2019-11-21
Il nuovo Mes spaventa le banche: «Non compriamo più titoli di Stato»
Il presidente dell'Abi: «Non sapevamo nulla del trattato». Roberto Gualtieri minimizza: «Nessun automatismo». Giuseppe Conte riferirà in Senato, ma intanto attacca: «Delirio collettivo, la Lega era al tavolo a sua insaputa».Il «pacchetto» caro al presidente del Consiglio è già archiviato. Si teme che abbia detto sì per paura della procedura di infrazione.Lo speciale contiene due articoli.Se la riforma del Mes dovesse passare, da domani un sesto del debito pubblico italiano potrebbe non avere più un acquirente. È questa la minaccia, nero su bianco, lanciata ieri a margine di un evento svoltosi a Bruxelles da Antonio Patuelli, presidente dell'Associazione bancaria italiana. «Noi siamo liberi di comprare titoli sovrani, non abbiamo un vincolo di portafoglio», ha spiegato Patuelli, «il problema è che cosa fa la Repubblica italiana per tutelare il debito pubblico, non si tratta di debito delle banche e se le condizioni relative al debito pubblico alterano o per maggiori assorbimenti o per elementi che favoriscono sinistri è chiaro che le banche sottoscriveranno meno debito pubblico». Mica bruscolini: oggi i titoli pubblici in pancia agli istituti di credito del nostro Paese ammontano a circa 400 miliardi di euro (sui 2.400 miliardi totali), poco meno della somma di tutti gli investitori esteri. «Non so niente, ho letto i giornali stamattina», sottolinea piccato il presidente dell'Abi. Che poi lancia uno strale nei confronti del governo: «Sono materie sulle quali il mondo bancario non è stato messo al corrente. Questo è un problema delle istituzioni della Repubblica, bisogna chiedere agli esponenti della Repubblica perché non ci hanno consultati. Io non mi intrometto nelle polemiche politiche. Chiedo solo: non hanno fatto un tavolo con i loro stakeholder, con i soggetti interessati? Le conseguenze adesso se le gestiscano da loro». Nei confronti della riforma del Meccanismo europeo di stabilità, dunque, quella che arriva da parte delle banche italiane è una bocciatura senza appello. Nel corso delle audizioni che si sono svolte ieri in Commissione Bilancio alla Camera è stato Vladimiro Giacché, presidente del Centro Europa ricerche, a porre l'accento sulle possibili criticità innescate dall'introduzione della riforma: «Così come sono stati predisposti, gli strumenti di assistenza finanziaria sembrano perfetti per innescare una nuova crisi del debito, perseverando in tal modo nei gravi errori del 2011-12». Per il prossimo futuro il rischio, osserva poi Giacché, è quello di una «forte pressione al ribasso sui titoli di Stato».Ma più che i giudizi tecnici, a infiammare l'agone sono i risvolti politici legati alla vicenda della riforma del Mes, con tanto di scazzottata a distanza tra il premier Giuseppe Conte e Matteo Salvini. Parlando a margine dell'assemblea dell'Anci ad Arezzo, Conte ha avuto da dire sul «delirio collettivo suscitato dal leader dell'opposizione, lo stesso che qualche mese fa partecipava ai tavoli discutendo di Mes, perché abbiamo avuto vertici di maggioranza con i massimi esponenti della Lega». L'avvocato del popolo se la prende con il Carroccio, «lo stesso partito che partecipava a vertici di maggioranza sul tema» e che ora «scopre l'esistenza del Mes e grida allo scandalo: questo è un atteggiamento irresponsabile». La reazione di Matteo Salvini, ovviamente, non si è fatta attendere. Tramite una nota il leader della Lega ha replicato: «Il signor Conte è bugiardo o smemorato. Se fosse onesto direbbe che ai tavoli, così come a ogni dibattito pubblico, abbiamo sempre detto di no al Mes. Non è difficile da ammettere. Del resto, se necessario, ci sono numerose dichiarazioni che testimoniano la contrarietà espressa da tutti i componenti della Lega, ministri compresi, su questo argomento». La mente corre subito all'intervento del capogruppo leghista alla Camera, Riccardo Molinari, in occasione del dibattito sulla fiducia al Conte 2 svoltosi il 9 settembre scorso. «Le abbiamo chiesto di dire “no" al nuovo Fondo salvastati: non c'è una riga nei verbali dell'Eurogruppo in cui lei o il ministro dell'Economia abbiate detto qualcosa sul Fondo salvastati», urlava pochi mesi il deputato del Carroccio dai banchi di Montecitorio. Inserendo dunque di diritto l'approvazione la riforma del Mes tra le cause del divorzio del governo gialloblù. «Cosa teme il presidente del Consiglio? Ha forse svenduto i risparmi degli italiani?», ha chiosato ieri un Salvini più sibillino del solito.La nota diffusa in serata dal Mef difende la posizione del governo. «Si è ingenerata nel dibattito italiano molta confusione», spiega il ministro Roberto Gualtieri, «soprattutto è bene chiarire come la riforma del Mes non introduca in nessun modo la necessità di ristrutturare preventivamente il debito per accedere al sostegno finanziario». Anzi, è proprio «grazie alla ferma posizione assunta dall'Italia» che «queste posizioni sono state respinte». Conte riferirà in aula solo il 10 dicembre, appena tre giorni prima del Consiglio europeo in programma sull'argomento. Con il forte rischio che sia ormai davvero troppo tardi per riuscire a mettere una pezza.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/il-nuovo-mes-spaventa-le-banche-non-compriamo-piu-titoli-di-stato-2641411817.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="date-e-testi-alla-mano-non-sta-in-piedi-la-versione-di-giuseppi" data-post-id="2641411817" data-published-at="1757982887" data-use-pagination="False"> Date e testi alla mano, non sta in piedi la versione di Giuseppi Come era facilmente immaginabile, considerata l'importanza della posta in gioco, sale il livello dello scontro sull'iter di approvazione della riforma del Fondo salvastati che potrebbe portare conseguenze disastrose per il mercato dei nostri titoli di Stato. Con le ultime dichiarazioni di Salvini, Gualtieri e Conte è salita la tensione e purtroppo anche la confusione sul tema, con le dichiarazioni del premier che però trovano scarsa o nulla corrispondenza con i fatti e gli atti. L'atto fondamentale è stato quello del 13 giugno scorso, quando l'Eurogruppo comunicò l'esistenza di un «ampio consenso» sulla riforma del Mes e si propose di completare la documentazione legale per la sua definitiva approvazione entro dicembre, così da poter dare il via al processo di ratifica degli Stati. Nello stesso comunicato si parlava anche di unione bancaria e garanzia comune sui depositi, per la quale si diceva che c'era convergenza sui principi ma che non si era ancora pronti a procedere con i passi successivi e chiedeva al Gruppo di lavoro di alto livello (Hlwg), incaricato di seguire il progetto. Il 15 giugno, il presidente dell'Eurogruppo Mario Centeno comunicava al presidente del Consiglio europeo Tusk le conclusioni dei lavori del 13, riportando quasi per intero il precedente comunicato, ma stranamente omettendo, riguardo l'unione bancaria, la frase che non si era ancora pronti a procedere (…«Countries are not yet ready to take a decision on the next steps»). Ed è proprio questo che rende la difesa di Conte piuttosto debole. Il 19 giugno, il presidente Conte riferiva sui temi in discussione al Consiglio europeo ed Eurosummit del 20 e 21 giugno e venivano approvate due risoluzioni a firma Molinari, D'Uva, (Camera) e Patuanelli, Romeo (Senato), di identico contenuto, nelle quali, tra l'altro, si impegna il governo «a non approvare modifiche che prevedano condizionalità che finiscano per penalizzare quegli Stati membri che più hanno bisogno di riforme strutturali e di investimenti, e che minino le prerogative della Commissione europea in materia di sorveglianza fiscale» e a «render note alle Camere le proposte di modifica al trattato Mes, elaborate in sede europea, al fine di consentire al Parlamento di esprimersi con un atto di indirizzo e, conseguentemente, a sospendere ogni determinazione definitiva finché il Parlamento non si sia pronunciato». Il 21 giugno, al termine dell'Eurosummit, il comunicato recitava: «Accogliamo con favore i progressi compiuti in sede di Eurogruppo sul rafforzamento dell'Unione economica e monetaria, come illustrato nella lettera inviata dal presidente dell'Eurogruppo il 15 giugno 2019, e invitiamo l'Eurogruppo in formato inclusivo a proseguire i lavori su tutti gli elementi di questo pacchetto globale». Qualcuno riesce a leggere anche una sola parola che faccia intravedere l'indirizzo ricevuto due giorni prima dalle Camere? Ma, soprattutto, la difesa di Conte, incentrata sul «pacchetto globale» (Mes e garanzia sui depositi), crolla di fronte al testo delle lettere di Centeno del 13 e 15 giugno che dimostrano che il pacchetto non c'è da un pezzo, a dicembre ci sarà solo da chiudere il Mes. Prendere o lasciare. Ma perché Conte portò a casa solo la promessa (farlocca) del pacchetto globale? Un'ipotesi interessante la avanza Giampaolo Galli che, in radio e sul suo sito, ha detto chiaramente che quei negoziati furono condotti col cappello in mano, sotto la minaccia della procedura d'infrazione e che il fatto di aver evitato la ristrutturazione automatica del debito, che invece sarà soggetto a valutazione di sostenibilità e su cui il Mes avrà l'ultima parola sulla Commissione, è invece un grande successo per il quale ringraziare Tria e Conte. Ma con tali parole Galli peggiora ulteriormente la posizione di Conte, confermando che l'accordo è già chiuso nelle sue parti fondamentali ed è stato chiuso in totale spregio dell'indirizzo fornito dalle Camere il 19 giugno. Altro che nessuno ha firmato nulla! Non sarà facile ribaltare in sede di ratifica, dove non ci sono modifiche, un risultato ormai blindato, senza che i mercati ci saltino addosso. Il bail-in passò sotto le minacce di Schauble. Ma ora c'è un dibattito che all'epoca era pura utopia, speriamo che basti.
Nel riquadro Roberto Catalucci. Sullo sfondo il Centro Federale Tennis Brallo
Sempre più risparmiatori scelgono i Piani di accumulo del capitale in fondi scambiati in borsa per costruire un capitale con costi chiari e trasparenti. A differenza dei fondi tradizionali, dove le commissioni erodono i rendimenti, gli Etf offrono efficienza e diversificazione nel lungo periodo.
Il risparmio gestito non è più un lusso per pochi, ma una realtà accessibile a un numero crescente di investitori. In Europa si sta assistendo a una vera e propria rivoluzione, con milioni di risparmiatori che scelgono di investire attraverso i Piani di accumulo del capitale (Pac). Questi piani permettono di mettere da parte piccole somme di denaro a intervalli regolari e il Pac si sta affermando come uno strumento essenziale per chiunque voglia crearsi una "pensione di scorta" in modo semplice e trasparente, con costi chiari e sotto controllo.
«Oggi il risparmio gestito è alla portata di tutti, e i numeri lo dimostrano: in Europa, gli investitori privati detengono circa 266 miliardi di euro in etf. E si prevede che entro la fine del 2028 questa cifra supererà i 650 miliardi di euro», spiega Salvatore Gaziano, responsabile delle strategie di investimento di SoldiExpert SCF. Questo dato conferma la fiducia crescente in strumenti come gli etf, che rappresentano l'ossatura perfetta per un PAC che ha visto in questi anni soprattutto dalla Germania il boom di questa formula. Si stima che quasi 11 milioni di piani di risparmio in Etf, con un volume di circa 17,6 miliardi di euro, siano già attivi, e si prevede che entro il 2028 si arriverà a 32 milioni di piani.
Uno degli aspetti più cruciali di un investimento a lungo termine è il costo. Spesso sottovalutato, può erodere gran parte dei rendimenti nel tempo. La scelta tra un fondo con costi elevati e un Etf a costi ridotti può fare la differenza tra il successo e il fallimento del proprio piano di accumulo.
«I nostri studi, e il buon senso, ci dicono che i costi contano. La maggior parte dei fondi comuni, infatti, fallisce nel battere il proprio indice di riferimento proprio a causa dei costi elevati. Siamo di fronte a una realtà dove oltre il 90% dei fondi tradizionali non riesce a superare i propri benchmark nel lungo periodo, a causa delle alte commissioni di gestione, che spesso superano il 2% annuo, oltre a costi di performance, ingresso e uscita», sottolinea Gaziano.
Gli Etf, al contrario, sono noti per la loro trasparenza e i costi di gestione (Ter) che spesso non superano lo 0,3% annuo. Per fare un esempio pratico che dimostra il potere dei costi, ipotizziamo di investire 200 euro al mese per 30 anni, con un rendimento annuo ipotizzato del 7%. Due gli scenari. Il primo (fondo con costi elevati): con un costo di gestione annuo del 2%, il capitale finale si aggirerebbe intorno ai 167.000 euro (al netto dei costi). Il secondo (etf a costi ridotti): Con una spesa dello 0,3%, il capitale finale supererebbe i 231.000 euro (al netto dei costi).
Una differenza di quasi 64.000 euro che dimostra in modo lampante come i costi incidano profondamente sul risultato finale del nostro Pac. «È fondamentale, quando si valuta un investimento, guardare non solo al rendimento potenziale, ma anche e soprattutto ai costi. È la variabile più facile da controllare», afferma Salvatore Gaziano.
Un altro vantaggio degli Etf è la loro naturale diversificazione. Un singolo etf può raggruppare centinaia o migliaia di titoli di diverse aziende, settori e Paesi, garantendo una ripartizione del rischio senza dover acquistare decine di strumenti diversi. Questo evita di concentrare il proprio capitale su settori «di moda» o troppo specifici, che possono essere molto volatili.
Per un Pac, che per sua natura è un investimento a lungo termine, è fondamentale investire in un paniere il più possibile ampio e diversificato, che non risenta dei cicli di mercato di un singolo settore o di un singolo Paese. Gli Etf globali, ad esempio, che replicano indici come l'Msci World, offrono proprio questa caratteristica, riducendo il rischio di entrare sul mercato "al momento sbagliato" e permettendo di beneficiare della crescita economica mondiale.
La crescente domanda di Pac in Etf ha spinto banche e broker a competere offrendo soluzioni sempre più convenienti. Oggi, è possibile costruire un piano di accumulo con commissioni di acquisto molto basse, o addirittura azzerate. Alcuni esempi? Directa: È stata pioniera in Italia offrendo un Pac automatico in Etf con zero costi di esecuzione su una vasta lista di strumenti convenzionati. È una soluzione ideale per chi vuole avere il pieno controllo e agire in autonomia. Fineco: Con il servizio Piano Replay, permette di creare un Pac su Etf con la possibilità di ribilanciamento automatico. L'offerta è particolarmente vantaggiosa per gli under 30, che possono usufruire del servizio gratuitamente. Moneyfarm: Ha recentemente lanciato il suo Pac in Etf automatico, che si aggiunge al servizio di gestione patrimoniale. Con versamenti a partire da 10 euro e commissioni di acquisto azzerate, si posiziona come una valida alternativa per chi cerca semplicità e automazione.
Ma sono sempre più numerose le banche e le piattaforme (Trade Republic, Scalable, Revolut…) che offrono la possibilità di sottoscrivere dei Pac in etf o comunque tutte consentono di negoziare gli etf e naturalmente un aspetto importante prima di sottoscrivere un pac è valutare i costi sia dello strumento sottostante che quelli diretti e indiretti come spese fisse o di negoziazione.
La scelta della piattaforma dipende dalle esigenze di ciascuno, ma il punto fermo rimane l'importanza di investire in strumenti diversificati e con costi contenuti. Per un investimento di lungo periodo, è fondamentale scegliere un paniere che non sia troppo tematico o «alla moda» secondo SoldiExpert SCF ma che rifletta una diversificazione ampia a livello di settori e Paesi. Questo è il miglior antidoto contro la volatilità e le mode del momento.
«Come consulenti finanziari indipendenti ovvero soggetti iscritti all’Albo Ocf (obbligatorio per chi in Italia fornisce consigli di investimento)», spiega Gaziano, «forniamo un’ampia consulenza senza conflitti di interesse (siamo pagati solo a parcella e non riceviamo commissioni sui prodotti o strumenti consigliati) a piccoli e grandi investitore e supportiamo i clienti nella scelta del Pac migliore a partire dalla scelta dell’intermediario e poi degli strumenti migliori o valutiamo se già sono stati attivati dei Pac magari in fondi di investimento se superano la valutazione costi-benefici».
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