2018-09-23
Il palazzo sequestrato alla mafia ostaggio degli attivisti pro migranti
L'immobile è stato sottratto alla criminalità organizzata e dovrebbe essere utilizzato dal Comune di Brescia a beneficio dei cittadini. Ma, dal 2013, è occupato dagli antagonisti. E nessuno sa con precisione chi passi da lì.La legge, in proposito, è piuttosto chiara. Il Codice antimafia, all'articolo 48, dispone che i beni immobili confiscati alla criminalità organizzata siano «trasferiti per finalità istituzionali o sociali, in via prioritaria, al patrimonio del Comune ove l'immobile è sito, ovvero al patrimonio della Provincia o della Regione». Gli edifici sottratti ai mafiosi devono essere assegnati ai Comuni o comunque agli enti locali onde essere utilizzati a beneficio della comunità. Le amministrazioni locali possono decidere se gestire direttamente questi beni, oppure «sulla base di apposita convenzione, assegnarli in concessione, a titolo gratuito e nel rispetto dei principi di trasparenza, adeguata pubblicità e parità di trattamento» a cooperative, associazioni eccetera. Eppure, a Brescia c'è un edificio che il Comune non solo non gestisce, ma non dà nemmeno in concessione a terzi. È una palazzina di tre piani che si trova in via Corsica, al numero 21: è stata sequestrata alla mafia ed è finita quasi direttamente nelle mani di un gruppo di attivisti dei centri sociali, che la utilizzano a loro piacimento. Tutto comincia nel 2012, quando l'edificio entra a far parte del patrimonio comunale dopo essere stato sottratto alla criminalità. All'epoca la città è guidata dal centrodestra, il sindaco è Adriano Paroli. Sembra che ci sia un'azienda del terzo settore interessata a farsi carico della palazzina per un progetto di «housing sociale». In sostanza, l'immobile dovrebbe essere destinato a persone in difficoltà, senza un tetto sulla testa. Ma l'amministrazione bresciana non fa in tempo ad assegnare la palazzina: nel 2013, lo stabile viene occupato da un gruppo di attivisti legati al centro sociale Magazzino 47. Sono entrati circa sei anni fa, e sono ancora lì: nessuno li ha sgomberati, nessuno si è riappropriato di uno spazio che appartiene alla città. Anche perché, nel frattempo, il centrodestra ha perso le elezioni. Al governo, dal 2013, c'è una giunta di sinistra, guidata da Emilio Del Bono del Partito democratico. Tra le associazioni responsabili dell'occupazione c'è «Diritti per tutti», che sul suo sito si presenta come «luogo di riferimento importante per gli immigrati che vivono a Brescia». Le attività di «Diritti per tutti» sono varie: «Attraverso l'attività di sportello», si legge ancora sul Web, «fornisce informazione e supporto riguardo agli obblighi burocratici posti dalle leggi, anzitutto per le richieste di rilascio e rinnovo del permesso di soggiorno, ma anche per le problematiche connesse a lavoro, casa, accesso ai servizi». Non è una cooperativa, e nemmeno un centro di accoglienza. È un'associazione di area antagonista con un preciso obiettivo politico: «L'associazione», spiegano gli attivisti, «svolge azione continua, mirata e pubblica, di denuncia degli abusi commessi dalle istituzioni e dalle forze dell'ordine contro le persone immigrate. L'Associazione è [...] uno strumento a disposizione dei migranti per promuovere e organizzare azioni e mobilitazioni contro leggi razziste come la Bossi-Fini o il cosiddetto “pacchetto sicurezza" del 2009».In buona sostanza, questi signori si battono a favore degli stranieri, regolari o clandestini che siano. Li aiutano con le pratiche, li accolgono e sostengono le loro «battaglie». Lo stabile di via Corsica è per loro un punto di riferimento. All'ingresso, oggi, campeggia una scritta gialla corredata da una stella rossa: «Hotel okkupato».Secondo Marco Fenaroli, assessore bresciano con deleghe a Famiglia, Persona e Sanità, all'interno ci sono «non più di 15 persone di diversa nazionalità». Per lo più stranieri, dunque, ma anche qualche italiano. La verità è che nessuno sa con precisione chi viva all'interno, anche perché un censimento non è ancora stato fatto e - come certifica il comandante della polizia locale Roberto Novelli - non ci sono state azioni di polizia giudiziaria. Insomma, da lì potrebbe passare chiunque, anche dei clandestini. «È difficile che gli stranieri siano richiedenti asilo», dice Massimo Tacconi, capogruppo della Lega in Comune. «I richiedenti sono inseriti nel sistema di accoglienza, non hanno bisogno di stare lì. In ogni caso la risposta dell'assessore sugli occupanti è stata vaga». Il ragionamento fila. Dal 2013 a oggi, non si sa esattamente chi abbia vissuto in via Corsica.Se gli abitanti fossero tutti cittadini italiani o comunque persone con documenti e permesso di soggiorno, potrebbero rivolgersi ai servizi sociali. Magari potrebbero vivere persino nelle stesse stanze, dopo opportuna ristrutturazione e rimessa a nuovo. Viene il dubbio, però, specie se si considerano le finalità dell'associazione occupante, che all'interno ci sia anche qualcuno non esattamente regolare.Sono anni che Tacconi chiede al Comune di intervenire, ma finora non è stato accontentato. Per altro, l'amministrazione comunale bresciana ha fatto sapere di aver stanziato ben 800.000 euro per rimettere la palazzina in condizioni decenti, ma per adesso quei soldi restano bloccati. Finché all'interno ci saranno gli attivisti dei centri sociali, è facile immaginare che nessuna associazione vorrà farsi carico della palazzina. «Recentemente stato fatto un bando per l'assegnazione», spiega Tacconi, «ma è andato deserto. Chi si prende un immobile occupato?».C'è di più. Lo stabile non è esattamente adatto a ospitare chicchessia. Probabilmente dovrebbe essere dichiarato inagibile. Secondo l'assessore Fenaroli, non sono nemmeno attive le utenze di base (acqua, luce e gas). In realtà, guardando alcune immagini scattate all'interno - quelle che pubblichiamo in questa pagina - si vedono chiaramente cavi e prese elettriche. Dunque è anche possibile che gli allacciamenti siano abusivi.La situazione è davvero paradossale. C'è un palazzo spazioso che dovrebbe essere a disposizione della collettività. È pubblico, non appartiene a privati. Potrebbe essere utilizzato per ospitare persone bisognose, ma è occupato da anni e sono gli attivisti del centro sociale e dell'associazione pro migranti a decidere chi debba vivere lì. Per quale motivo l'amministrazione comunale non può sgomberare l'edificio, utilizzare i soldi già stanziati per rimetterlo a nuovo, e poi utilizzarlo per aiutare i cittadini?«Il sindaco Del Bono in questi anni, per un gioco di equilibri interni alla sua giunta, ha chiuso un occhio, anzi tutti e due, su questa particolare occupazione abusiva», dice Simona Bordonali, parlamentare della Lega. «Qui siamo al paradosso, un immobile strappato alla criminalità, simbolo del recupero della legalità, è occupato illegalmente con il silenzio assordante delle istituzioni che in questi anni non hanno effettuato nemmeno un controllo all'interno. Fortunatamente, almeno a livello nazionale, il cambio di governo ha già portato a un mutamento delle politiche sulle occupazioni abusive. Ho contattato personalmente il ministro Matteo Salvini che, messo al corrente della situazione, mi ha garantito che si sarebbe subito attivato».Che per una vicenda del genere debba scomodarsi il Viminale è semplicemente ridicolo: basterebbe, appunto, un pizzico di volontà da parte del Comune, che però latita. Invece di accogliere chi ne ha diritto a norma di legge e in condizioni dignitose, la giunta preferisce lasciare campo libero ai militanti antagonisti, così che possano decidere a loro piacimento, magari ospitando chi non dovrebbe nemmeno trovarsi in Italia.