2019-12-22
Il peccato di Sodoma? Non voleva stranieri
La Pontificia commissione biblica, su mandato del Papa, pubblica un nuovo libro di commento rivolto a teologi e catechisti in cui si spiega che la città fu distrutta perché non accoglieva. Più che Dio, sembrano avere in mente solo i nemici sovranisti.Non più tardi di un paio di giorni fa, incontrando a Roma una trentina di migranti provenienti da Lesbo, il Papa ha proferito parole tonanti: «Bisogna soccorrere e salvare», ha detto, «perché siamo tutti responsabili della vita del nostro prossimo, e il Signore ce ne chiederà conto al momento del giudizio». Chi non vuole aprire i porti, sembra di capire, la pagherà cara nel giorno del giudizio. Ma non è escluso che il castigo sia anche più terribile: può darsi che chi rifiuta l'accoglienza venga incenerito con una pioggia di fuoco e zolfo proveniente dal Cielo, proprio come accadde agli sciagurati abitanti di Sodoma e delle città vicine (l'episodio è narrato nel libro della Genesi). Vi sembra eccessivo? Beh, questo è ciò che sostiene la Pontificia commissione biblica. Stiamo parlando di un organismo piuttosto importante, costituito nel 1902 da Leone XIII con lo scopo di «promuovere efficacemente fra i cattolici lo studio biblico; contrastare con i mezzi scientifici le opinioni errate in materia di Sacra Scrittura; studiare e illuminare le questioni dibattute e i problemi emergenti in campo biblico». Dal 1971, con la riforma di Paolo VI, tale commissione è divenuta «un organo consultivo, messo al servizio del Magistero e collegato alla Congregazione per la Dottrina della fede, il cui Prefetto è anche il presidente della Commissione». Un tempo, dunque, fu Joseph Ratzinger a presiedere la Pcb. Dal 2017, invece, il compito spetta al cardinale Luis Francisco Ladaria Ferrer. Su esplicito mandato di Francesco, come conferma Avvenire, una ventina di specialisti della Pontificia commissione biblica coordinati dal segretario, padre Pietro Bovati, si sono messi al lavoro e hanno prodotto un documento parecchio rilevante intitolato Che cosa è l'uomo. Un itinerario di antropologia biblica, appena pubblicato dalla Libreria editrice vaticana. Sul sito della Lev, il volume viene presentato come un documento che «affronta la complessità della divina Rivelazione riguardante l'uomo e la figura umana. Un vero e proprio sussidio pensato i docenti delle Facoltà teologiche, per i catechisti, gli studenti di materie sacre capace di favorire una visione globale del progetto divino che ha avuto inizio con l'atto della Creazione e si è completato in Cristo». Pare di capire che il tomo in questione sia molto pregnante, e che verrà utilizzato per instradare sul giusto sentiero tutti coloro che hanno il compito di diffondere la parola di Dio. Sfogliando il volume, tuttavia, ci si imbatte in alcuni passaggi abbastanza sorprendenti, in particolare quelli che riguardano la vicenda di Sodoma.Non per nulla, appena è stato presentato alla stampa, il documento ha suscitato una certa attenzione da parte dei media progressisti. Repubblica, per esempio, ha titolato pochi giorni fa: «La Chiesa chiede “attenzione pastorale" alle unioni omosessuali». Per farla breve: Che cosa è l'uomo è stato recepito come un segnale di notevole apertura al mondo Lgbt. Nel libro, però, non c'è solo questo. E qui veniamo ai brani su Sodoma. Come ha acutamente notato Tommaso Scandroglio sulla Bussola quotidiana, l'interpretazione della vicenda biblica è - come dire - vagamente tendenziosa. La Pontificia commissione biblica, in buona sostanza, fa di tutto per dimostrare che il peccato «molto grave» di Sodoma non fosse l'omosessualità. Nella Genesi, spiegano gli studiosi, «si narra che due “angeli", ospitati per la notte nella casa di Lot, vengono assediati dagli “uomini di Sodoma", giovani e vecchi, tutta la popolazione al completo, nell'intento di abusare sessualmente di questi forestieri». Da tale episodio scaturisce il termine «sodomia».Secondo la Pontificia commissione, tuttavia, si tratterebbe di un pregiudizio o comunque di una interpretazione errata. «Il racconto non intende presentare l'immagine di un'intera città dominata da brame incontenibili di natura omosessuale». No, il grande peccato dei sodomiti sarebbe un altro: essi «avevano mostrato odio profondo verso lo straniero». Costoro, dice la Commissione, «non erano sessualmente attratti dal maschio, ma solo desiderosi di imporsi sullo straniero, umiliandolo con un trattamento infamante».«In conclusione», scrivono gli esperti del Vaticano, «dobbiamo dunque dire che il racconto riguardante la città di Sodoma [...] illustra un peccato che consiste nella mancanza di ospitalità, con ostilità e violenza nei confronti del forestiero, comportamento giudicato gravissimo e meritevole perciò di essere sanzionato con la massima severità, perché il rifiuto del diverso, dello straniero bisognoso e indifeso, è principio di disgregazione sociale, avendo in sé stesso una violenza mortifera che merita una pena adeguata».Lasciamo da parte per un attimo la questione dell'omosessualità, che è effettivamente dibattuta da anni. Il punto è l'incredibile foga con cui si insiste sull'accoglienza degli stranieri. Mettiamo pure che l'omosessualità fosse solo uno dei tanti aspetti della condotta «peccaminosa» dei sodomiti. In ogni caso, il loro «grande peccato» è quello della «esclusione di Dio dall'attenzione collettiva e dalla vita sociale», come notava il cardinale Giacomo Biffi. I sodomiti, citando San Paolo, «hanno scambiato la verità di Dio con la menzogna e hanno adorato e servito le creature anziché il Creatore». È un punto su cui è tornato più volte anche Ratzinger, tra l'altro pure in testi pubblicati dalla Lev.Ecco il nodo: dall'abbandono di Dio deriva tutto il male. Ma nel commento della Commissione tale aspetto si perde completamente: l'unico grande peccato resta la mancata accoglienza degli stranieri che provoca disgregazione sociale. Ancora una volta i teologi sembrano togliere Dio dalla scena (cosa frequente, come mostra Antonio Socci nello splendido Il dio mercato, la Chiesa e l'Anticristo). Ancora una volta fanno prevalere su tutto la vocazione «umanitaria», e scendono perfino sul terreno politico ricamando sulla sorte dello straniero «bisognoso e indifeso». Lungi da noi l'intento di rubare il mestiere a illustri bliblisti. Però sorge il sospetto che, a tratti, pensino più ai sovranisti cattivi che al loro celeste principale.
Il primo ministro del Pakistan Shehbaz Sharif e il principe ereditario saudita Mohammed bin Salman (Getty Images)
Riyadh e Islamabad hanno firmato un patto di difesa reciproca, che include anche la deterrenza nucleare pakistana. L’intesa rafforza la cooperazione militare e ridefinisce gli equilibri regionali dopo l’attacco israeliano a Doha.
Emanuele Orsini e Dario Scannapieco