2020-12-18
Il mondo «migliore» sognato dal Papa è ben poco cristiano
Jorge Bergoglio (G.Galakzka/Getty Images)
Nel suo libro Francesco evoca un «better future» dove non c'è spazio per chi difende sani valori come patria, lavoro e figli.In un video in diretta del 24 novembre con una spettacolare carica di umorismo involontario il presidente Giuseppe Conte è ripreso mentre scartoccia un regalo e con credibile e verosimile sorpresa scopre che si tratta del libro di Sua Santità Francesco Primo Vicario di Cristo in Terra. Prima c'è la sorpresa perché il nostro ignorava la natura del presente e poi, quando lo scopre, la gioia trilla e scintilla.I doni del Papa sono come le letterine dei cinquenni: colgono di sorpresa e riempiono di gioia. Il titolo del tomo è Let us dream: The path to a better future. «Let us dream» è la prima persona plurale dell'imperativo del verbo sognare: «Sogniamo». Potrebbe essere il titolo di una canzonetta di Sanremo e lo vedrei bene anche come titolo di un libro di Barbara D'Urso, ma anche di Rocco Casalino. Non si capisce cosa accidente possa c'entrare con una religione fondata sulla croce che ha liberato l'uomo dalla schiavitù del peccato una parola come «sogniamo». Un cristiano non sogna, un cristiano arriva fino alla fine, combatte la buona battaglia e non perde la fede: un cristiano crede in Dio e combatte per lui con la certezza che la battaglia è già vinta. La speranza è una virtù teologale, della stessa potenza di fede e carità, da qui si deduce che la disperazione è un'arma del nemico. Dato che ogni cristiano (vero) ha la speranza, cioè sa che ogni cosa è per la maggior gloria di Dio, che credere in Cristo gli ha dato il titolo di figlio di Dio ed erede del regno, il cristiano (vero) non sogna: sa che se terrà fede, potrà vedere Dio. Slogan degni di BidenIl sottotitolo, «la via a un miglior futuro», ricorda troppo da vicino lo slogan dell'iperabortista Joe Biden Build back better per essere un caso. Il «better», meglio, va bene per i democratici statunitensi, per il Fondo monetario di Davos, che il meglio ce l'hanno davanti e il meglio è il grande reset, religione, società, famiglia, economia, piccole e medie imprese distrutte per un mondo digitalizzato. Per un (vero) cristiano il meglio è alle spalle, 2000 anni fa, il meglio è Gesù Cristo, l'unico meglio possibile è l'imitazione di Cristo, il resto sono nella migliore delle ipotesi pagliacciate new age, nella più verosimile l'annuncio di una delle più micidiali dittature dall'inizio dei tempi, dittatura che, come ogni dittatura degna di questo nome, si presenta con uno spettacolare battage pubblicitario, battage di cui questo libro è parte. La dittatura del «better» sogna un mondo senza confini, con un'unica religione, un'unica lingua, una popolazione non superiore al mezzo miliardo di persone, così non disturbiamo il pianeta e sia Greta che la Pachamama saranno contente. I nemici della dittatura sono i così detti populisti, sciagurati che credono che i popoli debbano essere liberi, gli ancora più sciagurati sovranisti, che hanno l'idea ancora più discutibile che un popolo debba essere sovrano sulla sua terra e che nessuno possa imprigionarlo in regole scritte da estranei, in obblighi imposti da fuori, e i pro border, questi i più cattivi di tutti, che sostengono che ogni popolo ha diritto alla sua terra, che la terra appartiene a chi la ama, la protegge, ha versato il suo sangue. E poi c'è la categoria che più si oppone a questo «better»: i costruttori dei muri, partendo dal presupposto che le pecore amano i muri e i lupi li odiano.il culto del lockdown Nel libro, scritto dal ghost writer Austen Ivereigh, Sua Santità Papa Francesco Primo Vicario di Cristo in Terra aggredisce con violenza, il termine corretto è azzanna, ogni padre di famiglia che, disperato, ha osato manifestare contro la distruzione del futuro dei suoi figli e la dittatura. Chi ha osato manifestare contro il cosiddetto lockdown, vale a dire l'arresto ai domiciliari di massa per innocenti, ha agito come se «le misure che i governi devono imporre per il bene della gente costituissero un attacco politico all'autonomia o alla libertà personale!». Le misure sono un attacco alle libertà più elementari, e non fanno il bene della gente, le chiusure non stanno evitando una malattia che si gestirebbe curandola correttamente.Il vicario di Cristo, chiuso nel suo mondo di uomo ricco e contornato da servi, dove l'unico dramma è quando non trovano il cavallino di Barbie, non è ovviamente in grado di capire l'orrore dei padri di famiglia che vedono il loro mondo annientato, l'orrore delle persone giovani di sapersi senza un futuro: «Non le trovi mai, persone del genere, a protestare per la morte di George Floyd, o unirsi a una manifestazione perché ci sono baraccopoli dove i bambini non hanno acqua o istruzione», sibila livido, carico di disprezzo. Un presepe vergognosoForse, nell'incredibile mondo dove vive, pensa che l'assassinio di un pregiudicato da parte di una pattuglia di polizia molto violenta sia il problema dell'umanità. Qualcuno lo informi che le bambine cristiane sono state stuprate a morte a Mosul, che a Mosul i bambini cristiani sono stati bruciati vivi. L'enorme maggioranza di quegli uomini e donne che hanno manifestato in piazza ha adottato bambini a distanza, sostiene con le proprie tasse l'inutile Unicef, nell'ipotesi, purtroppo sbagliata, che faccia qualcosa. La risposta al libro la trovate nel presepe che è in piazza San Pietro. Molti l'hanno giudicato orrendo, degno del film Alien, blasfemo nella sua bruttezza. Moltissimi hanno notato che il pezzo migliore è la pecora. L'aggettivo corretto è satanico. Il diavolo come sempre è nei dettagli, bisogna andare a cercarselo, ma c'è. Nel presepe è inserita una strana statuetta: un orrendo guerriero con un teschio sull'elmo. L'imbarazzante manufatto è inquadrato per un istante nel video dell'inaugurazione al minuto 18.40. Il nemico è dentro le porte.