimento a lungo termine è il costo. Spesso sottovalutato, può erodere gran parte dei rendimenti nel tempo. La scelta tra un fondo con costi elevati e un Etf a costi ridotti può fare la differenza tra il successo e il fallimento del proprio piano di accumulo.
«I nostri studi, e il buon senso, ci dicono che i costi contano. La maggior parte dei fondi comuni, infatti, fallisce nel battere il proprio indice di riferimento proprio a causa dei costi elevati. Siamo di fronte a una realtà dove oltre il 90% dei fondi tradizionali non riesce a superare i propri benchmark nel lungo periodo, a causa delle alte commissioni di gestione, che spesso superano il 2% annuo, oltre a costi di performance, ingresso e uscita», sottolinea Gaziano.
Gli Etf, al contrario, sono noti per la loro trasparenza e i costi di gestione (Ter) che spesso non superano lo 0,3% annuo. Per fare un esempio pratico che dimostra il potere dei costi, ipotizziamo di investire 200 euro al mese per 30 anni, con un rendimento annuo ipotizzato del 7%. Due gli scenari. Il primo (fondo con costi elevati): con un costo di gestione annuo del 2%, il capitale finale si aggirerebbe intorno ai 167.000 euro (al netto dei costi). Il secondo (etf a costi ridotti): Con una spesa dello 0,3%, il capitale finale supererebbe i 231.000 euro (al netto dei costi).
Una differenza di quasi 64.000 euro che dimostra in modo lampante come i costi incidano profondamente sul risultato finale del nostro Pac. «È fondamentale, quando si valuta un investimento, guardare non solo al rendimento potenziale, ma anche e soprattutto ai costi. È la variabile più facile da controllare», afferma Salvatore Gaziano.
Un altro vantaggio degli Etf è la loro naturale diversificazione. Un singolo etf può raggruppare centinaia o migliaia di titoli di diverse aziende, settori e Paesi, garantendo una ripartizione del rischio senza dover acquistare decine di strumenti diversi. Questo evita di concentrare il proprio capitale su settori «di moda» o troppo specifici, che possono essere molto volatili.
Per un Pac, che per sua natura è un investimento a lungo termine, è fondamentale investire in un paniere il più possibile ampio e diversificato, che non risenta dei cicli di mercato di un singolo settore o di un singolo Paese. Gli Etf globali, ad esempio, che replicano indici come l'Msci World, offrono proprio questa caratteristica, riducendo il rischio di entrare sul mercato "al momento sbagliato" e permettendo di beneficiare della crescita economica mondiale.
La crescente domanda di Pac in Etf ha spinto banche e broker a competere offrendo soluzioni sempre più convenienti. Oggi, è possibile costruire un piano di accumulo con commissioni di acquisto molto basse, o addirittura azzerate. Alcuni esempi? Directa: È stata pioniera in Italia offrendo un Pac automatico in Etf con zero costi di esecuzione su una vasta lista di strumenti convenzionati. È una soluzione ideale per chi vuole avere il pieno controllo e agire in autonomia. Fineco: Con il servizio Piano Replay, permette di creare un Pac su Etf con la possibilità di ribilanciamento automatico. L'offerta è particolarmente vantaggiosa per gli under 30, che possono usufruire del servizio gratuitamente. Moneyfarm: Ha recentemente lanciato il suo Pac in Etf automatico, che si aggiunge al servizio di gestione patrimoniale. Con versamenti a partire da 10 euro e commissioni di acquisto azzerate, si posiziona come una valida alternativa per chi cerca semplicità e automazione.
Ma sono sempre più numerose le banche e le piattaforme (Trade Republic, Scalable, Revolut…) che offrono la possibilità di sottoscrivere dei Pac in etf o comunque tutte consentono di negoziare gli etf e naturalmente un aspetto importante prima di sottoscrivere un pac è valutare i costi sia dello strumento sottostante che quelli diretti e indiretti come spese fisse o di negoziazione.
La scelta della piattaforma dipende dalle esigenze di ciascuno, ma il punto fermo rimane l'importanza di investire in strumenti diversificati e con costi contenuti. Per un investimento di lungo periodo, è fondamentale scegliere un paniere che non sia troppo tematico o «alla moda» secondo SoldiExpert SCF ma che rifletta una diversificazione ampia a livello di settori e Paesi. Questo è il miglior antidoto contro la volatilità e le mode del momento.
«Come consulenti finanziari indipendenti ovvero soggetti iscritti all’Albo Ocf (obbligatorio per chi in Italia fornisce consigli di investimento)», spiega Gaziano, «forniamo un’ampia consulenza senza conflitti di interesse (siamo pagati solo a parcella e non riceviamo commissioni sui prodotti o strumenti consigliati) a piccoli e grandi investitore e supportiamo i clienti nella scelta del Pac migliore a partire dalla scelta dell’intermediario e poi degli strumenti migliori o valutiamo se già sono stati attivati dei Pac magari in fondi di investimento se superano la valutazione costi-benefici».
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